Scappa con la famiglia dopo minacce di Boko Haram, a 8 anni diventa prodigio degli scacchi negli Usa
Il piccolo Tanitoluwa Adewumi, oggi 12enne, è diventato un prodigio degli scacchi a soli 8 anni: ha battuto 73 avversari e ha conquistato il primo posto nel campionato di scacchi dello Stato di New York nel 2019. Allora, il bambino viveva con la famiglia in un rifugio per senzatetto.
I genitori di Tani si erano trasferiti a New York dalla Nigeria nel 2017 chiedendo asilo religioso dopo aver ricevuto minacce dal gruppo terroristico Boko Haram. Una volta arrivato a Manhattan, il piccolo è stato notato per la sua mente matematica e le abilità statistiche. A soli 8 anni ha iniziato a partecipare a tornei di scacchi di importanza nazionale e i suoi trofei si sono moltiplicati fino al titolo di Campione conferitogli dalla Fide, federazione internazionale degli scacchi.
Solo adesso, però, il bimbo ha finalmente ottenuto ufficialmente lo stato di rifugiato negli Stati Uniti insieme alla sua famiglia. "È stato un percorso lungo – ha raccontato al Washington Post Tani, oggi 12enne -. Sono felice di aver avuto quest'opportunità e di essere al sicuro insieme a tutta la mia famiglia".
Con l'ottenimento dello status da rifugiato, Tani potrà concentrarsi totalmente sulla sua "carriera" da scacchista, che non ha potuto decollare definitivamente a causa della domanda di asilo ancora in sospeso. Finora, infatti, il bambino non ha mai potuto lasciare New York per partecipare a tornei all'estero.
L'avvocato Matteh Ingber si è occupato della richiesta di asilo della famiglia Adewumi. "La sua storia mi ha colpito fin da subito – ha raccontato -. La sua vicenda mi ha anche spaventato, così ho deciso di aiutarlo. Suo padre ha lavorato prima come lavapiatti e poi come autista. Si è dato sempre da fare".
Il padre di Tani lavora adesso come venditore immobiliare e vive ora in un appartamento di New York insieme alla sua famiglia. "Temevano – ha spiegato il legale – che la domanda di asilo sarebbe stata respinta e che avrebbero dovuto tornare in Nigeria. Erano terrorizzati. Sono arrivati negli Stati Uniti con pochissimo e hanno fatto tutto il possibile per costruire una vita qui".