Regno Unito, Johnson conferma divieto assembramenti di più di 6 persone: si rischia l’arresto
Stretta sugli assembramenti annunciata dal premier inglese Boris Johnson: da lunedì 14 settembre sarà legalmente vincolante il divieto di riunirsi in più di 6 persone in tutto il Regno Unito, per far fronte all'impennata nei contagi da coronavirus. Lo ha detto con toni categorici Johnson nel briefing di Downing Street in cui ha illustrato il provvedimento, confermando inoltre che ogni violazione sarà considerata "una violazione della legge" e che la polizia, a differenza del passato, avrà anche il potere di imporre multe da 100 a 3200 sterline e persino di procedere "all'arresto" in caso di resistenza da parte dei cittadini.
La restrizione vale nelle case, all'aperto, nei pub, nei caffè e nei ristoranti. Nei locali pubblici, ha precisato Johnson, potrà naturalmente entrare un numero maggiore di persone in totale, purché nel rispetto del distanziamento, ma ogni singola comitiva dovrà essere "al massimo di 6" individui. Il premier ha ribadito quindi che la norma non vale nei posti di lavoro, nelle scuole, nelle università, per i matrimoni, i funerali, gli eventi sportivi e per palestre e luoghi di preghiera, ma sempre nel rispetto delle distanze. Ha poi rivolto un appello esplicito ai giovani che stanno tornando nelle università a evitare party affollati o comportamenti incauti, anche per scongiurare il pericolo di poter contagiare poi familiari più anziani e fragili. E ha ricordato a tutti le regole base, e cioè lavarsi le mani, e usare obbligatoriamente "la mascherina coprendosi naso e bocca" in tutti i luoghi pubblici.
Si tratta di "un passo determinato per intensificare il distanziamento sociale" in una fase di ripresa dei contagi da Covid nel Regno Unito come in altri Paesi europei. Questa misura va di pari passo con il ritorno al lavoro, "la ripresa dell'economia e la riapertura delle scuole" in condizione di sicurezza. Eppure a Londra molti uffici sono rimasti vuoti, e molti dipendenti di aziende continuano a lavorare da remoto. Nonostante gli appelli del governo a tornare fisicamente in ufficio la City, centro finanziario ed economico della città, è quasi deserta. Molte aziende inizieranno a richiamare personale alle scrivanie solo a ottobre, altre non prevedono di far tornare i dipendenti prima del 2021.
Il premier Tory britannico – che non ha mancato di additare un certo rilassamento di "una parte delle popolazione" sulle linee guida anti Covid – è stato tuttavia attaccato dal leader dell'opposizione laburista Keir Starmer sulla carenza di disponibilità immediata e ravvicinata di tamponi registrata in varie regioni nell'ambito del sistema di test and tracing "nelle ultime due settimane". Accusa a cui Johnson ha risposto difendendo "gli sforzi eroici" del servizio sanitario nazionale (Nhs) per portare il totale dei test eseguiti nel Regno dall'inizio della pandemia "oltre 17,6 milioni, più di qualunque altro Paese europeo", minimizzando i problemi e imputandoli all'impennata di richieste anche da parte di "persone che non hanno sintomi": frutto a suo dire dell'accresciuta "fiducia nel sistema".
Il premier britannico ha anche commentato lo stop temporaneo alla sperimentazione del prototipo di vaccino dell'università di Oxford, sottolineando che la ricerca su vaccini e terapie contro il coronavirus continua, "ma non ci siamo ancora" e i risultati finali "non sono certi".
Ha quindi indicato come strategia parallela e alternativa quella di incentivare i "test di massa" per tenere l'epidemia sotto controllo e puntare comunque a una sostanziale piena "normalità" entro la prossima estate. Come prima tappa ha fissato l'obiettivo dei 500.000 tamponi al giorno nel Regno Unito per fine ottobre; a seguire quello di arrivare a testare pressoché l'intera popolazione, incluse le persone sane, nei mesi successivi, attraverso l'utilizzo di kit super rapidi in via di sviluppo.