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Opinioni
Guerra in Ucraina

Quali saranno le tre prossime mosse di Putin per provare a prendersi l’Ucraina

Con la guerra in stallo, e gli obiettivi falliti, la Russia cerca di riorganizzare la propria strategia per conquistare l’Ucraina. Una strategia che passa da una nuova escalation militare e diplomatica.
A cura di Daniele Angrisani
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Come non manca di ricordare quasi ogni giorno su Twitter il profilo satirico @DarthPutinKGB sottolineando in maniera ironica la “maestria strategica” del presidente russo Putin, quella che doveva essere una operazione speciale di 3 giorni si è trasformata in una guerra che va avanti, con enormi perdite e senza una vera conclusione in vista, da più di 300 giorni.

È chiaro, perciò, che Putin abbia non solo sovrastimato le capacità del suo esercito, ma anche sottostimato la resistenza ucraina e soprattutto la volontà dei Paesi alleati di venire in suo aiuto.

Eppure, il presidente russo non ha alcuna intenzione di fare retromarcia; viceversa, la Russia si sta preparando ad una escalation militare e diplomatica per i prossimi mesi per cercare di ottenere almeno una parte dei risultati che si era prefissata.

Dopo il ritiro dalla zona occidentale della regione di Kherson, la Russia ha di fatto perso qualsiasi testa di ponte al di là del fiume Dnipro con cui poter attaccare l’Ucraina occidentale. Ciò rende estremamente complicato per le armate di Mosca potersi muovere contro città strategicamente importanti come Mykolaiv e soprattutto Odesa, il gioiello del Mar Nero, citata dallo stesso Putin ad inizio guerra come uno degli obiettivi fondamentali per i russi.

Vista la situazione difficile sul campo, Putin è stato costretto già sin dall’inizio dell’autunno a muoversi in altro modo per porre il mondo di fronte al “fait accompli”. A settembre, Mosca ha organizzato referendum farsa che hanno portato all’annessione di quattro regioni ucraine all’interno della Federazione Russa: quelle di Luhansk, Donetsk, Zaporizhzhia e Kherson.

Take annuncio è avvenuto nonostante la Russia al momento non controlli se non una nuova parte di questi territori.

Ad eccezione della regione di Luhansk che è pressoché integralmente sotto controllo russo al momento (ma verso la quale gli ucraini stanno avanzando in due direzioni, Svatove e Kreminna), la situazione nelle altre regioni è la seguente: più del 40% della regione di Donetsk, circa il 25% della regione di Zaporizhzhia e tutta la parte occidentale della regione di Kherson, incluso il capoluogo regionale che ha lo stesso nome, sono ancora nelle mani ucraine.

Allo stesso tempo, Putin ha dichiarato la mobilitazione parziale dei riservisti in Russia per aumentare il numero delle truppe russe impegnate in guerra di circa 300 mila soldati.

Molte di queste nuove reclute, spesso altamente impreparate e male armate, sono state inviate direttamente al fronte: alcune sono state temporaneamente inviate anche al di là del Dnipro nella città di Kherson nonostante le autorità russe sapessero che si trattava di un fronte impossibile da mantenere — ed infatti da lì a poco avrebbero dovuto ritirarsi sulla sponda sinistra del fiume.

La Russia, come abbiamo accennato in precedenza, ha anche ripreso gli attacchi missilistici su larga scala contro le città ucraine, mettendo nel mirino le infrastrutture residenziali e civili, in particolare quelle energetiche, causando blackout su larga scala nelle città ucraine e persino nella vicina Moldavia.

In risposta a questa nuova campagna di attacchi missilistici, Kyiv ha chiesto ai suoi alleati occidentali sistemi avanzati di difesa area missilistica e finora le richieste sono state accolte con un certo grado di successo. L’esempio più recente è l’annuncio del presidente americano Joe Biden, che è coinciso con la visita di Zelensky a Washington, di voler fornire all’Ucraina sistemi di difesa antimissilistica Patriot.

Finora si tratta di una sola batteria, ma è già un chiaro segnale di voler continuare ad aiutare l’Ucraina anche in questa nuova fase della guerra. Come ha chiaramente detto il presidente Biden di fianco a Zelensky in conferenza stampa: “continueremo ad aiutare l’Ucraina finché ne avrà bisogno”.

La seconda invasione

Vista l’apparente inamovibilità dei Paesi occidentali ed in particolare proprio degli Stati Uniti nel supporto all’Ucraina, Mosca sta anche provando a costringere l’Occidente a tagliare il suo supporto a Kyiv, alzando i toni in altri modi.

Oltre alle già citate minacce di uso di armi nucleari, che ogni tanto balzano all’onore delle cronache per le dichiarazioni di qualche alto funzionario russo come l’ex presidente Dmitry Medvedev o dei giornalisti della TV di Stato russa, la Russia sta ora facendo balenare la possibilità di una seconda invasione via terra da nord. Ma quanto è probabile che accada?

Diversi reparti russi sono arrivati in Bielorussia il 12 e il 14 dicembre, trasportando fino a 60 camion e veicoli da combattimento di fanteria Ural. Un gruppo di monitoraggio bielorusso afferma che l'equipaggiamento è stato destinato alle truppe russe di stanza nel poligono di addestramento di Abuz-Liasnouskiy, nella regione di Brest.

Il 16 dicembre, il sindacato indipendente bielorusso dei lavoratori delle ferrovie ha riferito di un'altra consegna di equipaggiamento militare russo ricevuta nella regione di Mahiliou, vicino al poligono di addestramento di Asipovichskiy, che ospita anch'esso truppe russe.

Il 20 dicembre, gli osservatori bielorussi hanno notato il ridispiegamento di attrezzature militari russe ancora più vicino al confine con l'Ucraina. In particolare, 23 carri armati T-80 e nove camion Ural e KamAZ sono stati trasferiti dal poligono di Abuz-Liasnouskiy a Luninets, nella regione di Brest.

Oltre 20 carri armati e circa 16 camion Ural sono stati invece trasferiti dal poligono di Lepelskiy, nel nord del Paese, a Slutsk, nella regione di Minsk. 20 veicoli da combattimento di fanteria e 7 camion Ural sono arrivati a Kalinkavichi, nella regione di Homiel.

Tuttavia, la quantità di attrezzature trasferite vicino al confine tra la Bielorussia e l’Ucraina viene ancora ampiamente considerata come insufficiente per attraversare la frontiera a sud, soprattutto dopo la débâcle dello scorso inverno.

Nondimeno, la presenza di queste truppe basta quantomeno per obbligare gli ucraini a mantenere pattuglie pronte ad intervenire nelle zone di confine a nord, impedendo in tal modo che vengano inviate come rinforzi nelle aree più calde del fronte.

Il Ministro della Difesa ucraino Oleksii Reznikov, da parte sua, ha affermato che il rischio di una nuova invasione da parte della Bielorussia persiste ma non ci sono minacce immediate.

Tuttavia, in una recente intervista rilasciata alla rivista britannica The Economist, Valery Zaluzhny, il comandante in capo delle Forze Armate ucraine, ha affermato di non avere dubbi sul fatto che la Russia "si scaglierà nuovamente contro Kyiv" nei primi mesi del 2023 e che gli ucraini devono essere pronti a respingerli nuovamente.

Il ruolo della Bielorussia

Durante un loro recente incontro a Minsk, i due dittatori Putin e Lukashenko hanno smentito le ipotesi secondo cui la Russia starebbe pianificando di costringere il Paese vicino a partecipare all'invasione dell'Ucraina; Putin ha invece parlato in termini vaghi di una partnership strategica tra i due regimi autoritari.

A queste smentite hanno fatto eco le parole del portavoce del Cremlino Dmitry Peskov, che anche lui ha escluso la possibilità di un coinvolgimento su larga scala della Bielorussia nell'invasione in corso.

Per il momento, le vere intenzioni di Putin e Lukashenko rimangono avvolte nel mistero. Pochi sono disposti a prendere per buone le loro smentite, anche visto il pregresso, ma è ancora troppo presto per identificare i preparativi specifici per una nuova grande offensiva da nord.

Da parte sua per Putin costringere la Bielorussia a entrare in guerra sarebbe un azzardo disperato che potrebbe facilmente ritorcersi contro. Ha già subito perdite catastrofiche in Ucraina e non può permettersi un'altra umiliante sconfitta militare.

Inoltre, come afferma anche Igor Girkin, l’ultranazionalista russo diventato uno dei più forti critici del Cremlino, c’è il rischio che le truppe bielorusse, se impegnate in guerra, finiscano con l’aprire il fuoco contro i russi invece che contro gli ucraini.

Tuttavia, con i suoi piani di invasione che si stanno rapidamente disfacendo e le sue opzioni che si restringono sempre di più, Putin potrebbe decidere che vale la pena rischiare anche questo.

La strategia diplomatica

La strategia di escalation militare russa si appoggia a quella diplomatica già in corso. In un'intervista rilasciata il 27 dicembre all'agenzia di stampa statale russa TASS, Lavrov ha dichiarato che il Cremlino continuerà a perseguire una soluzione militare alla guerra finché il governo ucraino non capitolerà sostanzialmente alle richieste della Russia.

Tra le altre cose Lavrov ha dichiarato che l'Ucraina e l'Occidente sono "ben consapevoli delle proposte russe sulla smilitarizzazione e la denazificazione" del territorio controllato dall'Ucraina e che saranno i militari russi a risolvere la questione con la forza se Kyiv “ed i suoi padroni occidentali” si rifiuteranno di accettare tali proposte.

Lavrov ha aggiunto che l'Ucraina e gli Stati Uniti devono riconoscere il controllo da parte della Russia delle regioni annesse di Luhansk, Donetsk, Zaporizhzhia e Kherson, sebbene una parte cospicua di queste regioni, come abbiamo visto, non sia ancora controllata da Mosca e che questa posizione rappresenti un punto morto per qualsiasi realistico possibile negoziato di pace.

L'invocazione di Lavrov di una soluzione militare per la guerra in Ucraina che raggiunga gli obiettivi bellici originari della Russia segue le dichiarazioni deliberatamente vaghe del presidente Putin, che aveva invece dichiarato che la Russia è aperta ai negoziati il 25 dicembre, sebbene non avesse formulato alcun piano specifico.

Con la sua strategia di finte aperture al dialogo il Cremlino intende sostanzialmente continuare a concentrare le sue rimostranze contro l'Occidente e a ignorare il più possibile l'Ucraina come entità sovrana in grado di decidere autonomamente per il proprio futuro.

Ciò serve a Putin in parte come sostegno della guerra di informazione in corso per dipingere l’operazione in corso come una “guerra contro l’Occidente” e di sfruttare la “stanchezza” di questo ultimo e spingerlo ad offrire concessioni preventive e a fare pressione sull'Ucraina per negoziare a condizioni favorevoli per Mosca.

Inoltre, è altamente probabile che il Cremlino non sia interessato a negoziati seri che producano una soluzione definitiva alla guerra in Ucraina, vista la sua posizione indebolita sul campo e la distanza dall’ottenimento degli obiettivi prefissati.

L’intento, piuttosto, sarebbe quello di ottenere una temporanea cessazione delle ostilità che consenta di rifornire le proprie Forze Armate per ulteriori campagne offensive contro l'Ucraina. Anche per questo motivo non bisognerebbe farsi troppe illusioni ed anzi bisognerebbe prepararsi ad una guerra che quasi certamente durerà ancora molto tempo.

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Daniele Angrisani, 43 anni. Appassionato da sempre di politica internazionale, soprattutto Stati Uniti e Russia. 
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