Proteste in Iran, uccise 350 persone: ora si teme lo scoppio di una guerra civile
Continuano le proteste in Iran giunte ormai al loro terzo mese. Diverse le città coinvolte, teatro anche di scontri tra manifestanti e polizia che hanno portato alla morte di centinaia di persone: secondo i dati forniti dall'associazione umanitaria Iran Human Rights sarebbero almeno 342 le persone, tra cui 43 bambini e 26 donne, uccise dalle forze di sicurezza iraniane. Intanto sei persone sono state condannate a morte per aver preso parte alle manifestazioni, ovvero per “moharebeh“, “guerra contro Dio”, mentre circa 2.000 sono state arrestate.
Le proteste, scoppiate in seguito alla morte di Mahsa Amini, uccisa lo scorso 16 settembre a Teheran per mano della polizia morale perché non indossava il velo correttamente, si sono ben presto trasformate in un'ondata di rivolta contro il regime degli ayatollah.
Il caos determinato delle proteste è stato "sfruttato dai gruppi terroristici", hanno riferito i media locali: a Ize, nel Sud del Paese, uomini armati a bordo di motociclette hanno aperto il fuoco sui passanti e sulla polizia nel mercato centrale della città, uccidendo almeno sette persone, tra cui un bambino di nove anni di nome Kian Pirfalak e un membro delle forze di sicurezza, e ferendone 15. Sono state arrestate tre persone sospettate di aver fatto parte del commando.
Altre cinque persone, inoltre, sono state uccise nell'area di Isfahan, dove altri motociclisti hanno attaccato una sede dei Basiji. E secondo quanto riportato dal Guardian, vittime sarebbero state registrate anche dal Kurdistan. Secondo le agenzie di stampa statali, i terroristi avrebbero ucciso anche due poliziotti volontari. A Teheran il Grand Bazaar è stato chiuso, secondo fonti dei manifestanti. In un altro noto centro commerciale della capitale, diversi negozi sono stati chiusi e alcuni negozianti hanno gridato "morte al dittatore" riferendosi al leader supremo dell'Iran, Ali Khamenei.