L'Europa che rischia di tornare ai blocchi di partenza. Tutto ciò che abbiamo conquistato dal 1945 da difendere in ogni modo dalle tentazioni di chi vuole tornare indietro. La subalternità delle destre moderate nei confronti delle destre estreme. E poi Putin, Trump e Biden, cui chiederebbe di parlare cinque minuti per chiedergli di non ricandidarsi. Parla di tutto, lo storico britannico Timothy Garton Ash, in Italia per presentare il suo ultimo libro "Patrie. Una storia personale dell'Europa” appena pubblicato da Garzanti. E lo fa con la consapevolezza e con la preoccupazione di chi pensa che il momento che stiamo vivendo sia il più classico degli spartiacque della Storia. E che il destino che ci tocca, dipenda tutto da noi e dalle scelte che faremo.
Partiamo dalla fine del suo libro, Garton Ash. Dove lei si chiede se, dopo l’invasione dell’Ucraina del 24 febbraio 2022 siamo destinati a tornare al punto di partenza. Lei dice che fino a poco tempo fa non avrebbe mai immaginato di doversi porre questa domanda, ma oggi sì. Quindi: qual è la risposta?
Le rispondo con un gioco. Immagini che qualcuno si sia addormentato nel 1943 e si svegli oggi, ottanta anni dopo. Si fosse addormentato a Berlino o a Londra si risveglierebbe pensando di trovarsi in un mondo meraviglioso. Se si svegliasse in Ucraina, penserebbe che non è cambiato quasi nulla. Lì, siamo tornati davvero al punto di partenza.
Cosa vuol dire, quindi? Che di fatto il periodo tra la fine della seconda guerra mondiale e oggi non è stato altro che una grande parentesi?
No, non credo possiamo parlare di una parentesi della Storia. L’Europa si è trasformata, in questi ottant’anni. E ancora di più dalla fine della guerra fredda a oggi. Abbiamo costruito la miglior Europa della Storia. Ad esempio, l’Estonia non esisteva nel 1989 e oggi è un Paese libero. Puoi prendere un volo a basso costo e arrivare in un Paese libero, sicuro, prospero. E lo stesso vale per l’Unione Europea, un sogno che sembrava irrealizzabile solo a pensarci, fino al 1945. Il problema è che tutto questo è stato attacco, che le cose stanno andando in senso inverso ora. Oggi il grande tema è come difendere tutto ciò che abbiamo conquistato.
E come lo difendiamo?
Intanto, imparando dai nostri errori. Il principale dei quali è pensare che la pace fosse qualcosa che non andasse difeso. Che l’interdipendenza economica fosse il trucco per preservarla: se siamo dipendenti dal petrolio russo, e la Russia dalle nostre merci, non faremo mai la guerra. Bella illusione, come si è visto.
E quindi? E quindi prima di tutto, dobbiamo aiutare l’Ucraina a combattere e vincere. E dobbiamo difenderci da questo tipo di aggressione. E per farlo dobbiamo anche vincere contro quei milioni di nostri cittadini e compatrioti europei che sono d’accordo con quel che dice Salvini, quello che si metteva le magliette con la faccia di Putin, perché è più conveniente girarsi dall’altra parte.
E come si combatte? Metaforicamente o con le armi?
Partiamo da una premessa: Vladimir Putin è la cosa più vicina ad Adolf Hitler che abbiamo conosciuto dal 1945 a oggi. Non è uguale, ma è la cosa più vicina. È un fascista. E i fascisti vanno sconfitti. Detto questo, io credo che basti essere preparati a combattere. Se Putin capisce che l’Occidente è pronto a combatterlo, non lo combatterà mai.
Certo è che i partiti di estrema destra in Europa continuano a crescere. E molti di loro, dalla Lega al Rassemblement National, fino ad Alternative fur Deutschland non la pensano esattamente come lei su Putin…
Altra piccola premessa: io credo che il regime di Putin abbia le caratteristiche genuine del fascismo. Mentre le destre europee siano forze nazionaliste, populiste e xenofobe, sì, ma che col fascismo così come lo conosciamo da un punto di vista storico c’entrano poco. Questo non vuol dire che non siano una minaccia ai valori europei. Quando lasci affondare i barconi carichi di migranti perché hai paura dello straniero, tu stai violando un principio cardine dell’Europa unita.
A livello elettorale paga…
Non solo, ma l’azione di questi partiti sta spingendo a destra le forze cristiano democratiche e liberali. E sta rompendo ogni cordone sanitario che esisteva per porre ai margini queste estreme destre. L’estrema destra e la destra cristiano democratica sono alleate in Italia, in Finlandia, in Svezia e se avessero vinto pure in Spagna. Persino in Germania, dove era l’ultimo dei tabù, c’è un dibattito in atto nella Cdu se allearsi o meno con AfD.
Lei ha chiamato il suo libro “Patrie”. I militanti delle estreme destre europee si definiscono patrioti. Il concetto di patria, secondo lei, è la malattia o la cura?
Il patriottismo è l’amore per il proprio Paese. Il nazionalismo è l’odio per gli altri Paesi. Io credo che la differenza stia tutta qua. Io sono molto a favore del patriottismo e molto contro il nazionalismo. Io credo sia stupendo svegliarsi a Parigi o a Berlino da italiano e sentirsi comunque a casa. Che sia stupendo avere consapevolezza che abbiamo identità multiple e molteplici patrie.
Continueremo ad averle, o torneremo indietro a tal punto che ci rimarrà solo la nostra patria, contro tutte le altre?
Dipende da noi. Quando le cose andavano bene, pensavamo che fossero destinate ad andare bene per sempre. Allo stesso modo, ora che sembra che tutto torni indietro, ci fa pensare che sia inevitabile accada. Ma è proprio quel che è successo negli ultimi anni che ci deve convincere che non è così, che dipende da noi. Nulla è inevitabile. Nemmeno il ritorno nei nazionalismi. E le elezioni polacche che avranno luogo tra qualche settimana sono il primo test cruciale, ad esempio. Dipende dai polacchi: vogliono tenersi un regime populista e nazionalista che sta distruggendo il loro stato di diritto, o vogliono cambiare?
Ci saranno delle elezioni importanti pure negli Stati Uniti, tra un anno esatto. Sam Bankman Fried, un miliardario ora in prigione, pare volesse offrire a Donald Trump 5 miliardi per non ricandidarsi. Lei quanto gli darebbe?
Ha presenta la carta “esci gratis di prigione” del Monopoli? Ecco: Trump vuole quella, non cinque miliardi di dollari. Perché se non viene eletto presidente, va in galera. Lei gliela darebbe, quella carta? Io gli darei anche cento miliardi. Scherzi a parte, sono appena tornato dagli Stati Uniti e ho trovato un Paese peggiore di come l’avevo lasciato: triste, arrabbiato, impoverito e violento. Dovessero puntarmi una pistola alla testa e chiedermi chi vincerà nel 2024 tra Trump e Biden, direi Trump.
È quello che spera Putin…
Non solo lo spera. Sta lavorando affinché accada. Perché se vince Trump si tiene l’Ucraina, può continuare a uccidere e a bombardare altrove.
Domanda cattiva: quanto offrirebbe a Biden per non candidarsi?
Vorrei parlargli cinque minuti, se potessi.
E cosa gli direbbe?
Che è stato un grande presidente. Che ha battuto l’inflazione, che sta creando. Tanti posti di lavoro. Che sta spingendo forte verso la transizione energetica. E che sta facendo un gran lavoro in Ucraina. Gli chiederei se volesse essere ricordato così nei libri di Storia. Oppure come quello che ha perso contro Trump. Perché dovesse accadere, è così che sarebbe ricordato.