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Opinioni
Guerra in Ucraina

Quali sono i Paesi che rischiano l’invasione della Russia, dopo l’Ucraina

Svezia e Finlandia che vogliono entrare nella Nato. I Paesi baltici, con le loro basi e il loro supporto all’Ucraina. E poi Georgia e Moldavia e i loro territori contesi. Ecco perché Putin potrebbe non fermarsi a Kiev.
A cura di Fulvio Scaglione
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Chi altri rischia? È una domanda inquietante che però circola in tutte le ambasciate. Non a caso, Paesi come Finlandia e Svezia, che ancora pochi giorni prima dell’invasione russa in Ucraina escludevano di voler aderire alla Nato (la ministra degli Esteri svedese, Anna Lind, lo disse apertamente in Parlamento illustrando le linee della politica nazionale per il 2022), hanno cambiato posizione, anche sulla spinta dei timori dei semplici cittadini. In Finlandia, una petizione popolare in poche ore ha raccolto le 50 mila firme che, per legge, obbligano il Parlamento almeno a esaminare e votare la questione. Ed è un dato significativo perché la Finlandia ha combattuto una sanguinosa guerra con l’Unione Sovietica (1939-1940) e da allora è stata molto attenta a conservare una buona relazione con la Russia, con cui peraltro condivide un lungo confine (1340 chilometri). In Svezia, Paese tradizionalmente neutrale, cresce il consenso per l’adesione alla Nato: i più recenti sondaggi lo danno ormai prossimo al 50%, quota che comunque per gli svedesi rappresenta il record storico. L’evoluzione di un altro cambiamento storico per gli svedesi: il loro Governo ha clamorosamente deciso di inviare armi a un Paese in guerra, l’Ucraina appunto, cosa che non succedeva dal 1939, cioè da quando le armi svedesi andarono ad aiutare i finlandesi alle prese con l’Armata Rossa sovietica.

I Paesi baltici

In Europa occidentale si sentono sotto pressione anchei Paesi Baltici, in particolare l’Estonia. Qui, tra l’altro, ha sede la Cyber Unit Technologies, il quartier generale della guerra elettronica che, accanto a quella sul campo, l’Ucraina sta conducendo con grande efficacia. E quando i siti governativi russi sono stati attaccati dagli hacker, il Cremlino ha individuato nell’Estonia il luogo d’origine dell’attacco e l’ha denunciato come “un atto di guerra”. Un paio di anni fa, a una giornalista americana che gli chiedeva se avesse intenzione di invadere i Paesi Baltici, Putin rispose, tra l’ironico e lo sprezzante, che per andare da Mosca a Vladivostok in aereo lui impiegava più che tempo che per andare all’Onu a New York sorvolando tutta l’Europa. E che, quindi, non se ne faceva nulla dei Baltici. Però ora tutto è cambiato. E con l’exclave russa di Kaliningrad armata di missili nucleari, e la Bielorussia alle spalle, Lituania, Lettonia ed Estonia dormono sonni agitati.

Moldavia e Georgia

Altri due Paesi, però, si sentono in qualche modo nel mirino. Sono la Moldavia e la Georgia che, non a caso, vivono da molti anni una situazione comparabile a quella dell’Ucraina con il Donbass. In Moldavia, infatti, nel 1991 al crollo dell’Urss, ci fu il caso della Transdnistria, l’area popolata soprattutto da gruppi di lingua russa che, temendo (a torto o a ragione) la politica nazionalista della Moldavia diventata indipendente, realizzarono una scissione (simile appunto a quella del Donbass ucraino) che regge ancora oggi. Nella Transdnistria ci sono importanti guarnigioni militari e la Moldavia è un Paese fragile, povero e al 100% dipendente dalle forniture russe di gas e petrolio. Stesso discorso per la Georgia: nel 1991 l’area russofona dell’Ossetia del sud entrò in contrasto con il Governo georgiano nazionalista, ne nacquero disordini pesantissimi (almeno mille morti) finché, nel 1992, fu firmato un cessate il fuoco. Da allora, però, l’Ossetia, appoggiata dalla Russia, ha sempre goduto di uno status sostanzialmente autonomo. E nel 2008, quando i contrasti con la Georgia sono ripresi fino allo scontro armato, la Russia ha mosso l’esercito, facendo arrivare i sui carri armati fino a dieci chilometri dalla capitale Tbilisi. Non è un caso, quindi, se Moldavia e Georgia hanno chiesto di essere ammesse nell’Unione Europea con procedura d’urgenza. Sarebbe per loro un “ombrello” politico rispetto a eventuali aggressioni.

Detto questo, dobbiamo però anche chiederci quanto siano giustificati i timori dell’uno e dell’altro. Fermo restando che, dopo il varo un’impresa folle e sanguinosa come quella ucraina, i piani del Cremlino sono diventati in pratica imperscrutabili. Moldavia e Georgia non sono di alcun pericolo per la Russia. Muovere loro guerra sarebbe un atto di puro espansionismo militare, nell’attuale contesto incomprensibile. Però sarebbe anche facile, l’apparato militare russo avrebbe vita facile.

Attacco alla Nato

Certo sono più fastidiosi, per Mosca, i Paesi Baltici: per antiche ruggini del periodo sovietico, per le politiche discriminatorie che spesso hanno adottato nei confronti della minoranza russofona, e per la parte attiva che hanno avuto prima nell’attaccare la Bielorussia di Lukashenko (oggi schierata con la Russia) e poi nel sostenere la resistenza dell’Ucraina. Lettonia, Lituania ed Estonia, però, sono nella Ue e soprattutto sono nella Nato. Attaccare loro sarebbe come attaccare la Nato, che all’articolo 5 del proprio statuto prevede appunto l’obbligo di mutuo soccorso in caso di aggressione di un Paese membro. Sarebbe un disastro globale ma, soprattutto, un confronto che la Russia non può permettersi. La Finlandia (che nel 1939-1940 di fatto respinse l’Armata Rossa) e la Svezia, entrino o meno nella Nato, paiono fuori causa. Anche perché questi due Paesi hanno comunque relazioni strettissime con la Nato, che di certo verrebbe in loro soccorso.

In conclusione, considerando la politica, l’economia, la strategia militare e soprattutto la geografia, il Paese più a rischio pare oggi la Moldavia, schiacciata tra la Transdnistria, l’Ucraina e la Romania. I russi, che assediano Odessa, sono a 150 chilometri dalla capitale moldava Chisinau. Sono già alla porta. Speriamo che non decidano di varcarla.

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