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Conflitto Israele-Palestina e in Medio Oriente

“Questa terra è intrisa del nostro sangue, non ce ne andremo”. Parla Abdul, chirurgo palestinese a Gaza

Un medico palestinese a Fanpage.it: “Non lascerò mai questa terra. Il presidente degli Stati Uniti non è il primo che cerca di uccidermi o deportarmi. Ma né io né gli altri palestinesi ce ne andremo mai. Gaza è intrisa del nostro sangue. Costi quel che costi, da qui non ci muoveremo”.
A cura di Davide Falcioni
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"Non mi interessa quello che dice Trump. Io non lascerò mai la Striscia di Gaza. Continuerò a visitare i miei pazienti, lavorerò ogni giorno per ricostruire quello che gli israeliani hanno distrutto. Gaza è Palestina. E la Palestina sarà libera". Non ha dubbi né tentennamenti il dottor Abdul W., chirurgo di 31 anni che ha attraversato dalla "trincea" dell'ospedale di Al Shifa i sedici mesi di guerra che come un uragano hanno investito la Striscia di Gaza causando oltre 45mila morti, centinaia di migliaia di feriti e un numero imprecisato di dispersi.

Il dottore ci risponde alla fine di un estenuante turno di lavoro: l'ultima volta che l'avevamo sentito, una decina di mesi fa, era scampato a un bombardamento che aveva preso di mira l'ospedale e che solo per puro caso non aveva causato nuove vittime. Quel giorno – era il 18 marzo 2024 – nella struttura sanitaria erano presenti circa 250 operatori tra medici, infermieri, amministratori, addetti alle pulizie, oltre a un numero molto elevato di feriti e sfollati.

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Da allora il dottor Abdul non ha mai smesso di aiutare feriti e malati, interpretando ogni giorno il suo non come un lavoro, ma come una missione di vita: "Sono sopravvissuto per grazia di Dio – ci racconta -. Sono stati martirizzati più membri della mia famiglia di quanti ne siano sopravvissuti". Ciò nonostante esclude ogni ipotesi di andarsene da Gaza e ricominciare in un altro Paese più stabile e sicuro, come Egitto o Giordania. "Non abbiamo mai lasciato e non lasceremo mai il nord di Gaza, nonostante l'assedio. L'occupazione ha distrutto tutto ciò per cui abbiamo lavorato, ma con l'aiuto di Dio ricostruiremo ogni cosa. I superstiti della mia famiglia vivono in due tende sotto una porzione di tetto di un edificio distrutto accanto all'ospedale. Anche io dormo lì per essere sempre pronto a visitare i miei pazienti".

Abdul trascorre le giornate tra le corsie dell'ospedale. Da quando ha avuto inizio il cessate il fuoco lo scorso 19 gennaio i raid dell'aviazione israeliana sono cessati e sono finalmente arrivati alcuni convogli di aiuti umanitari. Tuttavia "la situazione qui è ancora drammatica. La gente ha bisogno di acqua pulita, cibo, riparo dal freddo dell'inverno e più forniture mediche. Gli occupanti hanno distrutto tutto ciò di cui abbiamo bisogno per vivere, ma a noi Dio è sufficiente", dice Abdul.

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A cui evidentemente non importa molto delle mire imprenditoriali di Trump e dei suoi alleati, né del piano della Casa Bianca per trasformare la Striscia di Gaza in una "riviera" per ricchi turisti arabi o israeliani. Tanto meno al dottor Abdul importa ragionare degli equilibri geopolitici del Medio Oriente da riconfigurare dopo la pulizia etnica dei palestinesi. "Non lascerò mai questa terra. Il presidente degli Stati Uniti non è il primo che cerca di uccidermi o deportarmi. Ma né io né gli altri palestinesi ce ne andremo mai. Gaza è intrisa del nostro sangue. Costi quel che costi, da qui non ci muoveremo".

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