“Putin ha un disperato bisogno di trattare, ma vuole farlo da posizione di forza: ci sarà una seconda mobilitazione”
La decisione dell’Occidente di rifornire di carri armati pesanti le forze armate di Volodymyr Zelensky “indurrà Putin a proclamare una seconda mobilitazione in Russia” e intanto “allontana la già lontana possibilità di un negoziato”. Perché Putin “ha un disperato bisogno di trattare, ma vuol farlo solo da una posizione di forza, mentre le dinamiche per il Cremlino sono ormai tutte negative”. Abbas Gallyamov conosce bene il presidente russo: dal 2008 al 2010 ha lavorato nel suo staff, scrivendo i suoi discorsi. Parlare con lui consente di farsi un’idea di come Putin pensa e delle logiche che muovono la macchina del Cremlino. “Voleva troppo e ora rimpiange di non aver accettato quel che gli fu proposto nel marzo scorso”, dice a Fanpage.it. “Il prossimo arrivo sui campi di battaglia ucraini dei Leopard tedeschi, degli Abrams americani e degli altri tanks promessi a Kyiv “è spiazzante non solo dal punto di vista militare ma anche dal punto di vista politico”. Gallyamov ci risponde al telefono da Tel Aviv, dove vive dopo aver lasciato la Russia per ragioni di sicurezza.
L’Occidente ha superato una “linea rossa” non da poco, decidendo l’invio dei carri armati per combattere gli invasori russi. Eppure la reazione di Mosca è sembrata più stizzita che altro: un barrage di missili sull’Ucraina. Ma nessuna delle consuete minacce nucleari. Perché?
Perché al Cremlino hanno esaurito inutilmente i loro argomenti. Hanno usato la retorica nucleare fino a pochi giorni fa. Proprio per evitare che l’Occidente inviasse i tank. Non ha funzionato. La loro narrativa ha finito le munizioni.
Ma che succede? Devono ancora riprendersi? Aspettano che Putin dia la linea? Oppure magari hanno deciso una buona volta di smetterla di ricorrere alla spada di Damocle delle atomiche, come lo stesso alleato cinese ha consigliato loro di fare?
La dimensione nucleare potrebbe tornare presto a riempire le dichiarazioni da Mosca. Non è certo stata accantonata definitivamente. Piuttosto, è vero che i responsabili della politica russa sono al momento in uno stato di shock.
Contavano su un Occidente impaurito dalle minacce atomiche e dal ricatto energetico. Tutto invano, per ora. Un brutto colpo?
È una severa sconfitta. Indica che la situazione sta sviluppandosi con dinamiche negative, per il Cremlino. Fino a pochi giorni fa, l’Occidente sembrava aver paura ad agire. Ora non più. Qualcosa è cambiato. La catena degli eventi va contro Mosca. L’Occidente non rispetta più le linee rosse che la Russia aveva disegnato. E questo va contro le convinzioni dei maggiori sostenitori della guerra. Devono constatare che le cose non stanno andando come Putin le aveva delineate. Si rendono conto che qualcosa va storto. È certo un brutto colpo politico per il Cremlino, per la sua narrativa e per le sue posizioni.
Che farà adesso Putin? Quale sarà la prossima mossa?
Aumenta la probabilità che si faccia ricorso a una seconda mobilitazione, dopo quella del settembre scorso. Ora ci sono argomenti in più per giustificarla. Putin sta cercando di soppesare la nuova situazione. E di valutare i vantaggi militari e gli aspetti politici negativi che una nuova mobilitazione comporterebbe.
Il presidente russo dovrà anche tener presente che i carri armati in arrivo potrebbero velocizzare le operazioni militari. Finora considerava il fattore tempo suo alleato, perché in grado di aumentare la possibilità di divisioni nella coalizione occidentale che sostiene l’Ucraina. E adesso?
Sono aspetti strettamente militari in cui non mi addentro. Posso solo dire che tutto dipenderà dall’efficacia di questi tank occidentali. Che però mica sono ancora arrivati. È solo stato dichiarato che arriveranno. Come dicevo, ciò indica che sono in atto dinamiche negative per la Russia. Non certo che la Russia verrà sconfitta. E il fattore tempo è tutt’altro che un alleato di Putin.
Perché non lo è?
Se la guerra continua troppo a lungo, lui ci rimette in popolarità e la Russia va verso una rivoluzione. Per questo vorrebbe negoziare. Quando dice di voler negoziare, non sono solo parole.
Perché allora non c’è mai stata alcuna seria avance diplomatica? Tra l’altro, nel superare via via le “linee rosse” di Mosca, l’Occidente si è mosso passo dopo passo, lasciando spazi. Proprio come se volesse consentire alla Russia di fare qualche tipo di proposta negoziale.
Putin ha disperatamente bisogno di negoziare perché, contrariamente a quello che in molti pensano, una guerra lunga indebolisce la sua posizione. Ma vuole negoziare solo da una posizione predominante. Vuole essere quello che comanda, nelle negoziazioni. Vuole iniziare una trattativa solo se sta vincendo. E se gli ucraini stanno perdendo.
Eppure ci sono stati momenti per lui positivi in cui poteva lanciare una trattativa seria. Dopo le prime conquiste territoriali, per esempio. O quando l’Occidente è sembrato più titubante nell’appoggio a Kyiv. Perché non ne ha approfittato?
Perché i generali russi e Prigozhyn (il fondatore del gruppo di mercenari Wagner, ndr) promettevano a Putin che entro un giorno o una settimana o un mese gli ucraini sarebbero stati colpiti duramente. Hanno indotto Putin a credere che la situazione futura sarebbe stata migliore di quella attuale. E il presidente ha cercato di crearsi una posizione più confortevole dalla quale iniziare un negoziato. Non è interessato alla trattativa di per sé. Ma solo a una trattativa in grado di produrre per la popolazione e per le élite russe una prova della sua vittoria. Si deve capire che la sua unica legittimazione risiede nel fatto che sia considerato un vincitore, l’uomo forte in ogni situazione.
Che succede se agli occhi dei russi e delle élite vicine al potere Putin diventa un perdente?
Non riuscirebbe a esser rieletto. O lo sarebbe solo con brogli colossali. Per questo in Ucraina deve ottenere qualcosa che possa almeno somigliare a una vittoria. Ed è disposto a iniziare negoziati solo se nella posizione di dettare le condizioni.
Ha perso diverse occasioni.
E adesso le sue possibilità stanno diminuendo, dopo le ultime decisioni dell’Occidente. Sono assolutamente sicuro che si dispiace di non aver accettato le proposte che Zelensky aveva fatto in marzo (il riferimento è al documento presentato dalla delegazione ucraina durante il negoziato di Istanbul il 29 marzo 2022, ndr). Allora il presidente ucraino era disposto a dichiarare la neutralità di Kyiv e la permanenza al di fuori della Nato, oltre a garanzie internazionali sui territori occupati. Oggi risultati del genere Putin può sognarseli. E anche più tardi avrebbe potuto negoziare. Prima dell’arrivo dei carri armati occidentali. Adesso la situazione è ulteriormente peggiorata, per lui.
Quindi la possibilità che la Russia voglia negoziare adesso è ancora diminuita, con la decisione occidentale di inviare i tanks a Kyiv.
Non era vicina, questa possibilità. E al momento si è allontanata oltremodo. Poi, dipenderà dall’andamento della guerra. Se i tank saranno capaci di assestare un colpo così forte da indurre l’esercito russo a una ritirata scomposta, questo potrebbe addirittura forzare la volontà di Putin e portarlo a ragionare. Ma sarà difficile. Qualsiasi cosa succeda.
Lei in passato ha detto che se Putin non deciderà di farsi da parte e nominare un successore, in Russia potrebbe esserci un golpe o una rivoluzione. Quali sono gli elementi che la fanno pensare così?
Un colpo di stato militare non avverrebbe certo in un futuro imminente: le forze armate sono demotivate. In stato di shock. Pensavano di essere le migliori forze armate del mondo e son state prese a schiaffi dal vicino di casa. Ma le cose cambierebbero se Putin decidesse, visto il proseguire della guerra e il suo andamento negativo, di cancellare le elezioni presidenziali del 2024 — per la paura di un pessimo risultato — e proclamare la legge marziale. Senza una sua formale rielezione, la sua legittimazione precipiterebbe. Diventerebbe un usurpatore. Inizierebbe a essere odiato da una popolazione sempre più provata dalle difficoltà dell’economia, dall’abbassamento degli standard sociali e del tenore di vita, dal dramma dei caduti in guerra. E allora le forze armate potrebbero ritrovare una loro identità e decidere di cavalcare lo scontento. E vendicarsi di esser state gettate impreparate nell’avventura ucraina, per colpa degli errori di valutazione e delle bugie dei servizi di intelligence del presidente. Per non parlare degli errori politici di Putin: tra i militari, in pochi gli perdonano l’iniziale tentativo di prendere Kyiv in 24 ore, costato la vita a migliaia di soldati russi. Non c’era alcun motivo tattico o strategico. Fu solo un letale decisione politica. Le forze armate hanno molte ragioni per esser scontente di Putin. Quando sarà delegittimato e odiato dalla popolazione, allora sarà il momento del golpe.