“Putin non punta più a vincere, sta prendendo tempo”: ecco perché la Russia si è ritirata da Kherson
“Mosca non cerca nemmeno più di vincere”, ma la pace è lontana. Perché “le posizioni delle due parti sono troppo distanti”. E la ritirata di Kherson “non è un passo verso una trattativa”. È solo “un modo per creare un linea difendibile”. Mark Galeotti, tra i maggiori esperti della Russia e delle sue guerre, non crede che Vladimir Putin abbia lasciato la riva sinistra del Dnipro agli ucraini per aprire a un negoziato. Ha evitato la figuraccia in diretta lasciando che l’annuncio al Paese lo facessero il suo ministro della Difesa e il suo Capo di stato maggiore, mentre lui — il Comandante in capo — parlava su un altro canale Tv di come “minimizzare la minaccia della povertà per le famiglie russe”. Ma la “manovra” o “riposizionamento” di Kherson — come è stato definito sui media di Stato russi — è una sconfitta bella e buona. Ora lo zar “cerca solo di prender tempo” sperando di evitare la sconfitta totale, dice Galeotti. Il suo ultimo libro, Putin’s War — From Chechnya to Ukraine (Osprey 2022), è uscito l’8 novembre. Fanpage.it ha raggiunto l’autore al telefono mentre si trova negli Usa per una serie di conferenze.
Professor Galeotti, perché Putin ha ordinato il ritiro da Kherson? Ci sono motivi diplomatici oltre che bellici?
Sono essenzialmente motivi bellici: era impossibile difendere Kherson dopo che i russi avevano perso gli altri territori sulla riva occidentale del fiume Dnipro. I generali di Putin chiedevano la ritirata da settimane. Si trattava soltanto di creare una linea difendibile.
A quale scopo, lanciare una nuova offensiva appena i soldati da poco mobilitati saranno operativi?
Forse. Ma Putin non cerca nemmeno più di vincere. Cerca solo di evitare la disfatta.
In che modo cerca di evitarla?
Vuole trascinare per le lunghe la guerra, sperando che Kyiv “venga a più miti consigli”. E, soprattutto, che l’Occidente perda di entusiasmo nel sostenere la lotta dell’Ucraina contro l’invasione da parte di Mosca.
Ma quindi Putin potrebbe volere un cessate il fuoco, per prender tempo?
Certamente qualche tipo di pausa nei combattimenti, o almeno un loro rallentamento, sarebbe utile alle forze armate russe. Se per un periodo non gli piovessero addosso i micidiali missili Himars, avrebbero modo di ricostruire le loro linee difensive. E questa però è proprio una delle ragioni per cui Kyiv difficilmente acconsentirà a un cessate il fuoco.
Mosca negli ultimi giorni si è dichiarata pronta a negoziare.
La narrativa del Cremlino è che la Russia vuol negoziare senza pre-condizioni, al contrario di Kyiv. Ma sono solo parole. La verità è che non c’è proprio niente da negoziare. Perché le posizioni dei belligeranti sono troppo lontane tra loro.
I negoziati però potrebbero iniziare tra Mosca e Washington, che poi è l’unica controparte che i russi hanno detto di voler accettare: è stata annunciata una ripresa dei colloqui sul controllo delle armi nucleari. Potrebbe essere l’inizio di un processo di pace?
Al momento non vedo alcuna prospettiva di colloqui significativi, nemmeno sulle armi nucleari. Che poi dai colloqui sul nucleare possa nascere qualcos’altro che porti verso un processo di pace, mi pare una pia illusione. La stessa visione la hanno alcuni diplomatici europei a Mosca, con i quali ho parlato nei giorni scorsi.
Ma parlando con ambienti vicini alla diplomazia russa si nota che c’è chi vorrebbe una soluzione pacifica.
C’è senz’altro un dibattito a Mosca. Le “colombe” hanno meno voce dei falchi ma ci sono e vorrebbero in tutti i modi qualche tipo di soluzione. E cercano di convincere i duri e puri del regime per far uscire la Russia da questa situazione. Ma non vengono ascoltati.
Ci sono contatti più o meno segreti in corso tra russi e americani?
Gli unici contatti sono tra gli alti comandi militari e gli advisor per la Sicurezza nazionale, gli uomini di Jack Sullivan da una parte e quelli di Nicolai Patrushev dall’altra. E anche il ministro della Difesa russo Sergei Shoigu ha parlato al telefono con il suo omologo Usa. Ma la discussione è stata in gran parte dedicata alle squallide accuse del Cremlino a Kyiv riguardo a una ipotetica intenzione di Kyiv di usare una “bomba sporca” nel conflitto e dare la cola a Mosca per la conseguente contaminazione radioattiva. Senz’altro, nei successivi colloqui tra i capi militari russi e americani sullo stesso soggetto — la “bomba sporca” — si è andati anche oltre. Ma non si tratta di veri e proprie trattative con un obbiettivo diplomatico. Solo di chiarimenti riguardo a situazione belliche. Nondimeno sono colloqui importanti. Non ne abbiamo altri, di diretti.
E contatti indiretti?
Ci sono quelli indiretti. E questi sono colloqui diplomatici, non militari. Il Paese che sta facendo di più in questo senso è la Turchia. Sta facendo da “cassetta postale” per far arrivare messaggi a Mosca, a Kyiv e a Washington. Ma tutto questo è davvero poca cosa. Paurosamente poca cosa.