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Opinioni

Regno Unito: dopo la Brexit è allarme per le aggressioni razziste contro gli immigrati

Aggressioni in crescita del 57% nei giorni dopo la Brexit. Attaccato un centro polacco, bruciata una macelleria musulmana. David Cameron e il sindaco di Londra lanciano l’allarme. E gli attacchi non si contano, contro musulmani ed europei.
A cura di Michele Azzu
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Sono passati solo pochi giorni dal referendum in cui il Regno Unito ha deciso di uscire dall’Unione Europea, eppure già tanto è accaduto. Gli scontri al parlamento europeo. Il parlamento britannico che non sa come procedere, se avviare o no la Brexit, mentre l’UE chiede che il paese esca al più presto. La sterlina è in caduta libera.

Ma nel caos, sta accadendo qualcosa di più grave. La polizia britannica riporta che nei pochi giorni successivi al voto per la Brexit c’è stata una crescita di denunce per “reati di odio”, ovvero le aggressioni verbali e fisiche e le discriminazioni che vengono effettuate contro le persone per via della loro etnia, religione o orientamento sessuale (mentre in Italia il crimine d’odio non riguarda le aggressioni contro omosessuali).

Il Consiglio Nazionale della Polizia britannico riporta di una crescita del 57% degli attacchi razzisti contro immigrati, europei e non europei, e contro cittadini britannici di etnia asiatica (figli o discendenti di immigrati). 85 incidenti riportati fino a domenica, in soli quattro giorni, che nel frattempo sono con ogni probabilità cresciuti, stando alle news delle ultime ore. I video, i report, le foto ed i tweet che riportano questi attacchi razzisti sono cresciuti in maniera esponenziale negli ultimi giorni.

Ha suscitato molta indignazione, ad esempio, il video di un gruppo di ragazzi su un bus di Manchester che aggredisce verbalmente un passeggero di etnia indiana. “Vai fuori dal bus o ti buttiamo fuori noi”, urlano alla persona, che cerca di farli ragionare. Alla fine i giovani, visibilmente alterati, scenderanno dal bus mentre gli altri passeggeri cercano di venire incontro all’aggredito, che dice: “Ho fatto 7 anni nelle forze armate, sono in questo paese da prima che quei ragazzi nascessero”. Nella serata di martedi i giovani sono stati identificati ed arrestati.

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Non si tratta di un caso isolato. Nella mattina di domenica il centro culturale polacco POSK del quartiere di Hammersmith, a Londra, ha subito un attacco da parte di alcuni vandali non ancora identificati che hanno graffittato la facciata della sede con scritte xenofobe. E nella scuola di Saint Peter a Londra, dove ci sono anche bambini figli di immigrati polacchi, sono stati sparsi ovunque volantini – nella cassette delle lettere, nelle auto per strada – con la scritta: “Basta vermi polacchi”.

Al momento la polizia sta investigando entrambi gli accaduti. L’ambasciatore polacco a Londra ha denunciato le vicende su twitter: “Sono certo che i politici britannici, nostri amici, si uniranno a noi nel condannare questi atti spinti dall’odio”. E a seguire è arrivata la denuncia del premier (dimissionario il prossimo ottobre) David Cameron che in parlamento ha parlato di: “Atto spregevole”. “Nei giorni scorsi abbiamo assistito alla comparsa di un graffito razzista su un centro culturale polacco, e tante persone sono state aggredite per strada per via della loro etnia”, ha detto Cameron.

“Dobbiamo ricordare che queste persone hanno dato un grande contributo a questo paese”, ha concluso il premier. Anche il sindaco di londra, il neo-eletto Sadiq Khan – minacciato di recente dai gruppi di estrema destra come Britain First perché di religione musulmana – ha detto: “Ho messo in allarme la polizia metropolitana di Londra per combattere questi reati di odio”, mentre la più influente organizzazione musulmana britannica, la MCB, ha redatto un dossier con tutti gli attacchi di odio avvenuti nei giorni seguenti il voto per la Brexit.

Il risultato fa paura: una serie lunghissima di tweet e status di persone che sono state fermate per strada, sui bus, all’uscita dalle moschee. Sayeeda Warsi, influente membro del partito conservatore al governo, afferma di avere passato il weekend a parlare con le vittime di aggressioni: “Ho parlato con organizzazioni, persone ed attivisti che monitorano i reati di odio e mi hanno mostrato le testimonianze di chi dice di essere stato fermato per strada e a cui veniva urlato di andare via dal paese perché si è votato Brexit”. Si parla, in molti casi, di cittadini britannici nati e cresciuti nel paese, figli di immigrati.

I casi individuali non si contano. A Gloucester, Max Fras, un consulente polacco per i progettivi educativi dell’Unione Europea, si è ritrovato lo scorso venerdi del referendum in un supermercato in cui una persona ha urlato alle persone in fila di dichiarare se erano britannici o stranieri, altrimenti avrebbero dovuto lasciare il paese in 48 ore. C’è una donna anziana poalcca a cui una giovane ha intimato di scendere dall’autobus, mentre in diverse scuole si contano i casi di insulti razzisti verso i bambini figli di immigrati tedeschi, polacchi, rumeni.

Sono le testimonianze raccolte nell’album di Facebook “Segnali preoccupanti” (in inglese lo trovate come “Worrying Signs”), creato da Sarah Child, che in pochi giorni ha raccolto tantissime testimonianze fino a dover aprire un gruppo Facebook che ha già raccolto quasi 13mila iscritti. “Lavoro per il no-profit”, spiega Sarah a Fanpage.it, “E assieme a Yasmin e Natasha, una scrittrice freelance e una project manager, abbiamo voluto raccogliere queste storie in un album perché mettendole assieme hanno un impatto più potente, e rendono più difficile negare il problema”.

C’è il video ripreso con un cellulare di un uomo che ad Hackney, un quartiere di Londra, ferma l’auto per uscire e gridare a una persona asiatica dentro un’altra vettura: “Tornatene nel tuo paese!”. Una signora anziana polacca su un bus, un altra persona polacca in aeroporto, a tutti loro è stato urlato: "Tornate a casa vostra". La BBC riporta, inoltre, che lunedi pomeriggio a Walsall, poco fuori Birmingham (l’unica grande città britannica ad avere votato per la Brexit) un macellaio halal, quindi specializzato nella lavorazione della carne come prescritto dalla religione musulmana, è stato attaccato da un lancio di bottiglie molotov, a seguito di cui il locale è andato completamente bruciato.

E ora anche il premier del galles, Carwyn Jones, ha affermato che gli effetti della campagna referendaria razzista portata avanti dai sostenitori della Brexit si vedono per le strade del paese. “Abbiamo ricevuto tantissimi messaggi, ho perso il contro dopo i 2.000” dice Sarah Child a Fanpage.it, che ora assieme alle due amiche modera e raccoglie le più importanti testimonianze sul loro gruppo Facebook, ricordando a tuti che i reati di odio vanno denunciati alla polizia.

Fra i casi riportati su twitter c’è anche quello di un italiano: “Ero con una persona italiana ieri sera”, scrive su twitter Kirsty Allan, “è stato assalito per avere chiesto a qualcuno come aveva votato. È stato messo KO con una bottiglia e ha perso un dente”. Contatta da Fanpage.it, Allen preferisce non commentare per non pregiudicare le attuali indagini. Purtroppo è difficile pensare che non ci sia un nesso fra questa ondata di aggressioni razziste e la durissima campagna referendaria della Brexit che troppo a lungo ha sfruttato l'immigrazione come causa di tutti i mali del paese, con termini e slogan violenti, con i poster razzisti di Nigel Farage.

Ma ci sono anche le cose positive. Nel centro culturale polacco attaccato la scorsa domenica, ad esempio, dopo il graffitto xenofobo ora arrivano fiori e tantissimi messaggi di solidarietà da parte di cittadini britannici: “Cari polacchi, sono così dispiaciuto di quel che vi è accaduto”, recita uno dei messaggi riporta The Guardian, “Noi britannici siamo grati del grande contributo che date alla nostra società. Vi amiamo”.

Eppure, nonostante la solidarietà il problema esiste e ora il paese oltre a una crisi politica, oltre a una crisi economica e monetaria dietro l’angolo, si trova ad affrontare una difficile crisi sociale. Dai caratteri violenti. E diffusa in tutto il paese, dalla cosmopolita Londra alla conservatrice Birmingham. È questo il prezzo della Brexit. E a pagarlo saranno soprattutto gli immigrati, anche europei, che ora hanno paura.

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Michele Azzu è un giornalista freelance che si occupa principalmente di lavoro, società e cultura. Scrive per L'Espresso e Fanpage.it. Ha collaborato per il Guardian. Nel 2010 ha fondato, assieme a Marco Nurra, il sito L'isola dei cassintegrati di cui è direttore. Nel 2011 ha vinto il premio di Google "Eretici Digitali" al Festival Internazionale del Giornalismo, nel 2012 il "Premio dello Zuccherificio" per il giornalismo d'inchiesta. Ha pubblicato Asinara Revolution (Bompiani, 2011), scritto insieme a Marco Nurra.
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