Reinhold Hanning, ex SS novantaquattrenne, condannato a 5 anni di carcere
Giunge a sentenza il processo condotto contro Reinhold Hanning, l'ex sergente delle SS e guardia nel campo di concentramento di Auschwitz nel 1942-1944 e accusato di complicità nello sterminio di 140.000 ebrei ungheresi. Il giudice Anne Grudda ha condannato il nonagenario a cinque anni di carcere, spiegando, rivolgendosi all'imputato, che "lei è stato poco meno di due anni e mezzo ad Auschwitz e ha per questo promosso l'eccidio". Contro Hanning la testimonianza di Justin Sonder, uno dei sopravvissuti di Auschwitz, che dice di aver riconosciuto nell'ex SS la persona che lo aveva indicato abile al lavoro e pertanto da risparmiare alla condanna a morte. Hanning, che era entrato come volontario nel corpo speciale nazista a diciotto anni, durante una delle udienze del processo aveva di deplorare "profondamente il fatto di essere stato membro di un'organizzazione criminale, responsabile della morte di tanti innocenti e della distruzione di innumerevoli famiglie". L‘ex sergente aveva ammesso di aver lasciato commettere delle ingiustizie, ma di non aver mai partecipato all'uccisione di alcun prigioniero.
Il procuratore chiedeva sei anni di detenzione, mentre la difesa voleva l'assoluzione del cliente per assenza di prove di coinvolgimento diretto negli eccidi. La giurisprudenza tedesca del Secondo dopoguerra, sulla scorta anche dell'ampia adesione del popolo tedesco al Nazismo, si era sempre orientata per la non colpevolezza dei livelli intermedi della macchina nazista. La condanna di colpevolezza contro Oskar Groening, il contabile di Aushwitz che di sua spontanea volontà aveva deciso di raccontare tutto per mettere i nipoti in guardia dal negazionismo, ha ribaltato la giurisprudenza tedesca e ha di fatto reso processabile chiunque abbia fatto parte, a qualsiasi livello, della macchina di guerra nazionalsocialista.