Rohingya, l’incubo delle schiavi sessuali: drogate, stuprate e vendute a 15 anni
“Due donne mi hanno detto che mi avrebbero aiutata a trovare un marito. Invece mi hanno rinchiusa per tre settimane in una casa prima di vendermi come schiava sessuale”. E’ la drammatica esperienza vissuta da Khartoun (un nome di fantasia), una quindicenne della comunità musulmana dei Rohingya. Tre mesi fa, l’adolescente era scappata dal Myanmar (l’ex Birmania) dopo aver perso tutta la sua famiglia, sterminata da un colpo di mortaio durante un attacco dell’esercito birmano al suo villaggio. Riuscì ad arrivare da sola a bordo di una piccola imbarcazione in una spiaggia del vicino Bangladesh e, appena sbarcata, incontrò le sue aguzzine. “Mi hanno detto di seguirle, che si sarebbero prese cura di me”, ha confidato la ragazza ad Al Jazeera.
Khartoun è stata tenuta prigioniera per quasi un mese prima di essere venduta ad un uomo bengalese. “Mi ha portato in un’altra casa e lì mi ha violentata – continua il suo racconto – mi diceva ʽTi strangolo, ti accoltello…Vuoi essere uccisa come fanno i militari nel Myanmar? Non ti lascerò mai andare via’”. Dopo 12 giorni di violenze e abusi, l’uomo riportò Khartoun alle due donne, che l’hanno abbandonata in un campo profughi nel distretto di Cox’s Bazar, in Bangladesh. Dal 25 agosto scorso, quando è iniziata quella che le Nazioni Unite hanno definito un’operazione di "pulizia etnica da manuale", sono oltre 620.000 i rifugiati che hanno trovato riparo nel Paese vicino.
E proprio nei campi di prima accoglienza allestiti in Bangladesh si aggirano criminali senza scrupoli pronti a sfruttare la condizione di estrema vulnerabilità dei profughi Rohingya, come ha denunciato l'Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (Oim). Senza nulla, confinati in tendopoli sovraffollate, i rifugiati sono disposti ad accettare qualsiasi tipo di proposta, e in molti diventano facile preda dei trafficanti. Sono proprio le ragazze, in alcuni casi poco più che bambine, il gruppo più a rischio: secondo l'Oim, le adolescenti Rohingya adescate con la promessa di matrimonio o di un lavoro come domestiche, vengono obbligate a prostituirsi a Cox’s Bazar o a Chittagong, uno dei porti bengalesi più importanti.
Umme Kulthum, ha 21 anni ed è già vedova. Separata dai genitori e dai figli durante la sua fuga verso il Bangladesh, la donna sperava di essersi lasciata alle spalle gli orrori a cui aveva assistito. Arrivata nel gigantesco campo profughi di Kutupalong, fu avvicinata da un uomo che le propose di sposarla. I sogni di matrimonio, però, svanirono presto e finì in un postribolo, dove fu drogata e obbligata a prostituirsi. Solo dopo apprese che gli sfruttatori avevano pagato meno di 100 dollari al sedicente promesso sposo per consegnarla nelle loro mani. “Sono stata venduta per diventare una prostituta”, ricorda con le lacrime agli occhi. Lo stesso destino vissuto da Saida e Ayesha, due adolescenti Rohingya. Entrambe senza genitori, si erano conosciute in un campo profughi due mesi fa. Alamgir, un uomo della loro stessa comunità, le adescò promettendo di sposare Saida e di trovare un lavoro per Ayesha. Invece, dopo essere state vendute da Alamgir, le ragazzine hanno conosciuto solo lo squallore di un hotel di Chittagong, dove il proprietario le ha costrette alla prostituzione. “Ci tenevano rinchiuse in una stanza e se ci rifiutavamo di fare sesso ci picchiavano”, dice Saida. "Non so se i miei genitori sono ancora vivi. Vorrei ritornare al campo a cercarli ma ho troppa paura. Quell'uomo ha distrutto le nostre vite”.
“Gli sfruttatori c’erano già a Cox's Bazar – ha dichiarato Olivia Headon, dell'Organizzazione internazionale per le migrazioni – ma con l’arrivo di nuovi rifugiati sappiamo che altre reti criminali hanno cominciato ad operare”. Bande spietate, che non esitano a minacciare di morte lo stesso personale che lavora con le vittime della tratta. “E’ necessaria un'azione urgente per garantire la sicurezza di donne e ragazze nei campi profughi”, ha ribadito Headon.
Il Bangladesh ha schierato a Cox's Bazar la sua migliore unità di polizia, il Rapid Action Battalion, per reprimere la tratta di esseri umani. “Stanno prendendo di mira soprattutto donne e bambini, in particolare quelli non accompagnati”, ha spiegato il maggiore Ruhul Amin, a capo delle forze di sicurezza bengalesi. La rete di sfruttamento sarebbe molto estesa oltre i confini del Bangladesh: i criminali – secondo la polizia – starebbero inviando i profughi Rohingya all'estero, specialmente in Malesia e in Medio Oriente, dove ad attenderli c’è il lavoro forzato o la prostituzione. Le principali organizzazioni umanitarie impegnate ad assistere la popolazione di questa comunità musulmana coincidono su un punto: di fronte all'esodo continuo di disperati che cercano di mettersi in salvo dalla violenza dell’esercito birmano, il potere dei trafficanti di esseri umani è destinato ad aumentare.