“Se la Polonia non fa la brava, la Russia reagirà”. Parla il politologo di Putin
“Non possiamo tollerare che si cambino i nomi delle città russe, che si parli impunemente di fare del nostro Stato federale uno spezzatino e che si mettano in discussione i confini del nostro alleato di Minsk. Agiremo di conseguenza”: Timofei Bordachev esclude che sia una minaccia, ma certo a una minaccia somiglia parecchio. In un articolo pubblicato sul giornale online Vzgliad e poi sul sito del Consiglio russo per gli affari internazionali (Riac), influente think tank del ministero degli Esteri, ha sostenuto che la statualità della Polonia è limitata perché le sue frontiere sono state decise dalle grandi potenze alla fine della Seconda guerra mondiale. E che quindi Varsavia deve comportarsi in modo “responsabile” nei confronti del suo gigantesco vicino orientale. L’articolo era stato immediatamente preceduto dalle dichiarazioni di Vladimir Putin, secondo cui gran parte del territorio polacco sarebbe “un regalo di Stalin”. E dal teatrino messo su dallo stesso Putin in tivù col collega Sasha Lukashenko, che ha “scherzato” su una possibile invasione della Polonia da parte dei mercenari della Wagner. Sembra proprio un fuoco di fila ben organizzato.
Fatto sta che Varsavia ha pensato bene di dispiegare 10mila soldati sul confine bielorusso. La tensione è altissima, tra sconfinamenti e accuse al vetriolo. E un’eventuale espulsione della Wagner da parte del governo di Minsk, che secondo quanto riporta Newsweek non vuole pagare per il mantenimento dell’esercito privato di Yevgeny Prigozhin, non basterebbe certo a rasserenare gli animi.
Timofei Bordachev è direttore dei programmi del Club Valdai, la Davos di Putin, ai cui forum fino a tre anni fa partecipavano anche imprenditori e intellettuali occidentali, sebbene il “Club” sia sempre stato un perno della propaganda del Cremlino. Bordachev è anche il supervisore del Centro per gli studi europei e internazionali presso l’Alta scuola di economia, l’equivalente moscovita della nostra Bocconi. Fuori intervista, ci racconta che passerà le vacanze a pochi chilometri dalla Polonia e di non sentirsi minimamente preoccupato dai venti di guerra e dalle suggestioni apocalittiche avanzate da alcuni suoi colleghi. Speriamo che abbia ragione. Lo raggiungiamo al telefono nella sua dacia non lontana dalla capitale russa.
Professor Bordachev, lei ha scritto che la Polonia non ha una sua completa statualità. Che significa? Qual’è lo scopo di questa narrativa?
L’articolo era un proseguimento della discussione avviata dal nostro presidente: un terzo dell’attuale territorio nazionale la Polonia lo ha ricevuto per volontà di Stalin con gli accordi seguiti alla Seconda guerra mondiale (non fu un “regalo”: Stalin portò i confini polacchi ai fiumi Oder e Neisse ma amputò ampiamente il Paese a Est e la Polonia ci rimise oltre 70mila chilometri quadrati, ndr). Non dovrebbero dimenticarselo. E questo è quanto. Lo scopo è rendere i nostri vicini polacchi consapevoli che se loro possono sollevare questioni delicate per altri Paesi, così gli altri Paesi possono sollevare questioni delicate per i polacchi. È il concetto di reciprocità. Il Parlamento polacco sta cambiando i nomi di città storicamente russe, per esempio. Non è giusto. Devono esser ben consapevoli che ogni comportamento sarà reciproco.
Non è una minaccia?
No, perché riteniamo che la Nato aumenterà la sua capacità militare nell’Est europeo comunque, a prescindere da cosa faccia o non faccia la Russia. È una profonda convinzione che abbiamo sviluppato nel corso di quasi trent’anni. Quindi, ogni riferimento a minacce è solo un protesto e non limiterà la nostra volontà di perseguire ciò che per noi è giusto.
Ma se la Nato si è allargata a Est è perché voi non siete attraenti per i vostri vicini. Che oggi hanno paura. E con qualche ragione, visto che avete invaso l’Ucraina. Non le pare?
Si è discusso a lungo dell’allargamento della Nato come radice delle tensioni tra Mosca e l’Occidente. Ho anche scritto un libro, sul tema (Europe, Russia and The liberal World Order, London- New York, 2022, ndr).
Nel libro dà la colpa alle contraddizioni del cosiddetto ordine mondiale liberale per il deterioramento delle relazioni. Potrebbe elaborare?
Questa è un’intervista, mica un seminario. Se ne son fatti tanti di seminari sul tema. E il risultato è che siamo nella situazione in cui siamo.
Non è proprio una risposta. Assumiamo comunque che lei non abbia cambiato idea e che ritenga che le tensioni tra il Cremlino e l’Occidente non siano colpa dell’aggressività russa.
Appunto.
Nel suo articolo su Vzgliad dice che se la Russia attaccasse la Polonia o comunque in caso di conflitto tra Mosca e Varsavia, la Nato non scenderebbe in guerra. Ne è proprio sicuro? L’articolo 5 del trattato, che prevede la difesa collettiva, secondo la Russia è una barzelletta?
Gli americani hanno molti asset, e sono convinto che possano benissimo ammortizzare, cancellare un asset — cioè un attivo — quando divenga una perdita, un passivo.
Eh, ma questa è politica internazionale, mica un bilancio societario. Qui si parla del destino del pianeta.
Forse. Ma un governo ha la responsabilità della sopravvivenza dello Stato. Qualsiasi cosa succedesse alla Polonia o alle Repubbliche baltiche, non rappresenterebbe una minaccia per la sopravvivenza degli Stati Uniti. Al contrario, se gli Usa si facessero coinvolgere direttamente, la loro sopravvivenza diventerebbe a rischio. Il fatto è che i nostri “amici americani” possono godere di una perfetta posizione geopolitica, vivendo in un continente lontano dall’Eurasia.
E quindi la Russia potrebbe tranquillamente decidere di invadere la Polonia senza che Washington e la Nato intervengano, secondo leI?
La Russia non ha alcuna intenzione, né mai l’avrà, di intraprendere un’azione militare contro la Polonia o contro i Paesi baltici. La nostra leadership segue una politica militare e di sicurezza assolutamente pragmatica.
Lo dicevate anche prima di invadere l’Ucraina. Che succederebbe nel caso individuaste una “provocazione” da parte di Varsavia?
La natura dell’evento sarebbe subito chiara per gli Usa come per la Russia. Risulterebbe che ad agire sono state le élite e i governi locali. Ma né i polacchi né i baltici sono così pazzi. Non lo faranno.
Ma non è che minacciate la Polonia per ottenere uno stop degli aiuti occidentali a Kyiv e un cessate il fuoco a condizioni per voi favorevoli?
Niente di tutto questo. Perdere la Polonia o gli Stati baltici come entità internazionali non sarebbe vitale per Washington. Ogni nostra minaccia in tal senso, quindi, non funzionerebbe. Gli Usa sarebbero pronti ad ammortizzare la perdita di Varsavia come nel passato hanno fatto con la stessa Ucraina, o in Afghanistan, o in Vietnam.
Sì però qui parliamo del centro dell’Europa. Il suo ragionamento pecca di determinismo. La geopolitica non basta a spiegare tutto. Non intervenendo, gli Usa violerebbero il diritto e minerebbero la loro “capability” internazionale, intesa anche come volontà di agire. Per non parlar della morale. No?
Forse il mio punto di vista è un po’ scomodo e troppo teoretico (ride, ndr). Ma davvero non credo ci sia l’intenzione qui di spaventare o di minacciare l’Occidente agitando lo spettro di una guerra totale.
Fatto sta che prima Putin e poi lei, per ragioni storiche opinabili, mettete in dubbio la piena legittimità dell’esistenza della Polonia. Ricorda molto quel che scrisse Putin dell’Ucraina. E sembra una visione imperialista: state dicendo ai vicini di comportarsi bene con voi se vogliono preservarsi. Non è imperialismo, questo?
Potrebbe esser preso per imperialismo ma significa solo che la Russia è nella posizione di richiedere ai suoi vicini di tenere comportamenti che non siano minacciosi. E questa è una pretesa legittima. Non c’entra l’imperialismo. È che siamo davvero preoccupati. Non solo per le relazioni bilaterali ma anche per gli sviluppi interni, in Polonia e in altri Stati vicini.
Ovvero?
Vediamo molte possibili fonti di instabilità, in alcuni di quei Paesi. Non vorremmo che succedesse quel che successe in Kazakistan nel gennaio del 2022:
Che c’entra il Kazakistan?
Quei sollevamenti popolari in Kazakistan ebbero ragioni del tutto interne: corruzione, immaturità delle istituzioni, salari bassi e ingiustizia sociale.
E in quel caso, per l’appunto, la Russia intervenne a capo dell’alleanza Csto, insieme alla Bielorussia di Lukashenko, per “pacificare” il Paese, che della Csto fa parte…
I vicini hanno la responsabilità di essere buoni vicini.
Mosca sta cercando un casus belli per intervenire in Polonia? Vorrei una risposta diretta, grazie.
No. Perché non è necessario. Prendiamo l’esempio di Kaliningrad (l’exclave russa tra Polonia e Lituania, collegata alla Bielorussia dal “corridoio di Suwalki”, ndr): i rapporti con i polacchi non sono interrotti. Le merci passano, aiutando lo sviluppo della città. E siccome alla Russia interessa soprattutto lo sviluppo economico interno non attaccherà mai i vicini che sostengono questo sviluppo.
E oltre al commercio, che devono fare i polacchi per non temere ripercussioni?
Torniamo al concetto di reciprocità, tipico delle relazioni internazionali: se i nostri vicini agiscono responsabilmente, non ci saranno ripercussioni. Ma se riscrivono i nomi delle città, se mettono in questione i confini territoriali di nostri alleati come la Bielorussia, se ospitano congressi di forze politiche che parlano apertamente di una disintegrazione della Federazione Russa, noi risponderemo con argomenti analoghi. Niente di più. Risposte politiche a fronte di azioni politiche. Senza alcun secondo scopo né piani a lungo termine. Faremo solo quel che fanno loro. Punto e basta.
Si sta scherzando col fuoco, però. La Russia sta esasperando la retorica aggressiva. Il suo collega politologo Sergey Karaganov ha scritto che Mosca farebbe bene a distruggere con armi nucleari qualche capitale europea. Non sarebbe il caso di moderare i termini?
L’articolo di Karaganov era una risposta diretta ai colloqui che ci sono stati negli Usa sull’opportunità di rifornire l’Ucraina di armi nucleari.
Non ci risulta che gli Usa abbiano questa intenzione. Probabile che qualcuno ne abbia parlato, visto che fin dalle prime settimane di guerra un giorno sì e uno no minacciate l’uso di atomiche tattiche in Ucraina, e anche peggio. La vostra è una propaganda folle. Sembra che il suo governo non voglia in alcun modo la pace. Sarà una guerra infinita?
Non so come possiamo uscirne, come le cose possano cambiare. Ma forse proprio quando la crisi appare più profonda possono aprirsi degli spiragli. Forse potremo presto tornare a un negoziato.
Cosa dovrebbe cambiare, per poter aprire una trattativa?
Difficile dirlo. La Russia è sempre pronta a una trattativa, ma alle sue condizioni. Lo stesso vale per l’Occidente. Ma, come dicamo dalle nostre parti, l’ora più buia della notte è quella che precede l’alba.
Ma lo sa che è la stessa cosa che ha detto, parlando della Russia, il politico dell’opposizione Vladimir Kara-Murza in uno dei discorsi pubblici che gli son costati una condanna a 25 anni per ”alto tradimento”?
Oh, questo è proprio paradossale. Ma a volte i proverbi hanno una loro verità.