“Russia in posizione vincente, che si arrivi o meno all’accordo”: parla Suslov, consigliere di Putin

Gli incontri al Vaticano, dove Trump e Zelensky si sono parlati per la prima volta dopo il disastro dello Studio Ovale dello scorso febbraio, hanno risollevato qualche speranza, ma in realtà le trattative sono in stallo. La Russia rifiuta un cessate il fuoco incondizionato e vuole prima discutere le fasi successive. Parte delle proposte americane sono vicine alle posizioni di Mosca, altre vengono considerate inaccettabili. Bocciate in pieno tutte controproposte di Kiev e dell’Europa.
Win-win mood a Mosca
"In questo momento esistono contraddizioni inconciliabili tra la Russia, l’Ucraina e gli europei", dice a Fanpage.it il consigliere del Cremlino Dmitry Suslov, professore e dirigente della Hse, la "Bocconi di Mosca". Secondo lui, Vladimir Putin è in una situazione win-win: se le sue condizioni venissero accettate, si arriverebbe a una tregua con un’Ucraina disarmata e a statualità limitata; se il negoziato fallisse e gli Usa, come ha avvertito Trump, ritirassero gli aiuti, "si realizzerebbe lo scenario ideale per la Russia: senza assistenza americana, l'Ucraina collasserebbe in due o tre mesi". E gli obbiettivi di guerra sarebbero raggiunti, senza compromessi. Mosca vuole subordinare il cessate il fuoco a un'intesa preliminare sui contorni dell'accordo finale. "L'amministrazione Trump ha abbracciato e sostenuto questo approccio", spiega Suslov. Dopo l’incontro del 25 aprile a Mosca tra l'inviato di Trump Steve Witkoff e Putin, "la posizione americana è ancora più vicina a quella russa".
Il "niet" del Cremlino ai peacekeeper
Donald Trump, però, dopo aver visto Zelensky a Roma, ha scritto su Truth di dubitare ormai che Putin voglia fermare la guerra, e di valutare nuove sanzioni secondarie e bancarie contro la Russia. Le divergenze restano cruciali: le proposte di Witkoff, rese pubbliche dalla Reuters, non prevedono limiti alle forze armate ucraine né impedimenti alla cooperazione militare con l'Occidente. "Questo non è accettabile", dice Suslov. Anche il dispiegamento di truppe occidentali in Ucraina viene rifiutato in modo categorico: "Niente stivali sul terreno. Punto". Unica apertura, una possibile forza di pace composta da Paesi Brics o del Sud globale – si intuisce tra il detto e il non detto. Il "piano Witkoff" lascia nel vago punti chiave. Si parla di un "gruppo di Stati europei e non europei" garanti del cessate il fuoco, senza definirne i compiti. "Tipico di un documento politico stilato per salvare la faccia più che per raggiungere risultati", commenta a Fanpage.it un diplomatico russo che chiede di restare anonimo. Non aggiunge altro.

Crimea pivot della pace
Il fatto che il piano includa il riconoscimento de jure – da parte degli Usa – dell’annessione della Crimea, ha fatto sperare che Putin potesse incassare il premio in cambio di compromessi sostanziali. "Sarebbe una grande vittoria per Mosca", osserva Mathew Burrows, ex analista Cia, oggi esperto di previsioni strategiche per lo Stimson Institute. "Putin dovrebbe avere tutto l’interesse ad accettare per evitare il trascinarsi di una nuova guerra fredda, con spese militari colossali e una specie di ‘risovietizzazione’ del Paese", spiega Burrows a Fanpage.it. L’"offerta Crimea" richiede un passaggio al Congresso: nel 2019 Trump aveva firmato una legge che vieta il riconoscimento. Sembra aver cambiato idea: "Se volevano tenersi la Crimea dovevano combattere nel 2014", dice, accusando sia Kiev che l’amministrazione Obama.
Quando Obama non volle far arrabbiare Putin
All'epoca, l’Occidente dissuase l'Ucraina da una reazione militare. "Furono gli occidentali a imporre di non creare problemi con Putin", ricorda a Fanpage.it l’analista Balázs Jarábik, partner di R. Politik. Come raccontò allora il presidente ucraino ad interim Oleksandr Turchynov a Christopher Miller del Financial Times. Evidentemente, il bellicismo russofobo di cui parla da anni il Cremlino era assente. Secondo Jarábik, quella in corso è una “seconda guerra per la Crimea”, e l’obiettivo strategico russo resta il controllo del corridoio tra Rostov, il Donbass e la penisola. Zelensky ha sempre rifiutato di “cedere” la Crimea, proponendo di discuterne – come di tutto il resto – dopo un cessate il fuoco. Sperare che l’iconico faccia a faccia con Trump nella basilica di San Pietro, prima dei funerali di papa Francesco, abbia cambiato la sua posizione è forse una pia illusione. Fatto sta che su X ha ribadito la richiesta di un "cessate il fuoco incondizionato" e di una "pace sostenibile" ma la Crimea non l’ha citata. E il tono era più ottimista del solito, sulla possibilità di chiudere un accordo.
I territori non sono prioritari
Il ruolo della Crimea come pivot della pace soccombe però all'informato pessimismo di Suslov: "Siamo soddisfatti che Trump proponga il riconoscimento, ma non scambieremo certo questo con un’Ucraina ancora militarizzata, né con dispiegamenti occidentali a garanzia di un cessate il fuoco: condizione ferrea". Il consigliere di Putin non ha niente da dire sui punti del “piano Witkoff” nei quali si indica il riconoscimento solo de facto da parte di Washington del controllo russo sulla regione di Luhansk e sulle parti occupate delle regioni di Zaporizhzia, Donetsk e Kherson, la restituzione a Kiev della oblast di Kharkiv e il ritorno agli ucraini della centrale nucleare di Zaporizhzhia — che sarebbe amministrata dagli Usa — e della diga di Kakhovka. D’altra parte, lo stesso Suslov e altre fonti vicine al Cremlino ripetono da mesi a Fanpage.it che le questioni strettamente territoriali non sono prioritarie e che anche eventuali ritirate parziali da territori occupati sono possibili. Suslov sottolinea che oggi "gli Usa hanno più divergenze con Ucraina ed Europa che con la Russia". Europei e ucraini si oppongono al riconoscimento della Crimea, al mantenimento del controllo russo sui territori occupati e alla revoca delle sanzioni. I colloqui Putin-Witkoff a Mosca, invece, sono stati definiti “fruttuosi”.
Lo scenario di Suslov
Il testo del "piano Witkoff" specifica che si tratta dell’"ultima offerta" a Usa a Russia e Ucraina. Trump ha poi chiarito che non ci sono precisi limiti di tempo. Se i negoziati fallissero, "il presidente americano attribuirà la colpa all'Ucraina e all’Europa", prevede Suslov. "L’amministrazione Usa si ritirerà dal sostegno attivo a Kyiv". L’Europa, da sola, "non riuscirebbe a rimpiazzare gli Stati Uniti, soprattutto sull’intelligence". La vittoria russa sarebbe totale e l’Ucraina “sparirebbe”. Suslov dipinge però anche un altro quadro, dai colori poco meno cupi. Considera probabile che, "al momento della rotta delle truppe di Kyiv", si tornerebbe a parlare di pace. Con l’ Ucraina e l’ Europa "costrette a questo punto ad accettare i termini imposti da Mosca". Non avrebbero più scelta. "Così Trump potrà presentarsi come il presidente che ha garantito la sopravvivenza dell’Ucraina". E Putin avrà raggiunto in pieno tutti i suoi obiettivi. Neanche si fossero messi d’accordo prima.