Quale sarà la risposta di Israele all’Iran: raid su Teheran o cyber attacco alle strutture nucleari
Il governo israeliano ha annunciato che risponderà all'attacco subito dall'Iran sabato scorso, raid per la prima volta condotto verso il territorio dello stato ebraico con centinaia di missili e droni in risposta allo strike aereo effettuato il primo aprile dalle Forze di Difesa Israeliane (IDF) contro l’Ambasciata iraniana a Damasco.
Sebbene gli Stati Uniti abbiano chiesto moderazione, e anche il regime di Teheran abbia dichiarato subito di considerare "chiusa" la disputa, il gabinetto di guerra di Netanyahu ha deciso che l'"affronto" non può restare impunito accrescendo sensibilmente i timori di escalation della guerra in tutta la regione. Questi timori sono giustificati? Quale potrebbe essere la risposta di Israele? E quali i rapporti di forza tra tel Aviv e Teheran nella malaugurata ipotesi che si dovesse arrivare a uno scontro diretto? Fanpage.it ha interpellato il professor Giuseppe Dentice, responsabile del Desk Medio Oriente e Nord Africa del CeSI, think tank indipendente focalizzato sull’analisi delle relazioni internazionali e delle dinamiche di sicurezza e difesa.
La prima domanda è d'obbligo: perché l’Iran ha deciso, per la prima volta, di superare la cosiddetta "linea rossa" ed attaccare Israele sul suo territorio?
In realtà quella iraniana è stata una reazione allo strike aereo condotto il primo aprile dalle Forze di Difesa Israeliane (IDF) contro l’Ambasciata iraniana a Damasco, che ha ucciso 11 persone tra cui Mohammed Reza Zahedi, un alto ufficiale dei Pasdaran in Siria e uomo di collegamento tra le milizie iraniane e il Corpo delle Guardie della Rivoluzione Islamica (IRGC). Di fronte a quell'evento Teheran non poteva restare a guardare; aveva la necessità di fornire una risposta, anche per ribadire la propria credibilità e dimostrare che a un attacco segue sempre una replica. Dopodiché, come è stato chiaro anche sabato notte, per l'Iran la questione poteva dirsi chiusa. Ora dovremo attendere la decisione di Israele: il pallino, in questa "partita di ping pong", è in mano a Tel Aviv. Di certo, comunque, siamo già in una fase di escalation: resta da capire se si riuscirà a tenerla sotto controllo.
Ed è vero che quello iraniano è stato un attacco "telefonato", come sostengono molti analisti? Ovvero, un attacco finalizzato più a rassicurare il fronte interno che a far male a Israele…
Sicuramente Teheran era intenzionata a dare una dimostrazione di forza, sebbene l'azione sia risultata un po' "inquinata": gli iraniani, infatti, avevano fatto trapelare delle informazioni attraverso il delegato d'affari svizzero, che a sua volta ha riferito quello che stava per accadere agli Stati Uniti. Anche Cipro, Turchia e Oman erano stati informati e sapevano che l'Iran avrebbe condotto determinate azioni. Ovviamente così facendo si è perso l'effetto sorpresa e Israele ha avuto tutto il tempo per prepararsi.
Dal punto di vista iraniano si può parlare di un attacco riuscito o di un fallimento?
I dati dicono che il 99% dei missili e droni sono stati abbattuti, mentre quelli che sono andati a segno hanno causato danni limitati colpendo obiettivi militari sulle alture del Golan e nel Negev. L'attacco, però, aveva soprattutto la finalità di mostrare all'opinione pubblica interna che l'Iran non intende essere un attore passivo nella regione. E da questo punto di vista si può parlare di un successo: ricordo infatti che la minaccia è stata presa sul serio non solo da Israele, ma anche dagli altri attori mediorientali, a partire da quelli arabi. Giordania e Arabia Saudita hanno infatti chiuso i propri spazi aerei per impedire il passaggio di droni e missili iraniani.
Insomma, l'attacco iraniano va interpretato in più modi…
Se l'obiettivo era causare dei danni l'attacco è stato certamente un fallimento. Ma da un'ottica politico-diplomatica l'attacco ha sortito l'effetto desiderato, ossia mostrare una chiara volontà di offesa senza trascendere in modo eclatante e correre rischi che potessero portare a uno scontro diretto immediato con Israele.
Israele ha annunciato che risponderà: quali sono le prospettive? Lo farà attaccando il territorio iraniano, i suoi alleati regionali o ricorrerà agli omicidi mirati, come molte altre volte fatto in passato?
Credo che nessuna ipotesi al momento possa essere scartata. Sui media internazionali sono trapelate indiscrezioni che riferiscono di un attacco informatico che vada a danneggiare le infrastrutture civili e militari iraniane, ad esempio quelle che hanno a che fare col nucleare. Ma si parla anche di un attacco – non sappiamo se aereo o missilistico – contro alcune strutture militari di Teheran. Queste sono le ipotesi che vanno per la maggiore. Ma al di là di quello che accadrà una cosa è certa: l'Iran si aspetta una contro-reazione da parte israeliana. Tel Aviv dunque risponderà: resta da capire quando e come. Più l'attacco sarà violento più linee rosse si infrangeranno, aumentando sensibilmente il rischio di una escalation.
E Tel Aviv potrebbe decidere di colpire l’infrastruttura di sviluppo nucleare dell’Iran?
Certo, è un'ipotesi. Ma come? Sarà un attacco militare con missili balistici? Israele condurrà invece raid aerei, dopo aver ottenuto il via libera a transitare sui cieli giordani e iracheni? L'ipotesi più verosimile a mio avviso è quella di un attacco cibernetico che può avere effetti massimi, raggiungendo obiettivi importanti senza la sensazionalità di un attacco militare canonico.
Storicamente le rappresaglie israeliane sono sproporzionate, come dimostra il massacro di Gaza post 7 ottobre (ma anche i precedenti storici sulla Striscia). È possibile che Tel Aviv decida anche con l’Iran di rispondere in questo modo, o opterà per una soluzione di maggiore "equilibrio"?
La razionalità suggerirebbe un approccio più equilibrato possibile. In gioco però ci sono vari fattori politici e la decisione non è solo nelle mani di Netanyahu, bensì del suo intero gabinetto di guerra. Qui convivono sensibilità diverse e vi sono anche posizioni estreme rispetto a quelle del primo ministro, ad esempio quella di Binyamin Gantz, ex capo di stato maggiore, che avrebbe chiesto una risposta durissima già sabato notte, mentre i droni iraniani erano ancora in volo. Se a prevalere dovessero essere queste sensibilità si aprirebbero inevitabilmente le porte a un conflitto diretto. Purtroppo al momento questo scenario non può ancora essere escluso.
Nel gabinetto di guerra israeliano vi è dunque una pluralità di posizioni. Ma cosa accade in Iran? A decidere è un "uomo solo", oppure anche lì è in corso un acceso dibattito?
Assolutamente. Anche in Iran si discute e tra gli stessi Pasdaran esistono anime diverse che si scontrano: ci sono certamente frange radicali, ma anche ali più pragmatiche. Insomma, non dobbiamo pensare che in Iran vi sia un blocco di potere monolitico bensì attori diversi che rispondono a elettorati e a interessi diversi. Come ovunque, vi sono i "massimalisti" ma fortunatamente anche soggetti ben più equilibrati.
Entrando nello specifico, quali sono i rapporti di forza militari tra Iran e Israele? In caso di scontro diretto, quali sarebbero le forze in campo?
Parliamo di realtà estremamente differenti. L'Iran ha quasi 90 milioni di abitanti, Israele meno di 10 milioni: questo dato demografico significa che il personale attivo è molto più numeroso in Iran rispetto a Israele, dove però i soldati sono molto più qualificati. L'aviazione di Teheran è piuttosto risicata, mentre Tel Aviv può contare su tecnologie molto più avanzate, messe a disposizione anche dai suoi alleati, USA e UE in primis.
Insomma, questi due attori hanno caratteristiche militari molto differenti; se vogliamo sintetizzare possiamo dire che l'Iran è molto competitivo in termini quantitativi, mentre Israele può far valere la qualità del suo dispositivo bellico. Dobbiamo inoltre tenere conto di un altro aspetto: Israele è ancora impegnata in una guerra a Gaza e gran parte delle sue risorse è dislocata lì, oltre che al confine con il Libano. Il quale, in caso di scontro diretto con l'Iran, diventerebbe la prima linea del conflitto in virtù degli ottimi rapporti che corrono tra Teheran ed Hezbollah, evento che ci auguriamo tutti non si verifichi mai.