Quali sono gli obiettivi della controffensiva ucraina: parla l’esperto militare
Unico obiettivo è "il corridoio a Sud dell’Ucraina. E alla fine, tutto si giocherà sulla capacità dei russi di resistere al fuoco e sulla efficacia della loro catena di comando". Perché in questa guerra "hanno finora dimostrato un deficit in entrambi i fattori". Ma Mosca "ha raddoppiato le sue truppe e costruito un sistema difensivo a scaglioni che potrebbe essere efficace".
A parlare a Fanpage.it in videoconferenza da Tel Aviv è David Gendelman è un esperto militare russo-israeliano. “Per gli ucraini, conta soprattutto il numero dei mezzi, non la loro tecnologia. Ogni arma vale non di per sé ma per come viene utilizzata, e in quale contesto", ha spiegato.
Allora, è davvero iniziata la tanto attesa controffensiva?
"È nelle sue fasi iniziali. Le attività si sono moltiplicate in vari settori del fronte. Ma le battaglie più importanti devono ancora arrivare. Nei prossimi giorni o nelle prossime settimane".
Gli attacchi ucraini si concentrano nella zona di Zaporizhzha. Qual’è il suo valore strategico?
"Basta guardare la geografia. Se gli ucraini riuscissero ad arrivare al corridoio terrestre invaso dai russi nel sud del Paese raggiungerebbero davvero un obiettivo strategico importante, dividendo in due lo schieramento nemico, tagliando fuori la parte meridionale della regione di Kherson e spezzando le linee di rifornimento che uniscono la Russia alla penisola della Crimea. Per questo attaccano l’oblast di Zaporizhzia".
E Bakhmut? Anche lì gli ucraini sono all’offensiva. C’è certamente un motivo psicologico: sottrarre ai russi la città appena conquistata potrebbe assestare un brutto colpo al morale delle truppe di Putin. Ma è solo questo?
"A Bakhmut si tratta di tenere impegnate le riserve russe, in modo che non possano esser dislocate in settori più strategici. E una seconda ragione dell’offensiva in quella zona è che può essere un buon punto di partenza per indirizzare poi l’offensiva verso Mariupol e verso il sud. Il sud è la chiave. Ma non è detto lo si debba ingaggiare da una sola direzione. Anzi, può essere utile una doppia manovra".
La colossale alluvione provocata dal crollo della diga di Kakhovka sul fiume Dnepr aiuta le difese russe?
"Certamente renderà impossibile per un certo periodo di tempo l’attraversamento del fiume, quindi ostacola un’eventuale azione ucraina. Ma non è mica detto che i comandi di Kyiv intendessero far passare il fiume in quella zona dai loro soldati. Forse puntavano solo a creare qualche testa di ponte dall’atra parte, per tenere impegnate le riserve russe. Comunque, è chiaro che gli allagamenti aiutano Mosca: il fianco sinistro delle forze armate russe lungo il Dnepr è stato messo in sicurezza. Per ora gli ucraini non potranno passare in forze il fiume. E perciò diventa ancora più importante il fronte di Zaporizhzhia, che se sfondato permetterebbe alle forze di eludere il delta del Dnepr e di attaccare immediatamente il cruciale corridoio sud".
I russi hanno avuto un sacco di tempo per preparare le loro difese. Che tipo di difese hanno messo a punto? Cosa attende le avanguardie nemiche che cercano di avanzare?
"Le attende quella che in gergo si chiama “echeloned defense”, ovvero difesa a scaglioni. Le forze armate di Mosca hanno avuto sei mesi per costruirla con cura. Soprattutto sul fronte sud, dove il terreno non presenta ostacoli naturali importanti. È un sistema difensivo del tipo, in fondo, di quelli russo e tedesco sul fronte orientale della Seconda guerra mondiale. Trincee, campi minati e ostacoli anticarro e artiglieria. In teoria una “echeloned defense” può essere travolta da un’offensiva ben congegnata. Ma quel che è sui manuali di tattica e strategia delle scuole militari non sempre vale sul campo di battaglia".
Le forze ucraine possono contare su un sacco di nuovi mezzi. Ua novantina di mezzi blindati Striker, 100 carri leggeri Bradley, e poi i carri armati tedeschi Leopard appena arrivati. Danno loro davvero un vantaggio?
"Quello che importa è come vengono usati. Le caratteristiche tecniche non sempre sono fondamentali. Certo sarà un test importante, per questi armamenti".
Ma comparati con i mezzi russi, sono migliori?
"Non è questo il punto. Noi esperti militari non facciamo questo tipo di comparazioni. L’efficacia di un’arma dipende sempre dal suo utilizzo in un certo momento, su un certo terreno, in una determinata situazione. Tanto per chiarire: non è che gli ucraini puntassero ad avere armi modernissime o migliori di quelle dei russi. Hanno semplicemente chiesto all’Occidente di fornir loro più armi possibile. Perché ne avevano poche. Nei depositi dei tempi sovietici non era rimasto granché. Il problema per Kyiv erano i numeri. La qualità tecnologica degli armamenti è per loro secondaria rispetto alla quantità: necessitavano di più carri armati, più mezzi corazzati, più artiglieria. Vedremo se ora ne hanno a sufficienza. Il campo di battaglia è l’unico test affidabile, in questa materia".
Quanto tempo durerà questa controffensiva? Si cerca un blitz o ci son oda aspettarsi mesi di combattimenti?
"Secondo la mia esperienza, operazioni su questa scala si sviluppano e arrivano al loro esito nel tempo di settimane, più che di mesi. Dopo poche decine di giorni, le riserve normalmente sono esaurite e le truppe non possono continuare l’offensiva. Devono fermarsi".
E quali sono allora gli obiettivi della controffensiva? Mica penseranno di riprendersi tutti i territori occupati, come hanno spesso proclamato i vertici politici a Kyiv. Poche settimane certo non basterebbero…
"Un’operazione come quella che è stata avviata adesso deve per forza avere obiettivi limitati. Per recuperare tutti i suoi territori l’Ucraina dovrà lanciare una serie di controffensive simili. Una dopo l’altra. Se riuscirà, quest’azione raggiungerà un solo importante obiettivo strategico: l’interruzione “del corridoio sud” e delle linee di rifornimento russe. Ogni riconquista ad Est, nel Donbass, sarebbe un extra. Ma certo non si tratta di un’offensiva totale che mira a chiudere definitivamente la partita sul terreno.
Ma come son messe le forze armate russe? Le reazioni, anche politiche, alle incursioni sul territorio patrio son sembrate lente, quasi apatiche. E ora — se davvero son stati loro — fan saltare una diga. Come i tedeschi in Normandia prima del D-Day. Non è che sono un po’ all’ultima spiaggia?
"La distruzione delle dighe sul Dnepr non è un atto di disperazione. Lo fecero i sovietici nel 1941 per frenare l’avanzata tedesca e lo ripeterono i nazisti due anni dopo per motivi opposti. È una costante degli eventi bellici nel bacino del Dnepr. Al contrario, i russi rispetto all’ultima controffensiva ucraina della fine della scorsa estate hanno raddoppiato i loro effettivi, portandoli a 400mila soldati".
Ma i russi saranno in grado di combattere con convinzione ed efficacia? In passato non hanno avuto comportamenti molto soddisfacenti, in questo senso. A parte le dovute eccezioni.
"Tutto si gioca su due fattori. Primo, la capacità di resistenza delle truppe di Mosca sotto il fuoco nemico; secondo, la stabilità della loro catena di controllo e di comando. Entrambi i fattori durante questa guerra sono spesso venuti meno. Sono costati ai russi Karkhiv. Vedremo nei prossimi giorni se la situazione è per loro migliorata".