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Rohingya, 6700 morti in un mese, 700 erano bambini: la strage che il mondo non vede

Tra agosto e settembre, almeno 730 bimbi Rohingya sotto i 5 anni sono stati uccisi. Secondo un’indagine di Medici Senza Frontiere condotta tra i profughi fuggiti in Bangladesh, la maggior parte delle vittime sono state uccise da colpi di arma da fuoco, molte altre bruciate vive nelle proprie case date alle fiamme o picchiate a morte.
A cura di Mirko Bellis
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Donne e bambini Rohingya in fuga dal Myanmar (© UNHCR/Adam Dean)
Donne e bambini Rohingya in fuga dal Myanmar (© UNHCR/Adam Dean)

In Myanmar, in solo un mese hanno perso la vita almeno 6.700 Rohingya, di questi oltre 700 erano bambini con meno di 5 anni. E’ quanto emerge dall'ultimo studio di Medici senza Frontiere (Msf) condotto tra i rifugiati Rohingya fuggiti nel vicino Bangladesh, dove vivono più di 800.000 rifugiati. Le vittime della violenza scatenata dalle forze di sicurezza birmane contro questa comunità musulmana potrebbero essere in realtà molte di più. “Il numero totale dei decessi è probabilmente sottostimato – spiega il dottor Sidney Wong, direttore medico dell’organizzazione umanitaria – perché Msf non condotto indagini in tutti i campi profughi, oltre a non essere riuscita a intervistare i Rohingya ancora in Myanmar. Abbiamo resoconti su intere famiglie bloccate nelle case poi date alle fiamme”.

La repressione iniziata il 25 agosto scorso, quando l’esercito birmano ha iniziato ad assaltare i villaggi Rohingya nello Stato del Rahine (a ovest di Myanmar, l’ex Birmania) è stata definita dalle Nazioni Unite “una pulizia etnica da manuale”. Secondo i dati diffusi dal Msf, i musulmani Rohingya sono stati uccisi da colpi di arma da fuoco, bruciati vivi nelle loro case o percossi così brutalmente da provocarne la morte. I dati raccolti da Medici senza Frontiere sono il risultato di un’indagine realizzata nei primi giorni di novembre in diverse aree dei campi profughi a Cox's Bazar, in Bangladesh. Il tasso di mortalità tra la popolazione intervistata è di 8 persone su 10.000 al giorno. Applicando questa proporzione alla popolazione totale arrivata dal 25 agosto nei campi presi in esame dalle ricerche – continua il rapporto di Msf – il numero di morti, solo nel mese di settembre, potrebbe arrivare a 13mila. Una spirale di violenza che non ha risparmiato neppure i più piccoli perché le stime parlano di almeno 1.000 bambini di età inferiore ai 5 anni vittime della violenza delle forze di sicurezza birmane.

“Abbiamo incontrato e parlato con i sopravvissuti delle violenze in Myanmar e ciò che abbiamo scoperto è sconcertante. È davvero alto il numero di persone che ha riferito di aver perso un componente della famiglia a causa della violenza, a volte nei modi più atroci. Il picco di morti coincide con il lancio delle operazioni da parte delle forze di sicurezza del Myanmar nell'ultima settimana di agosto”, afferma Wong.

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Diversa invece la versione delle autorità birmane, che per lo stesso periodo parlano di 400 morti, la maggior parte definiti "terroristi islamici”. Il governo del Myanmar ha sempre negato le accuse di pulizia etnica e di aver commesso crimini contro l'umanità ma, allo stesso tempo, ha rifiutato l'accesso del personale umanitario e dei giornalisti alle zone del Paese colpite dalla violenza. Le testimonianze raccontano un’altra realtà, ben più dolorosa, fatta di stupri sistematici da parte dei soldati dell’esercito birmano contro donne e ragazze Rohingya. Human Right Watch ha documentato attraverso immagini satellitari la distruzione di quasi 300 villaggi, dati alle fiamme per costringere alla fuga migliaia di persone.

Tutte le organizzazioni impegnate sul terreno coincidono nel definire l’esodo dei Rohingya una delle peggiori crisi umanitarie degli ultimi decenni. Secondo Amnesty International, la comunità musulmana è vittima degli orrori più atroci. “Le forze di sicurezza del Myanmar hanno compiuto una brutale vendetta sull'intera popolazione nello Stato Rakhine – ha dichiarato Tirana Hassan, di Amnesty International – nel tentativo evidente di espellerli definitivamente dal Paese”. Almeno 200.000 bambini Rohingya – avverte Unicef – hanno bisogno di aiuti urgenti, come acqua potabile e servizi igienici di base per prevenire l’insorgere di malattie legate all'acqua. E Save the Children ha lanciato un allarme sanitario per il rischio di un'epidemia di difterite letale nei campi in Bangladesh, già costata la vita ad almeno 15 bambini. “La comunità internazionale deve impegnarsi a porre fine a queste violenze e portare chi le ha compiute di fronte alla giustizia, e insistere perché venga consentito un accesso umanitario pieno, libero e immediato a tutte le persone che hanno bisogno di aiuto nel Rakhine”, ha ribadito Save the Children.

A novembre, il Bangladesh ha firmato un accordo con il Myanmar per consentire il ritorno di centinaia di migliaia di profughi. Medici senza frontiere ha definito l'accordo “prematuro”, sottolineando che “attualmente le persone stanno ancora fuggendo” perché la repressione conto i Rohingya non è affatto cessata.

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