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Rohani: modernizzazione, dialogo internazionale e rispetto dei diritti civili

Il neo presidente Rohani rappresenta una grande speranza per gli iraniani che lo hanno eletto con oltre il 50% dei voti. Le promesse fatte in campagna elettorale lo impegneranno sul fronte dei diritti civili e sulla difficile questione nucleare.
A cura di Laura Murino
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Hassan Rohani, il nuovo presidente della Repubblica Islamica dell'Iran, era l'unico religioso a concorrere per il titolo. Il suo obbiettivo? Traghettare il paese verso la modernizzazione, liberare i prigionieri politici e riportare l'attenzione sul rispetto dei diritti civili. Il neo presidente è riuscito a far confluire su di sé diversi voti che lo hanno portato alla vittoria. Tra i suoi elettori ci sono i numerosi riformisti che appoggiavano l’ex presidente Mohammad Khatami. Inoltre ha avuto il pieno appoggio dell'ex presidente Akbar Hashemi Rafsanjani, a cui è stato vietato di partecipare alle elezioni come candidato, che rappresentava molti islamici moderati. Ad agevolare la vittoria del neo presidente iraniano è stata anche l’incapacità dei sostenitori dei capi delle Guardie Rivoluzionarie e del potente clero di trovare un unico candidato che raccogliesse tutti i voti andati dispersi. La scelta decisa e schiacciante degli elettori porta con sé diversi messaggi per la vecchia classe dirigente, come per esempio l’aumentare “delle miserie dell’economia iraniana, l’isolamento internazionale e le repressioni per stili di vita secolari”.

Rohani è conosciuto nella politica estera internazionale perché dal 2003 al 2005 era il negoziatore del nucleare iraniano, quando il repubblica islamica era in trattativa con la Gran Bretagna, la Francia e la Germania. Durante questo negoziato l’Iran aveva accettato di fermare tutte le attività legate all'arricchimento del combustibile nucleare, permettendo così di allentare la stretta dell’Occidente sul Paese. Con l’elezione di Ahmadinejad nel 2005, Rohani si era ritirato dall'incarica. Le conseguenze sono state terribili per l’economia iraniana, poiché le sanzioni dell'Onu e dell’Unione Europea aumentarono, l’economia dipendeva quasi esclusivamente dal petrolio, facendo cadere il paese nell'inflazione e quindi in una disoccupazione crescente. Già a poche ore dai risultati delle elezioni, il valore del rial iraniano è salito del 4% rispetto al dollaro americano. Sulla questione del nucleare iraniano, in un'intervista del 13 giugno, ha dichiarato "L'Iran non ha nulla da nascondere. Tuttavia, al fine di procedere verso la liquidazione del dossier nucleare iraniano, abbiamo bisogno di raggiungere un consenso nazionale e di un avvicinamento e della comprensione a livello internazionale. Ciò può avvenire solo attraverso il dialogo."

L’ex ministro britannico degli esteri Jack Straw ha dichiarato che Rohani è un “diplomatico e uomo politico molto esperto”. E ha dichiarato alla Reuters "Ciò che questo enorme voto di fiducia nel dottor Rohani sembra mostrare è una fame, da parte del popolo iraniano, di rompere con l'approccio arido e autolesionista del passato e per i rapporti più costruttivi con l'Occidente". Tra gli obbiettivi del neo presidente c'è anche quello di ristabilire i rapporti con la grande potenza statunitense, che si erano interrotti nel 1979 quando si assistette al sequestro dell'ambasciata americana da parte di un gruppo di studenti islamici.

L'Ayattolah Ali Khamenei, Guida suprema dell'Iran, ha dichiarato che la grandissima affluenza alle urne ha rappresentato una fedeltà lunga 34 anni, alla Repubblica islamica. Un tweet dell'account ufficiale del religioso sciita recitava che "un voto per uno di questi candidati è un voto per la Repubblica islamica e un voto di fiducia nel sistema". Il suo intendo, secondo Al Arabiya sarebbe quello di dare continuità alla politica degli avversari sulle questioni interne sia sugli affari esteri.

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