Regno Unito, la lotta contro il tempo di Charlie: 8 giorni per decidere se vivrà o no
Non ha neanche un anno e la sua lotta è disperata. Le autorità hanno concesso al piccolo Charlie Gard altri otto giorni, dopo aver dato ascolto alle paure dei suoi genitori, che temevano che l’ospedale dove si trova attualmente il piccolo potesse decidere di spegnere i macchinari necessari a tenerlo in vita. La Suprema Corte britannica ha accettato di prendere in esame il caso di Charlie, affermando il suo diritto a rimanere in vita tramite l’assistenza artificiale fino all’emissione della sentenza da parte dei giudici.
Solo 16 persone hanno questa malattia
Charlie è un bambino di nove mesi cui è stata diagnosticata la sindrome da deplezione del Dna mitocondriale, una malattia che colpisce le cellule del corpo umano, causando un progressivo indebolimento dei muscoli, degli organi vitali o, come nel caso di Charlie, del sistema nervoso. Si tratta di una patologia estremamente rara: stando ai dati disponibili, in tutto il mondo ne sono affette soltanto 16 persone e la lotta per la sopravvivenza diventa sempre più dura. Nei suoi nove mesi di vita, i genitori di Charlie lo hanno visto diventare più debole giorno dopo giorno, fino ad avere bisogno di un respiratore artificiale.
Connie e Chris, rispettivamente madre e padre del piccolo, hanno iniziato sin da subito una dura battaglia legale per dare al figlio una possibilità di sopravvivenza. I medici del Great Ormond Street Hospital, il migliore ospedale pediatrico del Regno Unito, hanno spiegato fin dal primo istante che, purtroppo, per quest’alterazione genetica non esistono cure.
Per questa ragione, nel mese di maggio la Corte d’Appello inglese ha respinto il ricorso dei genitori di Charlie, che avevano chiesto di poter portare il figlio negli Stati Uniti per sottoporlo a delle cure in una struttura medica specializzata e si erano visti negare il permesso di farlo. Per riuscire nel loro obiettivo, Connie e Chris hanno creato una campagna intitolata Charlie’s Fight grazie alla quale sono riusciti a raccogliere quasi un milione e mezzo di euro.
La cura sperimentale
Tuttavia, diversi specialisti hanno sottolineato che la struttura statunitense dove i Connie e Chris intendono portare Charlie utilizza terapie sperimentali a base di nucleotidi che hanno dato risultati positivi per i casi inerenti la deplezione delle cellule dei muscoli (alterazione TK2) e non per quelli relativi alle cellule nervose (variante RRM2B). Il secondo è il caso di Charlie, che richiederebbe un'iniezione di nucleotidi in grado di raggiungere il cervello, cosa di per sé molto complessa cui si sommano i dubbi degli specialisti sulla possibilità che la terapia possa funzionare e garantire una qualità della vita accettabile per Charlie.
I giudici della corte d’appello hanno sostenuto, quindi, il parere dei medici, che ritengono di aver oramai esaurito tutte le opzioni di trattamento disponibili e che continuare così serva solo a prolungare la sofferenza del bambino. Charlie non vede, non sente, non si muove e non riesce ad emettere suoni. I medici dell’ospedale dov’è ricoverato attualmente ritengono che sia eticamente ingiusto tenerlo in vita.
L'ultima speranza per Charlie
Connie, la madre di Charlie, ha affermato che è “assolutamente terrificante” contare i ticchettii dell’orologio che rimangono al figlio. Ma sia lei che il marito sostengono che non smetteranno di lottare fino all’ultimo secondo, perché “dove c’è vita c’è speranza”. Un portavoce della Corte Suprema ha dichiarato che una giuria composta da tre giudici discuterà della questione a porte chiuse la prossima settimana e deciderà se consentire un’udienza completa, nel cui caso sarà fissata una data per la stessa per decidere del futuro di Charlie.