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Guerra in Ucraina

Quali sono gli obiettivi dell’offensiva ucraina e perché c’entra il gas russo che arriva (ancora) in Italia

Fonti di Kyiv confermano la presa dello snodo di Sudzha, sull’unico gasdotto che ancora fornisce gas siberiano all’Europa. Prezzi in rialzo di oltre il 5% ad Amsterdam. “Uno stop improvviso dei flussi sarebbe uno shock”, dicono gli analisti. Lo studioso dei rapporti tra monopoli energetici e guerre Etkind a Fanpage.it: “L’attacco ha grande significato strategico, può cambiare il corso del conflitto”.
A cura di Riccardo Amati
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Mosca ci rimetterebbe 4,5 miliardi di euro all’anno, se l’attacco nella oblast di Kursk provocasse un’interruzione del transito del gas russo che tuttora arriva in Europa attraverso l’Ucraina. Il dato è stato elaborato dalla Reuters in base alle previsioni sui prezzi.

L’offensiva di Kyiv ha puntato dritto su Sudzha. La cittadina russa dieci chilometri oltre la frontiera ospita uno snodo cruciale del gasdotto Druzhba. Che arriva dalla Siberia fino alle case e alle aziende di Slovacchia, Ungheria e Austria. È l’ultimo rimasto a collegare il secondo maggior produttore mondiale di gas naturale ai suoi clienti europei attraverso il territorio nemico.

“L’Ucraina poteva comunque fermare in ogni momento il passaggio del gas, dato che avviene sul suo territorio”, nota lo storico culturale russo Alexander Etkind, che si occupa delle relazioni tra la produzione e il commercio di risorse naturali e le guerre, in particolare dopo l’invasione del Paese vicino da parte di Mosca. I rapporti privilegiati di Kyiv con l’Europa hanno però finora prevalso su ogni altra considerazione.

Alexander Etkind
Alexander Etkind

Ora tutto cambia. “A questo punto potrebbe essere la stessa Russia a chiudere i rubinetti”, ha detto all’agenzia di stampa Reuters James Waddell, responsabile per l’Europa della società di consulenza Energy Aspects. Per evitare di subire ogni tipo di ricatto da parte di chi ha in mano lo snodo chiave del gasdotto.

Un non meglio identificato consigliere di Volodymyr Zelensky ha confermato al Washington Post la conquista della stazione di misurazione da cui dipende il transito del gas. La notizia era stata data precedentemente da diversi blogger militari russi. C’è da crederci.

Ci hanno creduto fin da subito i trader del mercato all’ingrosso del gas ad Amsterdam. La mossa che ha sorpreso le forze armate di Vladimir Putin e lo stesso leader del Cremlino ha provocato un rialzo di oltre il cinque per cento, a più di 40 euro al megawattora, dei contratti di riferimento. Sono i cosiddetti Ttf (Title Transfer Facility), sui quali si regola il commercio del gas in tutta Europa.

Il prezzo non è mai stato così alto, nell’anno in corso. Che pure aveva già visto un aumento del 40 per cento da aprile, quando si iniziano a riempire i magazzini di stoccaggio.

“Una quantità importante di approvvigionamenti verrebbe persa, se i flussi dalla Russia all’Europa venissero a mancare improvvisamente” sottolinea Waddell. “Questo avrebbe un impatto sugli stock che erano messi in conto per la fine di ottobre”. Il momento più critico per i distributori europei, in vista dell’inverno.

Anche se l’Italia si è resa quasi del tutto indipendente dalle importazioni di gas dalla Russia — a metà del 2024 si sono fermate al 2% del totale, secondo i dati della Sam —  le forniture da parte di altri Paesi produttori potrebbero lo stesso finire per costarci parecchio più care.

Come per il petrolio valgono “i barili di carta”, per il gas valgono i “megawattora di carta”. Contratti future con cui si acquista qualcosa che ancora non esiste, che sarà originato nel futuro, appunto. Non è solo speculazione. È il mercato. Le risorse naturali si comportano come attività finanziarie, più che come beni, dicono da sempre gli economisti.

Il prezzo del gas non dipende tanto dal lavoro impiegato e dal costo di estrazione quanto dal viaggio che deve fare — attraverso infrastrutture complesse — per arrivare al compratore. I fattori che lo influenzano sono spesso indiretti. Chi compra deve farlo molto prima dell’utilizzo. Scommette sul futuro. Sono le aspettative, a decidere.

Il prezzo degli strumenti finanziari con cui si acquista deve premiare il rischio. Gas e affini hanno spesso la caratteristica di essere estratti lontano da dove vengono maggiormente utilizzati. E una deplorevole tendenza a esaurirsi. O a cambiare rotta per ragioni politiche e militari.

La percezione del rischio nel trasporto, anche se riguarda un’area specifica, viene vissuta da tutto il mercato. Un’interruzione delle forniture dalla Russia all’Austria crea aspettative di una generale carenza di offerta e aumenta i prezzi. Tutti i prezzi. Compresi quelli delle forniture algerine e azere per l’Italia.

Dalla stazione di transito di Suzhda sono passati in media 42 milioni di metri cubi di gas al giorno, negli ultimi mesi. Nella mattina di giovedì, mentre i combattimenti infuriavano intorno alla cittadina di frontiera, erano scesi a 37,2 milioni. Mentre scriviamo, sono rientrati nella media di un normale fine settimana. Sia il colosso russo del gas Gazprom che l’operatore ucraino del gasdotto hanno assicurato che l’operatività è per ora garantita.

Dopo l’invasione dell’Ucraina, la maggior parte dei Paesi europei ha ridotto o eliminato la dipendenza da Mosca e dalla Gazprom per l’importazione di gas. Non l’Austria, però. Nè la Slovacchia. Anche l’Ungheria si è tutt’altro che affrancata. Uno stop improvviso e anticipato del gasdotto Druzhba sarebbe uno shock soprattuto per Vienna, Budapest e Bratislava. Ma con ripercussioni in tutto il continente.

Non a caso l’Ue ha recentemente aperto negoziati per assicurare che il gasdotto rimanga in funzione anche dopo la scadenza del contratto di transito tra Russia e Ucraina, alla fine di quest’anno. Ancora non si sa da quali fonti lo si potrebbe alimentare. Fato sta che timore di un esaurimento di quest’ultimo flusso dall’Est spaventava da tempo le capitali europee.

L’operatore slovacco App prefigurava l’acquisizione del gas russo proprio alla frontiera di Suzhda da parte di un consorzio europeo. Adesso la cosa, che già appariva problematica, diventa oltremodo difficile da realizzarsi.

Unione Europea e Ucraina hanno chiesto una mediazione dell’Azerbaijan per negoziati con la Russia sul mantenimento dell’attuale accordo. Ma le due parti interessate se le stanno dando di santa ragione proprio sullo snodo chiave del gasdotto. La soluzione sembra ormai del tutto impraticabile.

La Commissione europea nei mesi scorsi ha sottolineato che esistono fonti di rifornimento alternative. L’Austria può importare gas da Italia e Germania, e le sue aziende di distribuzione hanno da tempo preso precauzioni in previsione della fine dei flussi siberiani. L’Ungheria può continuare a comprare gas dalla Russia anche attraverso il gasdotto Turkstream.

Una cosa è certa: l’azione ucraina è andata a toccare un aspetto capitale nelle decisioni politiche e nell’economia di chi questa guerra l’ha scatenata.

“I petrostati come la Russia hanno un doppio monopolio, quello sull’energia e quello sulla violenza”, afferma Alexander Etkind. “I proventi dalla vendita di petrolio e gas sono la maggior fonte di finanziamento dell’invasione dell’Ucraina”, commenta lo storico a Fanpage.it.

“La guerra di Putin è un ‘operazione speciale’ contro il popolo ucraino, la sua indipendenza e la sua cultura. Ma anche una più larga operazione contro il mondo moderno, la sua consapevolezza sul cambiamento climatico, la transizione energetica e la digitalizzazione del lavoro”, ha scritto Etkind nel suo saggio Russia Against Modernity (Cambridge, 2023).

L’attacco ucraino nella regione russa di Kursk “ha un significato strategico fondamentale”, ci spiega l’intellettuale russo. Anche perché la presa di Sudzha colpisce, più o meno direttamente, la stessa essenza del potere di Putin, lo zar del petrolio. E del gas. “Vedremo come questa offensiva potrà cambiare il corso della guerra”, conclude Alexander Etkind.

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