video suggerito
video suggerito

Rosaura, 16 anni e incinta, muore di leucemia: “Non l’hanno curata: qui non si può abortire”

Rosaura è morta a 16 anni perché i medici le hanno negato le cure per non compromettere il feto che portava in grembo. Daylen è stata violentata quando aveva solo 12. E’ stata costretta a un aborto clandestino perché nel suo Paese l’interruzione di gravidanza non è permessa in alcun caso. Sono alcune delle storie drammatiche raccontate nell’ultimo rapporto di Human Right Watch sulla criminalizzazione dell’aborto nella Repubblica Dominicana.
A cura di Mirko Bellis
891 CONDIVISIONI
Rosaura morta a 16 anni perché i medici le hanno negato le cure mediche per non compromettere la gravidanza (Human Right Watch)
Rosaura morta a 16 anni perché i medici le hanno negato le cure mediche per non compromettere la gravidanza (Human Right Watch)

Rosaura ha solo 16 anni quando, dopo un ricovero in un ospedale di Santo Domingo, scopre di essere incinta di poche settimane. “Quel giorno – ricorda la mamma – i medici le hanno riscontrato la leucemia ma non me lo hanno detto subito”. “Mia figlia continuava a ripetermi: ‘Non c’è la faccio a sopportare i dolori. Sto morendo’”, prosegue la donna mentre sfoglia un album con le foto di Rosaura. “Dopo 15 giorni, quando sono arrivati i risultati, ho chiesto ai dottori di interrompere la gravidanza perché mia figlia aveva urgente bisogno di trattamento medico. L’unica cosa che le hanno dato sono stati dei calmanti. Me lo dicevano in faccia: ‘Non possiamo somministrarle nient’altro perché sua figlia è incinta e l’aborto è proibito nel nostro Paese”. Quando finalmente si sono decisi a curare Rosaura, era troppo tardi e nell'agosto del 2012 l’adolescente è deceduta. “L’hanno lasciata morire”, è il dolore della madre. La morte di Rosaura non è un caso isolato. Nella Repubblica Dominicana l’aborto è completamente illegale; anche in seguito ad una violenza sessuale oppure quando è in pericolo di vita della madre non è permesso interrompere la gravidanza. E le conseguenze sono devastanti: molte donne e adolescenti sono costrette a ricorrere a cliniche clandestine oppure assumono pericolosi mix di farmaci e erbe mettendo in pericolo le loro vite.

Human Right Watch (Hrw) ha pubblicato un rapporto sulle effetti della criminalizzazione dell’aborto nella Repubblica Dominicana. Sono state decine le donne e adolescenti che hanno voluto raccontare le loro drammatiche esperienze. Come Dayelin, 22 anni, costretta a ricorre ad un aborto clandestino quando è rimasta incinta dopo essere stata violentata a 12 anni. “Ho pianto disperatamente. Ero solo una bambina. Come avrei potuto occuparmi di un neonato?”, si chiede. “Un’amica mi ha dato un infuso che mi ha provocato l’aborto. Avevo forti dolori ma non sono andata dal dottore perché avevo paura di finire in prigione”. Dopo quell'evento traumatico la ragazza è caduta in una profonda depressione. “Ho bevuto della candeggina per togliermi la vita”, confessa Dayelin. Storie terribili, come quella di una ragazzina di 11 anni stuprata dal patrigno. Incinta di 15 settimane i medici non hanno avuto altra scelta che indirizzarla ad intraprendere un percorso prenatale. “È solo una bambina – ha riconosciuto un dottore – non sa nemmeno cosa stia succedendo con il suo corpo”. Diversi esperti internazionali hanno dichiarato che negare alle vittime di violenza sessuale la possibilità di abortire in sicurezza può costituire tortura o trattamento crudele, inumano e degradante.

Il codice penale della Repubblica Dominicana prevede pene fino a due anni di carcere per le donne che interrompono volontariamente la gravidanza e fino a 20 anni per i medici che la praticano. Nell'isola dei Caraibi si discute di aborto da almeno due decenni: sulla questione è intervenuto anche il presidente Danilo Madina che ha esortato i legislatori a depenalizzare l’aborto in tre circostanze: quando la vita della donna è a rischio, quando la gravidanza è il risultato di stupro o incesto, e quando il feto è incapace di sopravvivere al di fuori del grembo materno. La maggioranza dei deputati, tuttavia, si oppone alla riforma del codice penale e la proibizione assoluta dell'aborto rimane in vigore. In ogni caso – riconosce il rapporto di Hrw – nella Repubblica Dominicana sono poco frequenti gli arresti e le azioni penali contro le donne che hanno abortito. Il fatto però che l’interruzione di gravidanza sia ancora considerata un reato genera paura – sottolinea l'Ong – e obbliga le donne a ricorre a pratiche poche sicure.

"Le ricche abortiscono. Le povere muoiono", un cartellone esposto alla manifestazione a favore dell'aborto a Santo Domingo (Gettyimages)
"Le ricche abortiscono. Le povere muoiono", un cartellone esposto alla manifestazione a favore dell'aborto a Santo Domingo (Gettyimages)

“Il divieto non impedisce le interruzioni di gravidanza – scrive Margaret Wurth l'autrice del report di Hrw – semplicemente costringe le donne ad avere aborti nascosti. Quelle che hanno soldi e contatti vanno all'estero o riescono a trovare cliniche clandestine. Ma se una donna proviene da una zona rurale, se è giovane o povera, è probabile che ricorra a metodi meno sicuri”. E le conseguenze sono fatali: circa l’8% delle morti nella Repubblica Domenicana sono attribuite a complicazioni derivate da aborti spontanei o illegali, sebbene la percentuale probabilmente sia ancora più alta. “La maggior parte delle donne con cui ho parlato – ha aggiunto Wurth – voleva abortire per problemi economici. Alcune non potevano prendersi cura del bambino. Altre ancora avevano un partner violento oppure il rapporto non era stabile. Quando una donna o una ragazza rimane incinta a causa di uno stupro, quando una gravidanza mette a rischio la sua salute o se il feto non può sopravvivere al di fuori del grembo materno, essere costretti a continuare una gravidanza può diventare una tortura”.

Rosa Hernandez, la madre di Rosaura non di dà pace per la morte della figlia (Human Right Watch)
Rosa Hernandez, la madre di Rosaura non di dà pace per la morte della figlia (Human Right Watch)

Un recente studio dell'Istituto Guttmacher ha rilevato che il numero di interruzioni di gravidanza nei paesi con una legislazione più restrittiva è praticamente simile a quello che esiste là dove è possibile farlo in determinate circostanze. Secondo un sondaggio condotto nel 2018 nella Repubblica Dominicana, il 79% degli intervistati ritiene che l'aborto non debba essere considerato un reato quando la vita o la salute della donna sono a rischio mentre il 67% lo approva quando la gravidanza è il risultato di uno stupro o incesto. “La proibizione all'aborto non può continuare ad esistere nel nostro Paese – conclude la mamma di Rosaura – non ho intenzione di stare in silenzio perché mia figlia è stata distrutta. Aveva molti progetti, molte speranze. La mia bambina aveva tanti sogni da realizzare e l’hanno lasciata morire”.

891 CONDIVISIONI
autopromo immagine
Più che un giornale
Il media che racconta il tempo in cui viviamo con occhi moderni
api url views