Nell’ultimo mese le forze ucraine hanno assunto decisamente l’iniziativa, operando quasi sempre con successo principalmente in due settori: quello di Luhansk e quello di Kherson, a nord della Crimea.
A questi successi ucraini, Putin ha risposto con due mosse: la mobilitazione "parziale" che gli consentirà di avere al fronte fra alcune settimane (o mesi) circa 300mila soldati aggiuntivi più o meno addestrati ed equipaggiati, ed indicendo i referendum farsa con i quali a fine settembre ha annesso i quattro oblast ucraini di Luhansk, Donetsk, Zaporizhzhia e Kherson.
Dette regioni, che peraltro all’atto dei referendum non erano neanche completamente sotto il controllo delle milizie locali filo russe e delle sue forze armate, continuano a essere oggetto dell’avanzata degli ucraini che giorno dopo giorno riconquistano il terreno perso all’inizio del conflitto.
L’attorcigliamento di Luhansk.
Risulta molto particolare la situazione che si stava creando qui nei giorni scorsi. Gli ucraini cercavano di sfruttare il successo ottenuto prima a Kupjansk e poi a Lyman tentando presumibilmente di superare e isolare Severodoneck da nord investendo l’asse Kremminaya (Kreminna) – Svatove. Contemporaneamente i russi più a sud continuavano ormai da settimane a premere verso ovest nell’area di Bakmut (al momento con maggiori difficoltà).
Sembrava che ucraini e russi si stessero volutamente "attorcigliando". Chi avesse ottenuto prima il successo in un settore avrebbe costretto l’altro nel settore con termine a tornare sulle proprie posizioni per non lasciare scoperto uno dei propri fianchi. Ancora oggi assistiamo a Luhansk ad una situazione molto fluida che comunque vede ancora gli ucraini in vantaggio tattico.
Nell’area di Kherson, invece, la situazione per i russi è ancora più difficile, almeno per quelle truppe che si trovano quasi isolate al di là del Fiume Dnepr a nord e a nord est della città. I rifornimenti dalla Crimea, che già trovavano difficoltà ad affluire in quanto i ponti sul fiume sono quasi del tutto inutilizzabili, ora saranno presumibilmente interrotti per un po’ di tempo.
La scorsa notte, infatti, ad est della Crimea c’è stato un attacco che avrà conseguenze nefaste sulla logistica (e sul morale) delle forze armate russe.
Il Ponte di Kerch, il cosiddetto ponte di Crimea, che unisce la penisola di Taman', nel territorio russo di Krasnodar, alla penisola di Crimea (recentemente annessa alla federazione con i citati referendum farsa), ha subito un attacco da parte delle forze armate ucraine.
Trattasi di un doppio ponte stradale e ferroviario costruito sullo stretto di Kerch che ha una lunghezza di 18 chilometri. È considerato il ponte russo più lungo ed è di vitale importanza per il sostegno logistico alle forze di stanza in Crimea e a quelle operanti a Kherson.
Le prime immagini mostrano la distruzione di una delle due careggiate stradali e l’incendio di un convoglio sul ponte ferroviario che presumibilmente è rimasto anch’esso danneggiato.
Ciò, unito alla difficoltà di navigazione nel Mar Nero e nel Mare d’Azov, dove la Marina russa ha subito già gravi perdite, causerà ulteriori gravi ripercussioni sulla condotta delle operazioni difensive russe a Kherson dove migliaia di soldati potrebbero rimanere ancor più isolati e scarsamente alimentati logisticamente.
Le forze ucraine stringono i russi in una morsa micidiale e Kherson potrebbe cadere da un momento all’altro.