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Quale scenario si prospetta per l’Ucraina ora che scricchiola il sostegno militare degli alleati

Il professor Breccia: “Non credo che arriveremo a un cessate il fuoco nei prossimi mesi perché Putin non vorrà mollare neppure un metro di territorio conquistato. Il leader russo ha giustamente l’impressione che il sostegno occidentale si stia sgretolando. Biden e Von der Leyen dal canto loro continueranno a dichiarare di voler sostenere Kiev fino alla vittoria. Sotto banco però inizieranno dei contatti tra Washington e Mosca per trovare una via d’uscita che possa salvare la faccia a tutti”.
Intervista a Professor Gastone Breccia
Storico ed analista militare
A cura di Davide Falcioni
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Quattro giugno, quattro ottobre. Sono passati 122 giorni dall'inizio della controffensiva ucraina che avrebbe dovuto permettere a Kiev di riconquistare vaste porzioni di territorio perso a seguito dell'invasione russa. Quattro mesi e migliaia di morti e feriti dopo la situazione del fronte invece è di sostanziale stallo: le armi inviate dagli alleati occidentali non sono state sufficienti e gli stessi russi hanno organizzato un sistema difensivo molto efficace che ha impedito a Kiev sfondamenti. Come ha dimostrato un'analisi condotta di recente dal New York Times la controffensiva ucraina si è infranta sulle fortificazioni e i campi minati russi e la linea del fronte, dopo estenuanti combattimenti e pesanti perdite, è rimasta sostanzialmente invariata.

Il fallimento della controffensiva comporta enormi rischi per l’Ucraina. Il sostegno occidentale potrebbe infatti diminuire presto, sia per mancanza di volontà politica sia per riluttanza a inviare altre armi da parte degli alleati. Le prime crepe si intravvedono già e sono molto preoccupanti: la NATO ha ammesso che le munizioni scarseggiano e – testualmente – "si vede il fondo del barile". Gli Stati Uniti potrebbero diminuire le forniture durante la prossima campagna elettorale e anche in Europa ci sono Paesi – Polonia, Ungheria e Slovacchia in primis – che non nascondono la loro riluttanza a continuare a sostenere Kiev. In questo quadro quali sono le prospettive future per l'Ucraina? Fanpage.it ha interpellato il professor Gastone Breccia, storico ed analista militare.

Gastone Breccia
Gastone Breccia

Innanzitutto, qual è la situazione al fronte? L’Ucraina ha compiuto dei progressi nelle ultime settimane?

Le mie fonti confermano che nelle ultime settimane è successo ben poco. Gli ucraini continuano ad avanzare di poche centinaia di metri, mentre i russi organizzano contrattacchi localizzati sui fianchi delle puntate offensive di Kiev. Senza entrare troppo nel dettaglio, gli ucraini stanno continuando ad incontrare grosse difficoltà a causa dei campi minati e delle fortificazioni nemiche, che stanno subendo importanti perdite ma non mollano. Il logoramento non è stato sufficiente fino ad oggi a provocare un crollo del fronte russo in nessun settore. In questo quadro oggettivamente molto difficile gli ucraini possono comunque contare su una nota positiva: da quanto mi risulta non hanno ancora impegnato il meglio delle loro forze, non avendo trovato ancora l'occasione per dispiegare le migliori brigate, quelle equipaggiate coi mezzi più moderni. Questi uomini non sono stati buttati nella mischia perché in nessun settore del fronte si è verificata una crisi russa.

Nei giorni scorsi l'esercito russo ha concentrato più di 10mila uomini a Bakhmut, dispiegando reggimenti di carri armati e paracadutisti. Quali potrebbero essere le loro intenzioni?

Una volta che si sarà esaurita questa lunga fase offensiva ucraina l'iniziativa – come un pendolo – tornerà inevitabilmente in mano ai russi, che verosimilmente punteranno verso Kramatorsk; quello è l'unico obiettivo sensato che possono raggiungere in questa fase del conflitto. Non credo che un nuovo attacco di Mosca deciderà definitivamente le sorti delle guerra: servirà soprattutto per consolidare la situazione in quel settore del fronte.

Secondo un’analisi del NY Times nonostante nove mesi di sanguinosi combattimenti, dall’inizio dell’anno meno di 500 miglia quadrate di territorio sono passate di mano. La situazione sarebbe quindi i sostanziale stallo. È d’accordo?

L'analisi del New York Times è corretta, ma va fatta una precisazione: il conto delle miglia quadrate occupate da russi e ucraini è ineccepibile, ma è anche un po' banale. Può capitare che un esercito occupi 200 chilometri quadrati che non contano niente dal punto di vista strategico, mentre il nemico può occupare 20 chilometri quadrati determinanti. Il conto della superficie occupata è un modo per quantificare l'andamento di un conflitto, ma occorre sempre condurre un'analisi più dettagliata e qualitativa, un po' come succede con il conto delle perdite. Durante la guerra in Vietnam gli americani non facevano che fornire i numeri dei morti e feriti nemici, però alla fine la guerra l'hanno persa lo stesso. Tornando all'Ucraina possiamo dire che sostanzialmente da molti mesi a questa parte il fronte è sostanzialmente stabile; le piccole conquiste ucraine sono al momento del tutto ininfluenti dal punto di vista strategico.

Si intravvedono i primi scricchiolii nel sostegno a Kiev: la NATO ha ammesso che scarseggiano le munizioni, i repubblicani USA chiedono di trovare una via d’uscita; in UE, Polonia, Slovacchia e Ungheria stanno frenando sugli aiuti. Che segnale è?

Sono segnali molto pericolosi per gli ucraini, significa che l'entusiasmo degli alleati si sta raffreddando. La Slovacchia e l'Ungheria contano ben poco dal punto di vista militare, però la Polonia è stata finora la prima alleata di Kiev in Europa. Di certo deve far riflettere il fatto che nel nostro continente si stiano moltiplicando le voci dubbiose, che sempre più leader siano stanchi di alimentare una guerra che non sembra andare da nessuna parte. Il vero problema però è negli Stati Uniti: Biden è un'anatra zoppa e se il Congresso non approverà il nuovo invio di aiuti per l'Ucraina sono guai seri. Da questo punto di vista per Kiev sarebbe stato fondamentale ottenere in questi mesi un successo militare netto; quel successo non c'è stato, e credo che prossimamente aumenteranno le pressioni per un cessate il fuoco sulle posizioni attuali. Anche gli americani diranno: "Noi vi abbiamo aiutati, voi non ce l'avete fatta. Ora arriviamo quantomeno a una tregua".

In questo quadro, quali sono le prospettive future? Che piega prenderà il conflitto?

A meno di grosse sorprese politiche non credo che arriveremo a un cessate il fuoco nei prossimi mesi, anche perché Putin non vorrà mollare neppure un metro di territorio conquistato. Il leader russo ha giustamente l'impressione che il sostegno occidentale si stia sgretolando ed è motivato ad andare avanti. Del resto, in mancanza di un successo militare ucraino è anche comprensibile che ciò avvenga. Biden e Von der Leyen dal canto loro continueranno a dichiarare di voler sostenere l'Ucraina fino alla vittoria. Sotto banco però inizieranno dei contatti tra Washington e Mosca per trovare una via d'uscita che possa salvare la faccia a tutti. Aggiungo un elemento di riflessione: nessuno sa davvero quanto sia logorato il sistema economico e militare russo. Sento dire che sono costantemente sull'orlo del crollo, però la verità è che non crollano mai. Certo, il rublo è carta straccia e questo significa che la Russia è schiava dei Paesi ai quali vende materie prime, Cina in primis. Mosca, di fatto, è in condizione di forte subalternità rispetto a Pechino.

A questo punto del conflitto in che modo i rapporti di forza tra Russia e Ucraina potrebbero pendere decisamente verso Kiev?

All'Ucraina servirebbero mille carri armati e non i cento che forse arriveranno nei prossimi mesi; il primo Abrams è stato consegnato pochi giorni fa e se ne attendono altri 12. Sono numeri ridicoli. Servirebbero poi tanti pezzi d'artiglieria e munizioni in più, ma la stessa NATO ha ammesso che si vede ormai il fondo del barile e anche i nostri arsenali si stanno pericolosamente svuotando, perché la produzione non regge il passo del consumo. Insomma, affinché Kiev possa vincere la guerra servirebbero tante armi, che non arriveranno mai. Si parla spesso di un invio sul campo di consiglieri militari americani e inglesi, ma direi che uno scenario del genere non è imminente e che del resto non sarebbe neppure risolutivo.

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