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Putin accusa esplicitamente Erdogan: “Fai affari con Isis, ecco le prove”

Tensione alle stelle tra i due paesi. Il ministero della Difesa russo ora punta il dito senza mezzi termini contro Ankara: “Il principale consumatore del petrolio rubato dal legittimi proprietari, Siria e Iraq, è la Turchia”.
A cura di Biagio Chiariello
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E’ una battaglia senza esclusione di colpi quella a cui stiamo assistendo in questi giorni tra Mosca e Ankara. A una settimana dall'abbattimento del jet russo da parte dell'aviazione turca, la tensione non si è mai stemperata. Ed anzi oggi ha raggiunto un nuovo livello dopo le dichiarazioni del viceministro del Cremlino, Anatoly Antonov, secondo cui il presidente turco Recep Tayyip Erdogan e la sua famiglia sarebbero coinvolti nel traffico di petrolio organizzato dallo Stato islamico. Le più alte autorità politiche" della Turchia "sono coinvolte" nel "business criminale" del traffico illecito di petrolio “rubato ai proprietari legittimi”, proveniente dai territori occupati dall'Isis in Siria e in Iraq, i cui proventi ammonterebbero a due miliardi di dollari l'anno, ha spiegato Antonov.

"A voi giornalisti stiamo presentando una serie di prove inconfutabili, non solo sul traffico di petrolio, ma anche sul traffico di armi attraverso il confine turco-siriano" ha aggiunto il vicecapo di Stato Maggiore Sergei Rudskoi. Sottolineando anche che "la coalizione internazionale a guida Usa non conduce raid aerei contro le autocisterne e le infrastrutture dell'Is in Siria per la produzione e il commercio del petrolio". "Le dimissioni di Erdogan non sono il nostro fine, è un compito che spetta al popolo turco" ha aggiunto Antonov, sottolineando che è necessario "un controllo di queste ruberie".

Le rotte del petrolio dell'Isis in Turchia

La Russia afferma che sarebbero tre i percorsi attraverso i quali il petrolio dell'Isis giunge in Turchia. "Sono state individuate – ha detto Rudskoi – tre rotte principali per il trasporto del petrolio verso il territorio turco dalle zone controllate dalle formazioni dei banditi in Siria e in Iraq". Del petrolio acquistato dai Paesi europei dall'Isis avevamo peraltro già parlato qualche giorno fa.

Non è tutto. Il vicecapo di Stato Maggiore ha poi evidenziato come a seguito dell'intervento militare russo in Siria, i proventi del traffico illegale di petrolio da parte dell'Isis siano stati dimezzati. Secondo Rudskoi, i profitti sarebbero scesi "nel giro di due mesi" da tre milioni di dollari al giorno a 1,5. "Negli ultimi due mesi – ha aggiunto – in seguito ai raid dell'aviazione russa sono stati distrutti 32 raffinerie di petrolio, 11 impianti petrolchimici, 23 complessi per il pompaggio del petrolio e 1.080 autocisterne".

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