Rabbia in Russia dopo l’attacco di Kursk: perché potrebbe dare forza all’Ucraina in un negoziato di pace
L’obiettivo dichiarato da Kyiv di voler “destabilizzare la Russia” con l’attacco penetrato di almeno 20 chilometri oltre il confine è raggiungibile, a giudicare dalle discussioni sui social ancora disponibili nel Paese di Putin, dai commenti disorientati dei media di Stato, dalle reazioni del Cremlino e persino dalla faccia del presidente. Un regime indebolito dalle critiche a Mosca e le conquiste nel territorio nemico, se mantenute, potrebbero dare più forza all’Ucraina in un ancora lontano ma inevitabile negoziato di pace.
Sempre più russi scontenti
“L’offensiva nella oblast di Kursk ha già un effetto politicamente destabilizzante”, dice a Fanpage.it da Mosca il più grande sociologo russo, Lev Gudkov, supervisore accademico del centro statistico indipendente Levada. Dall’ultimo sondaggio emerge che ormai solo un terzo della popolazione sostiene la continuazione della guerra.
“Il malcontento tra i russi è destinato ad aumentare, indipendentemente da come andrà l’operazione ucraina. Anche se il nostro esercito riuscisse davvero a fermarla in tempi brevi e a riprendere il controllo sui territori occupati, il danno è fatto”, spiega Gudkov. “Lo si capisce dalle discussioni sulle piattaforme ancora frequentabili su internet”.
Il terreno del confronto è Telegram. Anche perché Signal è stato bloccato dal governo pochi giorni fa. Le posizioni non sono univoche. Da una parte ci sono i guerrafondai più realisti del re, infuriati per l’incompetenza dei capi delle forze armate e per la disorganizzazione che ha aiutato il successo ucraino. Alcuni blogger militaristi, come Roman Alekhin vorrebbero punizioni severe per chi ha ordinato di mettere in fila uomini e mezzi a tiro dei missili Himars. Una colonna è stata completamente distrutta, si vede nei video postati.
Il dibattito su Telegram
Critiche simili arrivano anche dal canale Telegram Voyennyy Osvedomitel (Informatore militare) e da Rybas, che ha oltre un milione e mezzo di follower. Dato il silenzio imposto ai militari sia ucraini che russi, ogni informazione realistica su quanto sta succedendo nella regione di Kursk arriva da questi blog ultra-nazionalisti. E sono tutte brutte notizie.
“A Suzhda (cittadina di 7.000 abitanti a dieci chilometri dalla frontiera con l'Ucraina, sede di uno snodo chiave dell’unico gasdotto che ancora porta il gas siberiano in Europa, ndr) tutte le strutture amministrative sono state distrutte” scrive VChK-OGPU. “Compresa la prefettura e il quartier generale della Rosvgardia" (i ‘pretoriani' di Putin, che dipendono direttamente dal presidente, ndr). L’uso di armi chimiche di cui il governatore di Kursk ha accusato l’Ucraina? Non pervenuto.
“L’area è quasi completamente sotto il controllo ucraino: le affermazioni del Cremlino secondo cui l’offensiva nemica è stata fermata sono una grossa bugia”, dicono più fonti del canale Telegram. “Non c’erano comunicazioni, né supporto logistico. Nemmeno l’artiglieria è entrata in funzione”. Difficile verificare. Sembra però chiara la tattica: gli ucraini si muovono in diverse direzioni con unità motorizzate. E approntano difese nei territori conquistati.
Anche gli oppositori di Putin si informano sui canali dei guerrafondai. I loro punto di vista è ovviamente diverso. Molti i commenti soddisfatti per l’azione di Kyiv. “Abbiamo scatenato una guerra contro gli ucraini e ora gli ucraini ce la portano in casa”, è il più comune. Si ritiene l’attacco una lezione per Putin. Si spera possa contribuire a un futuro crollo del regime.
Più sfumata la posizione di Yabloko, l’unico partito di opposizione ancora in piedi, anche se gli viene di fatto impedito di esser rappresentato in parlamento. I suoi leader criticano il Cremlino ma si dicono costernati delle perdite e del caos nella regione occupata da Kyiv.
Disorientamento
“In ogni caso, che vengano dagli ultras della guerra o dai pacifisti anti-regime, l’oggetto delle critiche è Putin”, sottolinea Lev Gudkov. “È ancora presto per quantificare l’impatto sociale di quanto è avvenuto negli ultimi giorni: serviranno almeno due settimane per poter fare il punto. Ma l’impatto c’è. Anche se non si conoscono ancora gli scopi precisi né la durata dell’operazione ucraina”.
I media del regime stupiscono per la loro inconsueta onestà. Il Moskovsky Komsomolets ha scritto che “Zelensky ha fatto una mossa forte con ripercussioni per noi molto spiacevoli”. Addirittura la Rossiyskaya Gazeta, organo ufficiale del governo, ha parole critiche che sembrano per una volta affrancarsi dalla propaganda.
“I media di Stato sono disorientati”, commenta Gudkov. “Al momento propongono un mix di risentimento e aggressività. E nemmeno chi ci governa ha un orientamento chiaro, al di là dei cliché”.
Il Cremlino si è limitato a preannunciare “una risposta severa”, oltre a proclamare nella zona lo stato di emergenza e l'inizio di una "operazione antiterrorismo”. Con la consueta ipocrisia. Perché di invasione si tratta. Compiuta da “diverse migliaia di effettivi”: ha confermato Kyiv. Chiarendo che, al contrario di quanto ha fatto la Russia, non annetterà mai i territori conquistati.
Intanto, per difendere Kursk si stanno spostando le forze che premevano nel Donbass sui quadranti dove gli ucraini erano in maggior difficoltà. L’offensiva oltre confine potrebbe avere l’effetto — tra gli altri — di alleggerire la pressione russa su quel fronte. Mentre nei territori sotto attacco in Russia già ha provocato l’evacuazione di circa 121mila persone, ha detto il governatore della oblast.
La faccia di Putin
Putin negli ultimi due anni e mezzo ha continuato a ripetere che l’operazione militare speciale in Ucraina “va avanti secondo i piani”. Anche dopo la cocente sconfitta nella battaglia di Kyiv, all’inizio dell’invasione. Ora è ben chiaro a tutti i russi, putinisti e pacifisti, che le cose non vanno proprio per niente “secondo i piani”. Il patto sociale prevedeva che la guerra riguardasse solo volontari, minoranze etniche e mercenari. E che gli altri potessero non pensarci e continuare con la loro vita. Il patto è stato violato.
L’opposizione in Russia è stata schiacciata e resa inoffensiva, anche se di fronte a una profonda insoddisfazione popolare le cose potrebbero cambiare. Di certo, Putin non può sottostimare chi lo critica da destra. Prigozhin è morto e sepolto, fino a prova contraria. Ma la possibilità che qualcuno voglia emulare la sua rivolta del giugno di un anno fa non è da escludere. Intanto, il ricordo di come i mercenari della Wagner marciarono quasi indisturbati da sud della Russia in direzione di Mosca dev’essere inquietante, per il presidente.
“Il capo è di cattivo umore… non l’ho visto così dalla nostra ritirata da Kherson nell’autunno del 2022”, ha detto a Politika.Kozlov una persona che si occupa di organizzare gli eventi del Cremlino a cui partecipa Putin. Altri funzionari della presidenza hanno confermato alla testata online dell’autorevole Pyotr Kozlov che le espressioni facciali e le poche parole pronunciate in questi giorni dal presidente indicavano come fosse “insoddisfatto” e “infastidito”.
Negoziati lontani ma inevitabili
Secondo il presidente russo “Kyiv ci attacca per ottenere vantaggi nei negoziati, ma non ci sarà alcun negoziato, se le cose stanno così”. Alla fine, però, un negoziato dovrà esserci. “E certo che questa operazione può dare a Kyiv una posizione più forte al futuro tavolo per la pace”, nota Lev Gudkov.
È la prima volta che la Russia viene invasa dalla Seconda guerra mondiale. Se non andiamo errati, è anche la prima volta in assoluto che viene invasa una superpotenza nucleare. Al contrario di quanto avvenuto in altre fasi difficili, il Cremlino non ricorre alla solita narrativa su Armageddon. Forse c’è da preoccuparsi di questo silenzio. O forse no: tutte le linee rosse poste da Putin sono state superate senza risposte catastrofiche.
L’inizio del potere di Putin coincise, in un altro terribile agosto, con la tragedia del sommergibile Kursk, in cui 118 marinai russi morirono sul fondo del Mare di Barents senza che il presidente si degnasse di interrompere le vacanze. Le critiche feroci di allora, in una Russia ancora libera, portarono alla fine dell’indipendenza dei media e ad altre leggi repressive. Iniziò il regime. Scrive nella sua newsletter Tom Master, caporedattore di Novaya Gazeta Europe: “Sarebbe davvero poetico se fosse un altro disastro, proprio nella regione di Kursk da cui il sottomarino prendeva il nome, a costringere Putin ad andare finalmente in pensione”.