
DIRECT è il Podcast in cui cerchiamo di analizzare le cose che accadono, assieme, partendo dalle domande che mi arrivano. È dedicato agli abbonati di Fanpage (ci si abbona qui) , ma le prime due puntate sono disponibili per tutti su Spotify a questo link.
In questa nuova puntata rispondo alla domanda della nostra sostenitrice Marina: “Lei crede davvero che ci sia il rischio concreto di una terza guerra mondiale?”
È una domanda difficilissima a cui rispondere, questa. Perché ovviamente chiama in causa le nostre paure. E perché dipende da mille circostanze che difficilmente siamo in grado di prevedere oggi. Per provare a rispondere, dobbiamo procedere un passo alla volta e analizzare la situazione, qui e ora.
Una premessa, però, è doverosa: non abbiamo sfere di cristallo, possiamo solo affidarci a quel che è accaduto in passato e all’analisi del presente. La storia, tuttavia, per quanto maestra di vita, non si ripete mai uguale. E il presente, per sua natura, è molto più facile raccontarlo che analizzarlo. Abbiate pazienza, insomma.
Partiamo da una domanda: da cosa nasce un conflitto? Le guerre in realtà nascono per mille motivi differenti, ma di solito ci sono delle caratteristiche che le accomunano più o meno tutte
Primo: ci devono essere due fazioni, o due blocchi contrapposti.
Secondo: ci devono essere degli interessi contrastanti.
Terzo: ci dev’essere un pretesto.
Quarto: ci dev’essere una forte motivazione all’uso della forza.
Partiamo dal primo punto, due blocchi – o alleanze contrapposte – in effetti ci sono. E li vediamo abbastanza chiari, più o meno, dall’invasione totale dell’Ucraina del 24 febbraio del 2022.
Da un lato ci sono gli Stati Uniti d’America e l’Unione Europea, che si sono apertamente schierati a favore del Paese invaso, l’Ucraina, imponendo sanzioni economiche a Mosca e sostenendo lo sforzo bellico di Kiev. L’Occidente, diciamo, per tagliarla a fette spesse, aggiungendo alla lista l’Australia, il Giappone, la Corea del Sud, l’Argentina e il Cile.
E dall’altro ci sono i Paesi che hanno mostrato un atteggiamento condiscendente, o di aperto sostegno alle mire imperialistiche del Cremlino: la Cina su tutti, ma anche l’India, il Kazakhstan, l’Iran, la Bielorussia, la Corea del Nord e diversi Paesi del Nord Africa. Più o meno tutti i Paesi che si sono, più recentemente, congratulati con Putin dopo la sua rielezione come presidente della Russia.
Però non parliamo di Putin e di Russia, a questo giro. E nemmeno di Ucraina o di Europa. Quello di cui parliamo sono i due Paesi più grandi, più potenti, più ricchi che stanno in mezzo a questi due blocchi, quelli che sostengono lo sforzo bellico dell’Ucraina da un lato, e della Russia d’altro: gli Stati Uniti d’America e a Cina. La prima e la seconda economia del mondo. Le due grandi superpotenze della nostra epoca.
Insomma: i potenziali contendenti ce li abbiamo.
Però – punto numero due – ci devono essere pure degli interessi contrastanti, tra queste due superpotenze. E in effetti, ce ne sono almeno un paio.
Il primo si chiama commercio. Gli Stati Uniti e la Cina hanno enormi legami commerciali, il cui valore supera ogni anno i 600 miliardi di dollari. È un valore che anche in questi ultimi anni è continuato ad aumentare, nonostante le tensioni tra i due Paesi.
Per gli Usa, però, che nel 2001 diedero parere positivo all’adesione della Cina all’Organizzazione mondiale del commercio (WTO), evento che di fatti sancì l’inizio di quella che oggi chiamiamo “globalizzazione”, questa crescita è sempre più problematica.
Soprattutto. perché la Cina esporta negli Usa molto più di quanto gli Usa esportano in Cina. La differenza è oggi di circa 300 miliardi di dollari, in leggero calo dopo aver toccato i 400 miliardi nel 2018. E, in particolare, perché la Cina sempre più invade i mercati americani (ed europei) in settori strategici come quello dell’automotive, delle telecomunicazioni e delle tecnologie informatiche. Ecco perché Trump e gli Usa vogliono imporre dazi alle merci cinesi.
Il secondo punto di contrasto, invece, è legato alle materie prime. E in particolare a quelle cosiddette terre rare – anzi forse sarebbe più corretto chiamarli “metalli rari” – che sono necessari per costruire microprocessori, smartphone, elettrodomestici, automobili. Insomma, tutto quel che di digitale c’è nella nostra vita.
Sia gli Usa, sia – ancora di più – l’Europa dipendono dalla Cina per l’approvvigionamento di queste materie prime che possono determinare chi dominerà l’economia globale dei prossimi decenni. Gli Usa stanno provando da tempo a sganciarsi dalla dipendenza cinese e le mire di Trump sulle terre rare di Groenlandia e Ucraina vanno esattamente in questa direzione.
Ricapitolando: tra Cina e Usa già sono in atto sia un confronto commerciale, sia una confronto per l’approvvigionamento di materie prime.
Però, perché tutto questo sfoci in una vera e propria guerra – terzo punto – è necessario però che ci sia anche un pretesto che la scateni.
E il pretesto – sono tutti d’accordo su questo – si chiama Taiwan.
🎧Ascolta l'episodio 7 per l'approfondimento completo.
