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Opinioni

Quando a pagare sono sempre gli stessi, negli States come in Italia

Gli Stati Uniti ancora in piena crisi, la sfiducia dei mercati e le perplessità sulla situazione del nostro Paese: un quadro preoccupante ed incerto, che riflette il tramonto di quelle certezze su cui si è fondato l’intero sistema occidentale.
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Casa-Bianca

"Io sottoscritto prometto ai contribuenti del mio Stato che farò opposizione e voterò contro ogni tentativo di aumentare le tasse da parte dell'amministrazione". Comincia in tal modo l'appello sottoscritto dai deputati repubblicani (che sono in maggioranza) al Congresso statunitense, proprio all'apice della crisi politica e finanziaria che avrebbe potuto portare al default del debito statunitense. Una prospettiva giudicata dai più catastrofica e definitivamente scongiurata proprio da un accordo in extremis siglato da Obama e dai leader repubblicani e ratificato sia dai deputati che dai senatori statunitensi, peraltro senza che i due voti evidenziassero i malumori presenti in maniera trasversale agli schieramenti politici.

E del resto non poteva che essere questo il risultato di un accordo che è principalmente un "compromesso al ribasso" fra il Presidente ed i conservatori. Un insieme di misure urgenti e sommarie approntate sulla soglia del precipizio del default, con scelte inevitabilmente condizionate dalla necessità di non radicalizzare uno scontro che avrebbe portato al fallimento delle trattative: evidente, dunque, che da queste premesse non potesse che nascere un accordo controverso, osteggiato per opposte ragioni da parti consistenti di entrambi gli schieramenti. E se dai settori più intransigenti del partito repubblicano si grida allo scandalo per i tagli massicci nel settore della Difesa, indebolendo, per dirla con le parole di Graham, senatore vicino al Tea Party, "la nostra struttura militare proprio nel momento in cui siamo esposti a minacce crescenti", allo stesso tempo quella che si profila in casa democratica è una dura discussione sulla "strategia" complessiva anche in vista delle Presidenziali del prossimo anno.

CAPITOLO TASSE – Il vero nodo gordiano in casa democratica è il capitolo "tasse", terreno sul quale Obama ha investito molto per poi ritrovarsi sconfitto al termine della lunga maratona di confronto con i vertici dell'estabilishment repubblicano. Già, perchè nonostante la "ferma intenzione di chiamare i contribuenti più abbienti ad un atto di civiltà e razionalità", il Presidente non è riuscito a convincere i suoi avversari politici e, al tirare delle somme, "non un singolo dollaro sarà estorto" ai contribuenti statunitensi. Le risorse aggiuntive, dunque, arriveranno da tagli alla spesa corrente e dalla razionalizzazione di alcuni servizi, un modo indiretto per affermare che a pagare sarà l'intero "sistema Paese" e allo stesso tempo un vero e proprio assurdo logico secondo gli analisti democratici, che con buona dose di realismo vedono nel taglio della spesa un ulteriore deterrente alla ripresa economica.

E se a vincere è il concetto di "Stato leggero", con la repulsione per la parola "tasse" e la tendenza a sottostimare la portata di quella "tagli", a perdere ancora una volta è l'ala progressista ed innovativa dello schieramento democratico, che vede sacrificate gran parte delle spinte ideali e delle rivendicazioni sostanziali che avevano costituito il "rivoluzionario propellente" capace di portare Obama alla Casa Bianca. Quanto poi questo sacrificio sia stato necessario e funzionale, quanto sia condivisibile l'idea che i costi di una crisi (che affonda le radici in un capitalismo malato e tendenzialmente incapace di innovare senza distruggere il tessuto sociale delle comunità) possano ricadere sui settori più deboli, quanto resti valida l'ipotesi che un mercato disfunzionale ed ipertrofico sia in grado di "ritrovare equilibrio e stabilità", quanto poi sia concettualmente accettabile l'idea che le tasse siano "vessazioni orribili ed ingiuste da parte della sanguisuga statale" (tanto per citare un tristemente noto spot di un candidato conservatore alla Casa Bianca, che interpreta in realtà un sentimento diffuso e condiviso), tutto questo resta ancora da verificare e rimanda a considerazioni che nulla aggiungono ai termini dell'intesa, ma che certamente peseranno in maniera decisiva nelle prossime mosse dell'inquilino più potente di Washington DC.

SIAMO DAVVERO FUORI DAL TUNNEL? – E del resto, che i provvedimenti presi da Washington non siano che palliativi leggeri è opinione condivisa ed acclarata: un primo necessario passo verso una ridefinizione complessiva di strategie e programmi per affrontare una crisi profonda e strutturale che rischia (ancora) di trascinare nel baratro l'intero sistema economico occidentale. Un sistema che, non ce ne vogliano gli integralisti, necessita di un ripensamento radicale, di una diversa impostazione culturale che sia in grado di superare vecchie contrapposizioni ed "immaginare un mondo a misura d'uomo, in cui la logica del profitto ad ogni costo, che ha mostrato il suo volto più feroce con le speculazioni finanziarie" sia soppiantata dalla consapevolezza che nessun futuro migliore è immaginabile senza una equa ripartizione delle risorse, senza l'allargamento degli spazi di rappresentanza e la definitiva affermazione della preminenza dei diritti sul profitto, della solidarietà sull'arrivismo, dell'uguaglianza sul potere. Certo, discorsi viziati da massicce dosi di utopia, come quelli di un compianto ex Ministro, che nel pieno della polemica contro l'invasività del fisco, aveva il coraggio di sfidare l'impopolarità con parole dal valore altissimo:

La polemica anti tasse è irresponsabile. Dovremmo avere il coraggio di dire che le tasse sono una cosa bellissima e civilissima, un modo di contribuire tutti insieme a beni indispensabili come la salute, la sicurezza, l’istruzione e l’ambiente“.

E che non sia troppo tardi quando ce ne accorgeremo…

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A Fanpage.it fin dagli inizi, sono condirettore e caporedattore dell'area politica. Attualmente nella redazione napoletana del giornale. Racconto storie, discuto di cose noiose e scrivo di politica e comunicazione. Senza pregiudizi.
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