C’erano Ornella Muti, la figlia Naike, il pianista Lorenzo Bagnati e l’artista napoletano Jorit, quello dei murales. Quello che copiò la foto, protetta da copyright, di una bambina australiana spacciandola per una bimba del Donbass a suo dire bombardata dalla Nato. Ne fece una gigantesca riproduzione su un palazzo di Mariupol. Solo che la Nato non ha mai bombardato il Donbass e Mariupol è stata “sventrata”, come dicono certi professori universitari, dalle bombe di Putin. Erano a Sochi in occasione del Festival della Gioventù.
La delegazione italiana ha debitamente intonato con buona pronuncia l’inno russo, lo stesso dell’Urss ma con le parole cambiate dal papà di Nikita Mikhalkov, il famoso regista che — secondo Tim Snyder e altri storici della Russia e del totalitarismo — ha ispirato Putin consigliandogli la lettura delle opere del del filosofo fascista Ivan Ilyn. Della delegazione facevano certamente parte esponenti di Donbass Italia, risulta dai social. Degli altri, per ora non sappiamo.
Erano comunque in buona compagnia: 20mila giovani provenienti da 150 paesi, secondo il sito ufficiale e secondo la televisione propagandistica del Cremlino Rt. Le parole d’ordine sembrano quelle di una conferenza sulla digitalizzazione e il management change a Silicon Valley o dintorni. Il programma recita: “Giovani leader dinamici in arrivo da tutto il mondo per tuffarsi in una settimana di esperienza di cambiamento tra business, media, scienza, arte e altro. In connessione col mondo, per innescare il loro potenziale ed essere il cambiamento”.
La realtà è un’altra. Ovviamente buona pare dei giovani e meno giovani che hanno risposto all’invito sono in buona fede, stufi del sistema occidentale e in cerca di qualcosa di meglio. Ma potrebbero solo essere soggiogati dalla propaganda. Perché di meglio la Russia di Putin non ha proprio niente da offrire. E lo dimostra il discorso vuoto di contenuti che il presidente stesso ha inviato in video alla cerimonia di chiusura della kermesse.
Putin, in remote sul mega schermo di uno stadio tra migliaia di entusiasti, ha attaccato parlando di “valori tradizionali”. Mica di futuro. Ha detto che siamo tutti umani “perché seguiamo i valori tradizionali e perché nel mondo ci sono uomini e donne”. Punto. Qualsiasi cosa significhi. Ne ha conseguito che nel mondo “non c’è posto per l’eccezionalismo”. E che “anche se siamo nati uguali, non abbiamo avuto tutti uguali condizioni”. Il messaggio è “cercare di raggiungere questa uguaglianza di condizioni, perché mentre lo facciamo renderemo il mondo più democratico e sostenibile. E più trasparente”. La Russia “sarà sempre insieme a voi”, ha concluso Putin. “Le nostre porte sono aperte. Il futuro è già iniziato”.
Cosa abbia da offrire la Russia è chiaro: la guida di un mondo multipolare e non più a guida americana. Un mondo più giusto. Un mondo di uguali. Come in un libro di Orwell, però, c’ è qualcuno più uguale degli altri. La “guida”, appunto. Che certamente non considera “uguale” la confinante Ucraina, visto che l’ha invasa. Che considera “russi” anche altri territori su cui non ha sovranità. E che negli ultimi sei anni, secondo dati di Proekt, ha represso politicamente 116mila persone.
In Russia i prigionieri politici sono circa 600, stima conservativamente l’Ong Memorial, il cui presidente Oleg Orlov, Premio Nobel per la pace, è stato appena condannato a due anni e mezzo di galera per aver criticato il regime e la guerra. Uno dei prigionieri politici è morto il 16 febbraio scorso in circostanze parecchio sospette nella prigione più dura e più remota del mondo. Si chiamava Alexei Navalny. Aveva esposto con inchieste ben documentate la presunta corruzione di Putin e della sua classe dirigente. Voleva una Russia felice e democratica. I ragazzi di Sochi e Ornella Muti hanno solo una Russia piuttosto triste e totalitaria o quasi, da osannare. Contenti loro.
Giornalista e broadcaster. Corrispondente da Mosca a mezzo servizio (L'Espresso, Lettera 43 e altri - prima di Fanpage). Quindici anni tra Londra e New York con Bloomberg News e Bloomberg Tv, che mi inviano a una serie infinita di G8, Consigli europei e Opec meeting, e mi fanno dirigere il servizio italiano. Da giovane studio la politica internazionale, poi mi occupo di mostri e della peggio nera per tivù e quotidiani locali toscani, mi auto-invio nella Bosnia in guerra e durante un periodo faccio un po' di tutto per l'Ansa di Firenze. Grande chitarrista jazz incompreso.