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Guerra in Ucraina

“Se la Russia vince in Ucraina, nel mondo vincerà il fascismo”: intervista allo storico Tim Snyder

A due anni dall’aggressione russa in Ucraina, l’Occidente rischia di seguire Mosca “sulla strada della tirannia”. La libertà “non va mai data per scontata”. Per averla “bisogna vincere la paura e lottare”. Gli ucraini “possono vincere la guerra” e vanno aiutati. Mentre negli Usa “la Corte Suprema deve fermare la corsa di Trump”. L’intervista allo storico statunitense.
Intervista a Timothy Snyder
storico e saggista statunitense, insegna Storia a Yale
A cura di Riccardo Amati
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"Nella Russia di Putin vige il fascismo: i punti in comune col regime di Mussolini sono molti e inequivocabili". Al professore di Yale piace chiamare le cose col loro nome. Pensa che siamo su una brutta china e che la libertà sia "tutt’altro che inevitabile". Per questo bisogna allontanare la possibilità che "i fascisti del mondo festeggino e diventino politicamente più potenti". Come? Aiutando gli ucraini a vincere. Perché "certamente possono vincere". Una sconfitta di Mosca "potrebbe far cambiare le cose in Russia". Radicalmente. E l’esempio di Navalny potrebbe giocare un ruolo.

Timothy Snyder è considerato il maggior interprete dei tempi bui che il mondo sta attraversando. È diventato famoso per le sue previsioni apparentemente azzardate ma che molto spesso si avverano. In questa intervista a 360 gradi sullo sfondo dei due anni di guerra, l’accademico statunitense parla dell’Ucraina di Putin e della morte di Navany, passando per Trump. E spiega cosa si può fare per non fuggire dalla libertà.

Snyder, autore di bestseller come The Road to Unfreedom (…), e On Tyranny: Twenty Lessons from the Twentieth Century (…) insegna Storia a Yale, la prestigiosa università di New Haven, nel Connecticut. Dove Fanpage.it lo ha raggiunto in videoconferenza nel suo studio.

Timothy Snyder
Timothy Snyder

Professor Snyder, in un suo articolo ha scritto che bisogna chiamare le cose col loro nome e che il regime di Putin è fascista. Ma è il regime erede dell’Unione Sovietica. Come si fa a dire che è fascista?

È davvero molto facile. Uno dei grandi errori che a volte fanno le persone di sinistra è ritenere il regime di Putin l’erede morale di quello sovietico, e quindi un regime in qualche modo socialista. Ovviamente non è così. È capitalista ed è fascista. La transizione tra i due sistemi ha che fare con il tardo periodo sovietico, quando Brezhnev iniziò a usare la Seconda Guerra Mondiale, e non l’ideologia comunista, per legittimare il suo regime. Così facendo, ha creato l’idea secondo cui “noi siamo gli antifascisti e loro sono i fascisti”. E questa è la linea che collega il tardo comunismo a Putin: l’idea che i fascisti siano sempre gli altri e che “noi siamo sempre gli antifascisti”.

E quindi “gli altri” quando non piacciono si prendono immediatamente di “fascisti”, dal Cremlino? O meglio di “nazisti”, come capita — abbiamo toccato con mano — a chiunque critichi Putin?

Per loro non esiste il bene e il male nel mondo. Questo è quello che pensano. Le parole non significano nulla. Così anche la parola nazista. È solo uno strumento di potere. Rivendicano quella parola come se stessero rivendicando un territorio. Vogliono dire che hanno il pieno diritto di stabilire chi è nazista e chi non lo è. E, naturalmente, l'effetto di svuotare il termine di qualsiasi significato. Per esempio, chiameranno “nazista” un giornalista solo perché fa qualcosa che non gli piace. Non importa quali siano le sue reali opinioni È irrilevante. Significa solo: “Tu non ci piaci”. E significa anche “siamo nichilisti”. Persone a cui le parole servono solo come strumenti. Come modi per ferire le persone. E per legittimare il proprio potere.

Al di là del bene e del male?

Mah, non so se vanno “al di là”. Mi pare che stiano semplicemente sotto. Non sono certo paragonabili a  Nietzsche, che quando parlava di andare oltre il bene e il male intendeva la cosa in termini creativi. Non vedo proprio nulla di creativo in questi tipi.

Torniamo alla presunta sovrapposizione tra putinismo e fascismo. Quali sono le somiglianze tra l'attuale regime russo e il fascismo italiano degli anni Venti e Trenta del Novecento?

Basta applicare una qualsiasi definizione di fascismo all’attuale regime russo e le somiglianze risultano immediatamente evidenti. Ha un partito unico, ha il culto del leader e tutto il resto.

Può elaborare?

C’è l'idea che lo stato, la nazione e il leader siano una cosa sola. C’è la prevalenza data all’emozione sulla ragione. E l'idea che non esista verità se non quella che ci creiamo o ci conquistiamo. E l’avventura militare fuori dai confini è la sublimazione di una politica interna che ha inventato una sorta di tardo impero. Sono tutte somiglianze importanti.

C’è anche un forte culto del passato, nella Russia di Putin…

Mussolini dipendeva in tutto dal mito dell’antica Roma. E anche Putin dipende sicuramente dal mito di un antico passato in cui “eravamo grandi ed eravamo innocenti”.

Per preservare questo mito ha addirittura fatto approvare una normativa: le cosiddette “leggi sulla memoria”…

Lo scopo delle leggi sulla memoria è proprio quello di creare un mito ufficiale di rettitudine in cui la Russia riesce a essere sempre grande e allo stesso tempo sempre innocente. È impossibile criticare un regime se ha il controllo completo sul passato. E ciò che la Russia ha fatto è stato letteralmente criminalizzare le discussioni sul passato sovietico e sul passato imperiale russo.

E qual è lo scopo ultimo di tutto questo?

Quello di sbarazzarsi del futuro. Perché se non puoi parlare del passato, non puoi parlare nemmeno del futuro. Al suo posto, si instaura una sorta di mito perpetuo in cui il leader ha sempre ragione perché i leader russi hanno sempre avuto ragione.

Torniamo al paragone con il fascismo italiano. La morte di Navalny potrebbe avere un “effetto Matteotti” sul regime russo? Dobbiamo aspettarci un’involuzione ancor più totalitaria, come accadde dopo luccisione di Matteotti in Italia allinizio dellera fascista?

Stanno sicuramente infrangendo molte regole. Non uccidono solo i prigionieri politici. Stanno uccidendo cittadini russi fuori dalla Russia, come è successo pochi giorni fa in Spagna. Hanno appena arrestato una cittadina americana. La repressione in Russia ha davvero raggiunto una sorta di orribile picco. Ma non credo che uccidere Navalny abbia direttamente a che fare con la volontà di aumentarla ancora. Piuttosto, l’obiettivo è schiacciare le generazioni giovani e relativamente giovani. È una specie di gioco tra vecchi, quello del regime. Per il quale conta solo il passato remoto. Vige una consapevole gerontocrazia in cui il dissidente ammazzato e la gente della sua età dovevano essere umiliati. E la generazione successiva è stata mandata in guerra ad essere traumatizzata. Penso che questa sia una parte molto importante del metodo di Putin per restare al potere.

Che eredità lascia Navalny?

I russi onorano sempre il ricordo delle persone per bene disposte a correre rischi e a sacrificarsi. E penso che Navalny sarà ricordato. Continuerà a ispirare la gente. Paradossalmente, è ciò che anche Putin vuole: essere ricordato per sempre. Ma ho l’impressione che tra 50 anni si parlerà dell’attuale presidente in un modo che a lui proprio non piacerebbe. Mentre Navalny resterà un eroe della Russia.

Quali saranno le prossime mosse di Putin?

Combatterà questa guerra finché non la perderà o la vincerà. Continuerà a gettare i russi a morire in Ucraina. A lanciare risorse russe contro il Paese invaso. Quindi, in un certo senso, ciò che accadrà dopo dipende da noi, in Occidente. Se la Russia dovesse vincere in Ucraina, le cose potrebbero mettersi davvero male per l’Europa e per il mondo intero. Russia compresa. Se invece la Russia perdesse, allora potremmo assistere a un momento di riflessione, nel Paese. Come avvenne dopo che la Russia perse la guerra di Crimea (nel 1861, dopo la sconfitta in Crimea contro francesi, inglesi, turchi e piemontesi, lo zar Alessandro II nell’ambito di grandi riforme abolì la servitù della gleba, ndr). E dopo che perse la guerra russo-giapponese (subito dopo la sconfitta subita dal Giappone, nel 1905 ci fu la Prima rivoluzione russa, ndr). Se la Russia perde in Ucraina, allora c'è la possibilità che la Russia cambi.

Ma l'Ucraina può ancora vincere la guerra?

L’Ucraina può vincere la guerra. Nel periodo successivo al 1945 le forze anti-coloniali hanno quasi sempre vinto le guerre contro le grandi potenze. Gli ucraini combattono con grande tenacia e grande creatività. Il loro limite principale siamo noi. I russi purtroppo hanno partner più affidabili nella Corea del Nord e nell’Iran. Unione Europea e Stati Uniti sono meno affidabili, per l’Ucraina. E questa è una triste verità che dobbiamo affrontare. Abbiamo economie molto più grandi, ma non siamo stati in grado di tradurre la nostra forza in forniture davvero sicure per Kyiv. Se riusciremo a farlo, gli ucraini potranno certamente vincere.

I fascisti d’Europa ed America sarebbero contenti se Putin vincesse?

Ovviamente. La Russia sostiene i fascisti in tutto il mondo ideologicamente, finanziariamente e logisticamente. Chi è di sinistra potrebbe esser confuso al riguardo. Ma le persone di estrema destra certamente sanno che la Russia è il loro protettore e che la Russia è il loro modello. Quindi una vittoria per la Russia sarebbe una vittoria per i fascisti di tutto il mondo. Non solo perché potranno festeggiare, ma anche perché si ritroveranno politicamente più potenti.

Il trionfo in Russia di un tipo di fascismo potrebbe replicarsi in Europa e in America? Siamo sulla “strada della non libertà”, per citare il titolo di un suo libro?

La Russia fa paura non solo perché è la Russia ma perché è un futuro possibile per il resto di noi. Il Paese di Putin porta all'estremo certe tendenze che si possono osservare altrove, come la disuguaglianza nella ricchezza pro-capite, la banalizzazione delle elezioni e la crisi economica. In Occidente dobbiamo diventare più civili e più efficienti. Per migliorarci rispetto all’attuale routine in cui chi vince, vince sempre. La Russia è andata più avanti lungo la “strada per la non libertà” rispetto a noi. Ma anche noi la stiamo forse percorrendo.

Voi statunitensi siete già a buon punto, dice chi critica Donald Trump…

Ci sono collegamenti molto diretti tra Putin e Trump. E tra il modo in cui Putin governa e il modo in cui Trump vorrebbe governare. Ci sono anche tra ciò che i russi stanno cercando di fare in Ucraina e ciò che i russi stanno cercando di fare negli Stati Uniti. Negli ultimi due anni è stato più facile per i russi influenzare gli eventi in America che non in Ucraina.

Trump non dovrebbe candidarsi alle elezioni?

C'è una disposizione nella nostra Costituzione che vieta alle persone che hanno preso parte a insurrezioni di candidarsi per una carica pubblica (il riferimento è alle presunte responsabilità di Trump per l’insurrezione al Capitol Hill il 6 gennaio 2021, ndr). Ed è abbastanza chiaro che chi ha scritto la norma pensava a casi molto simili a quello di Trump. Lo scopo di quella disposizione era quello di fermare un politico insurrezionalista prima che potesse tornare al potere. La disposizione ha lo scopo di salvarci dalla situazione in cui ci troviamo. Sfortunatamente, gli americani non sono così attaccati allo stato di diritto come vorrei che fossero. E temo che che la Corte Suprema non prenderà la nostra Costituzione alla lettera. I giudici cercheranno il modo per aggirarla. La cosa ha a che fare con la paura. Mi preoccupa il ruolo che la paura sta giocando nella politica americana. Le persone non vogliono assumersi responsabilità perché hanno paura di ciò che accadrà. E penso che se è la paura a governare, allora non c’è più lo Stato di diritto. E che se vige il governo della paura, la democrazia non durerà ancora per molto.

Ma perché tante persone sono “in fuga dalla libertà”, come diceva Erich Fromm?

Le idee di Fromm (…,) sono parecchio nell’aria, adesso. È vero che possiamo essere liberi, ma possiamo vivere anche altrimenti. Václav Havel nei suoi scritti sottolineava che è perfettamente coerente con la natura umana essere non liberi. Siamo capaci di comportarci in molti modi. Adattarsi a molte situazioni e viverle come normali. Ciò che ne consegue è che la libertà deve essere un’affermazione di valore. Deve essere qualcosa che affermiamo. Non c'è nulla di naturale in essa. Non ha nulla di innato. E penso che gran parte dei nostri problemi negli ultimi anni siano derivati dal presupposto che ci fosse qualcosa di naturale nella libertà. Non è così. Per la libertà bisogna lottare. Le persone fuggono dalla libertà perché non vogliono assumersi la responsabilità. Si fugge dalla libertà perché richiede coraggio. Richiede un giudizio di valore. E alla gente si insegna che i giudizi di valore sono una cosa negativa. Ci sono molte ragioni per fuggire dalla libertà. Ma per me resta il valore più alto.

Che fare, da un punto di vista pratico, per evitare la tirannia?

Per prima cosa bisogna affermare il valore della libertà. Non puoi trattare la libertà semplicemente come qualcosa che hai naturalmente o che l'economia, la storia, o il tuo popolo ti daranno comunque.

Come?

Si deve pensare a uno stato sociale, all’istruzione, a ciò che permette alle persone di pensare a se stesse come libere, invece che dipendenti da un padrone o da un’azienda o da chi ha soldi. E poi, serve riconoscere che ci troviamo in un preciso momento storico. Alcuni momenti sono più impegnativi di altri. Quello che stiamo vivendo è parecchio impegnativo.

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