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Guerra in Ucraina

Quanto rischiamo davvero una escalation atomica, dopo la mobilitazione di Putin

Dobbiamo essere molto molto più preoccupati di prima. Dopo sette mesi, la guerra non fa che inasprirsi e incrudelirsi. Ed è sbagliato esultare per le vere o presunte difficoltà di Putin.
A cura di Fulvio Scaglione
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“E questo non è un bluff”. La parte più importante e più minacciosa del discorso con cui Vladimir Putin ha di fatto aperto una fase tutta nuova e assai più rischiosa nel conflitto con l’Ucraina, sta tutta in queste sei parole. Con questa piccola frase Putin ha detto agli ucraini e ancor più agli europei: attenti, sono pronto a usare le bombe atomiche. Vediamo perché si arriva a questa conclusione.

Pochi giorni fa, e proprio mentre la controffensiva ucraina segnava i suoi successi, le autorità delle Repubbliche secessioniste di Donetsk e Lugansk, oltre a quelle delle parti delle regioni di Kherson e Zaporozhye controllate dai russi, decidevano di tenere un referendum per l’annessione alla Russia.

Tutto in tempi rapidissimi: a voto tra il 23 e il 27 del mese, il 28 scrutinio dei voti, il 29 proclamazione dei risultati. Poiché l’esito è scontato (i votanti diranno sì all’annessione, il Parlamento russo approverà subito il tutto), per fine mese una parte importante dell’Ucraina (e comunque quella con le maggiori risorse naturali) per Mosca diventerà ufficialmente parte della Russia.

Poco importa che il resto del mondo non riconosca nemmeno i referendum, figuriamoci il loro risultato. Per il Cremlino (non a caso Putin, nel suo discorso, ha parlato della “grande Russia storica”), chiunque attaccherà le zone di Donetsk, Lugansk, Kherson o lo Zaporozhye starà cercando di invadere la Russia.

E la dottrina militare russa (cioè il documento che, di fronte alla comunità internazionale, definisce il comportamento che il Paese ha deciso di tenere in caso di conflitto) dice che la Russia si riserva il diritto di usare la bomba atomica in due casi: quando esse siano usate contro di lei e quando il Paese debba affrontare “una minaccia esistenziale” anche se portata con armi convenzionali.

Pare evidente che, dal punto di vista del Cremlino, uno sfondamento ucraino nel Donbass o nel Sud (a quel punto diventati territorio russo) sarebbe una minaccia di quel genere.

È chiaro dunque che con gli ultimi eventi tutti abbiamo fatto un passo avanti verso il coinvolgimento in una guerra atomica. Per molte ragioni. Perché Putin non può permettersi di perdere una guerra che ha scatenato con il proposito esplicito di “liberare” il Donbass e con quello implicito, e ancor più importante, di rovesciare l’attuale equilibrio internazionale che ha gli Usa al centro.

Perché gli ucraini non smetteranno di attaccare: si sentono appoggiati dall’Occidente e soprattutto dagli Usa del presidente Biden, che ha già promesso una reazione a un eventuale attacco atomico russo. Ma soprattutto perché le bombe atomiche che sarebbero impiegate non sono quelle a cui pensiamo di solito, tipo Hiroshima e Nagasaki, che porterebbero alla distruzione totale e reciproca.

Qui si parla delle cosiddette “bombe atomiche tattiche”, che sono tutta un’altra storia. Dell’arsenale nucleare russo abbiamo già parlato a suo tempo in queste pagine. E sempre qui altri hanno spiegato che cosa sono gli ordigni “tattici”.

Ci limitiamo quindi a ricordare che si tratta di bombe atomiche “piccole” (1 kilotone al massimo, rispetto ai 15 della bomba di Hiroshima), e che l’esercito russo ne ha almeno duemila nei propri magazzini. Possono essere lanciate in molti modi: rimanendo ai russi, con un missile Kalibr (gittata 1.500-2000 chilometri) o un missile Iskander (gittata 400-500 chilometri) ma anche con “normali” cannoni e persino con lanciatori portatili.

La distruzione è totale ma limitata nello spazio. Potrebbero essere impiegate per annientare un grosso reparto nemico, per esempio. Ma non solo. La Russia potrebbe usarne una contro Odessa, per conquistare la città conservando intatto il porto. Oppure contro una centrale nucleare ucraina. O lanciarne una su Kiev per eliminare la classe dirigente e abbattere il morale degli ucraini.

Impossibile? Improbabile? È ciò che dicono molti osservatori. Ma quali sono le nostre certezze? Dicono: se lo facesse, la Russia perderebbe l’appoggio dei Paesi che ancora la sostengono. Sicuri? Davvero la Cina, passato lo shock, smetterebbe di comprare gas russo se il Cremlino decidesse di radere al suolo Odessa?

E dicono anche: la reazione dell’Occidente sarebbe pesantissima. Sicuri? Davvero entreremmo in un conflitto atomico, con il rischio di veder arrivare ordigni nucleari sull’Olanda o sulla Germania o sul Regno Unito, per dire, se la Russia ne usasse uno in Ucraina per fermare il nemico? Noi italiani rischieremmo?

La realtà e un’altra: dobbiamo essere molto molto più preoccupati di prima. Dopo sette mesi, la guerra non fa che inasprirsi e incrudelirsi. Ed è sbagliato esultare per le vere o presunte difficoltà di Putin. La belva ferita è più pericolosa, non più incline a desistere.

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