“Qui ci stanno bombardando come fosse il primo giorno”, a Gaza 116 persone uccise dall’annuncio di tregua
Immagina di aver appena sentito la notizia che, dopo 15 mesi di guerra, è stato finalmente raggiunto il cessate il fuoco, immagina di avere giusto il tempo di gioire con i tuoi amici, con tuo marito, tua madre, con i tuoi fratelli o i tuoi figli, quelli che sono ancora in vita, immagina di avere qualche ora per sognare il futuro, il ritorno a casa, e poi morire. È stato così per più di cento persone a Gaza, uccise dai bombardamenti israeliani nelle ultime 48 ore successive all’annuncio della tregua.
Mercoledì scorso, infatti, mentre nella Striscia di Gaza si usciva dalle proprie tende per radunarsi in strada e festeggiare l’accordo, l’esercito israeliano preparava le ultime bombe da gettare su Gaza prima di domenica, giorno in cui entrerà in vigore. “Qui ci stanno bombardando come se fosse il primo giorno”, urla al telefono Amina (che ci chiede di non citare il cognome) dalla sua tenda nel campo profughi di Shati, nel Nord della Striscia. “Ci stanno ammazzando, ci stanno ammazzando prima che arrivi la tregua” continua mentre il boato delle esplosioni interrompe la comunicazione.
Amina è fuggita da Jabalia all’inizio della guerra, quindici mesi fa, adesso è sfollata in un altro campo al Nord della Striscia e da lì non è mai andata via. “Da quando è stato annunciato il cessate il fuoco i bombardamenti sono solo aumentati”, racconta la donna non appena torna la connessione, “abbiamo paura, la situazione è molto difficile. Non possiamo uscire dalle tende, siamo terrorizzati, ma non abbiamo acqua e neanche da mangiare. Se sopravviviamo e domenica arriverà davvero la tregua, speriamo che anche qui al nord portino del cibo. Qui da mesi non c’è più un ospedale attivo, non ci sono medicine, le persone muoiono per un raffreddore”.
Di Gaza Nord non resta niente, solo un cumulo di corpi ancora ammassati l’uno sull'altro che aspettano di trovare pace, almeno sotto terra. “La prima cosa che farò se arriverà la tregua sarà seppellire i miei figli – continua Amina – qui ci sono ancora molti corpi che non sono stati sepolti e tanti altri ancora sotto le macerie o ai bordi delle strade, non li abbiamo mai potuti raggiungere perché era troppo pericoloso. Poi abbraccerò chiunque sia ancora vivo e scaverò tra le macerie della mia casa per fare posto ad una tenda, lì dove un tempo c’era la mia stanza”.
Qualche chilometro più a Sud, a Deir Balah, nelle strade dove mercoledì scorso centinaia di persone si sono radunate per festeggiare l’accordo tra Israele ed Hamas, oggi non c’è più nessuno.
“Stanno bombardando tantissimo sia a Deir al Balah che al nord, ma anche al sud sono state uccise delle persone”, dichiara Mohammed Almajadalawi ai microfoni di Fanpage.it “la gente adesso è terrorizzata, nessuno esce dalla propria casa o dalla propria tenda. Stamattina sono dovuto andare a cercare delle medicine, dovevo uscire per forza, per le strade non c’era nessuno. La gente esce solo per cose importanti e poi ritorna di corsa a casa”.
Secondo l'ultimo aggiornamento della Protezione Civile, il bilancio delle vittime nella Striscia di Gaza dal momento dell'annuncio dell'accordo di cessate il fuoco fino alle 17:00 di oggi è di 116 persone, di cui 30 bambini e 32 donne, uccise tra Rafah, Khan Yunis, Gaza City e il Nord della Striscia. Il numero dei feriti, invece, ha raggiunto quota 264.
“Nessuno vuole rischiare di morire proprio adesso, a poche ore dall’inizio della tregua – conclude Mohammed – aspettiamo domenica per rivedere la luce del sole”.