“Ridiamo loro un’identità”: Interpol lancia maxi operazione per riconoscere i resti di 22 donne
“BEL01 – La donna nel pozzo”; “DE01 – Il corpo nella palude”; “NL01 – La ragazza nel parcheggio”; e ancora, “BEL02 – La donna con il fiore tatuato”, “DE03 – Il corpo bruciato nella foresta”, “DE04 – La donna nel tappeto”.
L'Interpol ha lanciato un appello al pubblico per dare un nome a 22 donne assassinate nei Paesi Bassi, in Belgio e in Germania, i cui corpi non sono mai stati identificati, alcune delle quali sono morte più di mezzo secolo fa. L'organizzazione internazionale di polizia ha diffuso i dettagli dei casi che normalmente sarebbero disponibili solo alle forze dell'ordine, in una campagna denominata Operation Identify me (Operazione Identificami), riferisce il Guardian.
Nella lista dei 22 soggetti, il metodo di classificazione è quello comune: all’inizio, il codice del Paese seguito da un numero che indica l’ordine cronologico di ritrovamento, un trattino e, a chiudere, un dettaglio distintivo; dove non è possibile risalire nemmeno a quello, solo il luogo del rinvenimento del cadavere.
È proprio questo lo scopo della campagna lanciata dall’Organizzazione Internazionale della Polizia Criminale (Interpol): ridare a queste vittime sconosciute la loro identità, a partire dal proprio nome.
Si tratta di quelli che generalmente vengono definiti “casi freddi”, ossia delitti passati sui quali si è già indagato senza però giungere a nessuna conclusione, lasciandoli irrisolti: 22 omicidi avvenuti 10, 20, 50 anni fa, sui quali le rispettive polizie nazionali hanno già abbondantemente lavorato, senza risultati.
Dalla consapevolezza di essere di fronte a un vicolo cieco, ma senza la volontà di arrendersi prima di aver almeno dato un nome a quelli che attualmente sono solo cadaveri, nasce l’operazione Identify Me (Identificami, ndr). La campagna lanciata dall’Interpol svela al pubblico dettagli dei casi finora accessibili solo agli addetti ai lavori, nella speranza che qualcuno possa riconoscere un orecchino, una borsa particolare, un tatuaggio.
“Per favore, guardate le facce di queste donne, i loro vestiti, anelli e collane. Potrebbe essere una vostra amica scomparsa? Vostra cugina, una collega? La vostra paziente o la vostra vicina che si è improvvisamente trasferita? Voi potete aiutarle. Ridate a queste donne la loro identità”, è l’appello che risuona nel video messo in rete dall’Interpol.
Sono pochissime le informazioni disponibili per ciascun caso: data stimata della morte (solitamente con un range molto ampio), giorno e luogo della scoperta del cadavere, presunto anno di nascita, altezza; e poi vestiti, segni particolari, tatuaggi, cicatrici, gioielli. Ad accompagnare l’elenco, decine di foto di resti di capi di abbigliamento, come un cardigan corroso dall’acqua, una t-shirt con due surfers circondati da palme, tatuaggi dai contorni non più nitidi e ricostruzioni fotografiche dei volti, realizzate negli anni con tecniche sempre più accurate.
L’appello è stato lanciato dalla polizia dei tre Paesi in cui queste donne sono state ritrovate, tra il 1976 e il 2019: Paesi Bassi, Belgio e Germania. Secondo alcune ipotesi però, le vittime potrebbero provenire da posti diversi ed essere state portate nei tre stati in un secondo momento, per depistare le indagini. Non si può escludere la pista della tratta di esseri umani dall’Europa orientale.
Tra le promotrici del progetto, la detective olandese Carina van Leeuwen, che ricorda che la prima volta che vide la sepoltura di una di queste donne senza nome rimase sconvolta, decidendo all’istante che avrebbe rivolto tutti i suoi sforzi affinché queste vittime potessero almeno essere identificate, e quindi restituite alla loro famiglia, amici, conoscenti. Il corpo era stato seppellito ai margini del cimitero di Amsterdam, dalla terra spuntava solo una piccola, anonima targa che recitava “deceduto non identificato”.
Quello specifico caso, identificato da van Leeuwen come la “vittima numero 1”, faceva riferimento a un cadavere trovato dentro a un bidone della spazzatura che galleggiava nel fiume alla periferia della capitale olandese, chissà da quanto tempo. Dentro al bidone, inchiodato, strati di cemento e un corpo di donna: la vittima indossava un orologio dorato e una borsa con una stampa pitonata; al suo fianco sono state trovate le sue scarpe e abiti maschili, probabilmente del suo carnefice, scomparso nel nulla.
E questo è solo uno dei tanti casi ancora aperti, dei quali finora non si è riuscito a scoprire nulla, ma che grazie alla nuova operazione Identify Me potrebbero avere a breve delle svolte inaspettate.