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Rinchiuse e stuprò per 24 anni la figlia Elisabeth: Josef Fritzl, il mostro di Amstetten

Josef Fritzl, noto alle cronache come il ‘Mostro di Amstetten’, ha segregato e stuprato per 24 anni la sua stessa figlia, Elisabeth Fritzl, costringendola ad avere sette figli da quei rapporti incestuosi. Impiegato per una ditta di costruzioni, l’uomo aveva costruito una prigione segreta nei sotterranei della sua villetta ad Amstetten (Austria) dove, all’età di 16 anni, rinchiuse la povera Elisabeth. È stato condannato all’ergastolo per incesto, stupro e, tra gli altri reati, l’omicidio del figlio neonato, Micheal.
A cura di Angela Marino
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"Sono nato per violentare e mi sono trattenuto per un periodo relativamente lungo. Avrei potuto comportarmi molto peggio”. A parlare, davanti alla psichiatra forense, Adelheid Kastner, è un uomo calmo, con la corona di capelli bianchi, radi e gli occhi celesti così vitrei da sembrare trasparenti. Freddo, sì, ma un uomo normale. Il suo nome, Josef Fritzl, da qualche giorno è scritto su tutti i giornali austriaci e internazionali accanto alle parole ‘Mostro di Amstetten‘. La psichiatra fissa quegli occhi da lupo selvatico domandandosi come fosse possibile che per tutta la vita quell'uomo avesse coniugato la tranquilla esistenza di pensionato e padre di famiglia con quella del perverso maniaco.

Da pensionato a padre stupratore

Tutto era cominciato nell'aprile 2008 con il ricovero in gravissime condizioni di una 19enne senza nome. La ragazza era stata lasciata fuori all’ospedale di Amstetten con una lettera di sua madre "Aiutatela, non è mai stata in clinica, ha molta paura". L’aspetto di quella ragazza, i denti consumati, il volto pallidissimo e i gravissimi problemi di salute convincono i medici che quella ragazza sia vissuta fino a quel momento in condizioni disumane. La Polizia allora fa la sua mossa, lancia un appello in TV alla madre facendo sapere che la ragazza è gravissima e ha bisogno di lei. E lei risponde. Rintracciata davanti all'ospedale di Amestetten, una donna sui quarant'anni dai modi strani, rivela la sua vera identità. È Elisabeth Fritz, scomparsa da 24 anni. Con lei viene fermato l'uomo con gli occhi da lupo, suo padre.

Josef Fritzl, il mostro di Amstetten

La storia di Fritzl ha inizio 73 anni prima, in una modesta casa di Amstetten, ventimila anime a un'ora da Vienna, una di quelle cittadine residenziali ordinate, pulite e piacevolmente noiose, dove non succede mai nulla che sia degno di nota. Dopo l'abbandono di suo padre, Josef senior, Josef junior cresce da solo in casa con sua madre, Maria. Lei lo insulta, lo picchia, lo punisce, si dimostra costantemente incapace di manifestare al suo bambino sentimenti diversi dalla rabbia, dall'odio o dalla frustrazione. Nel 1956, diplomato, a 21 anni, Josef viaggia per tutta l'Austria come rappresentate per un'azienda che vende attrezzature tecniche da costruzione e sposa Rosemarie, una ragazza docile e tranquilla. Adulto, con un buon lavoro e una famiglia – Rosemarie lo rende padre sette volte – neanche allora Josef trova serenità. Nel 1967 stupra una donna a Linz, sotto la minaccia di un coltello. Dopo 18 mesi di carcere torna a casa come se fosse stato in viaggio di lavoro, con Rosemarie disposta ad accudirlo e obbedire come sempre.

Elisabeth Fritzl, la figlia

Da dipendente di una ditta di costruzioni, intanto Fritzl si dedica al progetto della sua villetta, al 40 di Ybbsstrasse, un sobborgo di periferia come tanti. Nel sottoscala Josef ha progettato un bunker anti-atomico a cui lui solo ha accesso. Padre dispotico e violento, anche con i figli mantiene lo stesso regime del terrore a cui deve sottostare la moglie Rosemarie. Così appena può Elisabeth, una dei suoi sette figli, scappa di casa e si rifugia in un autogrill a Strengberg, dove viene rintracciata dalla polizia e riconsegnata al padre. "Vi prego, se torno con lui per me è finita" dice la ragazzina, ma gli agenti non danno importanza a queste parole. Torna a casa, sparisce nuovamente nel 1984, all'età di 18 anni. Una lettera scritta di suo pugno dove annuncia che si è unita a una setta e da allora nessuno la cercherà più.

Rosemarie Fritzl, la moglie di Josef Fritzl

Otto anni dopo  sulla soglia del 40 di Ybbsstrasse qualcuno lascia un neonato."Lo hanno abbandonato davanti alla nostra casa, lo abbiamo adottato", racconta Josef ad amici e parenti, mentre la sempre sottomessa Rosemarie annuisce. Il sospetto di quanti li conoscono è che la stessa Elisabeth, ormai soggiogata dalla setta abbia avuto un bambino e abbia deciso di lasciarlo alle cure di nonni. La scena si ripete per altre due volte, nel 1994 e nel 1996, mentre i vicini di casa annuiscono, ma sempre meno convinti. Nel '78 Fritzl inizia una serie d'importanti lavori strutturali nei sotterranei della sua villetta. A lui piace fare tutto da solo, il progetto lo ha disegnato lui stesso ed è sempre lui a realizzare i lavori con maniacale precisione. Cinque porte meccaniche e due elettroniche, di cui lui solo custodisce la combinazione, separano il mondo di sopra dal mondo di sotto, in casa Fritzl.

La villetta al numero 40 di Ybbsstrasse

Di sopra Rosemarie e i ragazzi Fritzl, di sotto la seconda famiglia di Fritzl. Sì, come aveva sospettato qualcuno dei suoi amici più intimi, Josef aveva una giovane amante, una ‘ragazza' come diceva lui. Quello che nessuno poteva sospettare è che quella ragazza era la sua sfortunata figlia Elisabeth e che era rinchiusa nei sottoranei della sua stessa casa, a pochi metri da dove aveva vissuto fino a 18 anni. Non era mia sparita, non si era mai unita una setta, ma aveva tentato di sottrarsi agli stupri ripetuti del padre fuggendo di casa e poi, riacciuffata, era stata segregata nel bunker, dove viveva per essere picchiata e stuprata ogni giorno da suo padre, rigorosamente senza preservativo perché potesse portare in grembo tutti i figli dell'incesto. Ne metterà al mondo sette, esattamente come aveva fatto sua madre al piano di sopra, perché Josef possa riprodurre in spaventosa copia la famiglia ufficiale.

I sette figli di Elisabeth e Josef Fritzl

La vita al piano di sotto si svolgeva al buio, in pochi metri quadrati e senza alcuno stimolo. Senza libri o giornali, solo una radio e una TV in una notte che dura 24 ore su 24, Elisabeth aveva tentato di crescere i figli che lui le aveva lasciato senza potergli insegnare neanche a leggere e scrivere. Kerstin, la maggiore (nata nel 1989), Stefan (1990) e Felix, l'ultimo, nato nel 2002 erano rimasti con lei. Gli altri, Lisa (1992), Monika (1994) e Alexander (1996), abbandonati come piccoli Mosè nella cesta, vivevano come figli legittimi di Josef e Rosemarie. Vittima di un tragico destino, invece, il piccolo Micheal.

L'omicidio del neonato Micheal

nato nel bunker nel 1996, aveva sofferto da subito di problemi respiratori. Elisabeth aveva supplicato suo padre di portarlo in ospedale, ma lui non aveva voluto saperne e così Micheal era spirato senza mai vedere la luce. Messo di fronte alla necessità di liberarsi del cadaverino, Fritzl aveva deciso di darlo alle fiamme. Ancora una volta, nessuno si era accorto di niente.

Kerstin Fritzl

Nel suo delirio di onnipotenza e dopo 20 anni trascorsi dividendosi tra le due famiglie,  Fritzl si era trovato a un certo punto di fronte a una decisione difficile. Nel 2008, Kerstin, la maggiore dei figli di Elisabeth a 19 anni si aggrava e Elisabeth lo supplica di portarla in ospedale. Portarla fuori dal bunker rischierebbe di far saltare la copertura, ma Elisabeth non è disposta a sopportare un altro lutto e questa volta liberarsi del corpo potrebbe essere più difficile. "Andrà in ospedale, ma se qualcosa va storto vi uccido tutti con il gas". Come aveva previsto in ospedale la gigantesca bugia di quella figlia fuggita con la setta, crolla come un castello di sabbia alla prima onda. Smascherato ancora rifiuta di consegnare gli altri prigionieri, poi, alla minaccia della polizia di sfondare le mura, accetta di aprire quelle otto porte. Ne escono due esserini che parlano a grugniti e non sopportano la luce. Al piano di sopra Rosemarie collabora, ma quando le chiedono se sapesse o no cosa accadeva in cantina, tace sbigottita.

Il processo al mostro di Amstetten

Ormai smascherato, il padre-stupratore finisce a processo per riduzione in schiavitù, sequestro di persona, stupro, coercizione, incesto e per l'omicidio colposo del neonato Michael. Per gli psichiatri, nonostante il grave disturbo di personalità, è sempre stato capace d'intendere e di volere. Prima di andare in carcere per il resto dei suoi giorni, Josef Fritz dà l'ennesima prova della sua natura gelida. Divorzia dalla moglie Rosemarie,  togliendole così la sua pensione e tenta di vendere il verbali del proprio interrogatorio e i resoconti dell'inchiesta ad alcuni media scandalistici britannici. "Tutti scrivono di me, ma sono io l'attore principale, non voglio che altri facciano soldi con la mia storia" dice a un amico scelto come intermediario.

Elisabeth Fritzl oggi

Dopo essere stati salvati Elisabeth e i suoi figli sono stati soccorsi e curati per un periodo in una struttura psichiatrica. Quando sono stati ritenuti pronti, sono stati trasferiti in una villetta in campagna nell'alta Austria. Lì Elisabeth si è ricongiunta con tutti i suoi figli, anche con quelli cresciuti dai nonni. Nonostante i gravi problemi di salute derivati dalla prigionia oggi i figli più giovani sono in grado di condurre una vita serena. All'età di 52 anni, Elisabeth ha trovato l'amore con la guardia del corpo incaricata di proteggerla dopo i 24 anni di segregazione e abusi.

Josef Fritzl oggi

Elisabeth non ha mai accettato di scrivere o far scrivere un libro con la sua storia, come invece hanno fatto altre vittime, come Natascha Kampusch e Jaycee Dugard. La casa di Ybbstrasse è stata liquidata dopo la condanna di Fritzl e l'accesso alla cantina, murato per sempre. Oggi Josef Fritzl è recluso in un reparto psichiatrico nel carcere di di Garsten Abbey, in Austria. Nonostante lo abbia annunciato, non ha mai scritto una autobiografia. "Perché Elisabeth?" gli chiesero. "Perché era la più bella".

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Giornalista dal 2012, scrittrice. Per Fanpage.it mi occupo di cronaca nera nazionale. Ho lavorato al Corriere del Mezzogiorno e in alcuni quotidiani online occupandomi sempre di cronaca. Nel 2014, per Round Robin editore ho scritto il libro reportage sulle ecomafie, ‘C’era una volta il re Fiamma’.
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