Processo Assange, sentenza rinviata. La moglie: “Julian non sarà mai al sicuro negli Stati Uniti”
I giudici dell'Alta Corte di Londra prendono tempo. Il verdetto definitivo sul ricorso contro l’estradizione negli Stati Uniti di Julian Assange, il fondatore di WikiLeaks che l’amministrazione americana vuole processare per diffusione illecita di documenti riservati, era atteso ieri pomeriggio in conclusione della seconda e ultima udienza del processo a carico del giornalista e attivista. Victoria Sharp e Jeremy Johnson, giudici titolari del caso, hanno tuttavia deciso di rimandare la sentenza a data da destinarsi.
Negli USA Assange rischia 175 anni di carcere
Secondo alcune fonti, la sorte di Assange verrà resa nota intorno al 5 marzo. Entro quel giorno infatti le parti potranno depositare nuovi documenti a supporto delle rispettive istanze. La parola d’ordine, quindi, è ancora cautela. Se estradato, il giornalista australiano rischia negli USA una condanna fino a 175 anni di carcere per aver fatto circolare file che secondo Washington avrebbero messo a repentaglio la vita di agenti, informatori e interlocutori vari, ma che hanno anche (anzi, soprattutto) contribuito a svelare crimini di guerra attributi alle forze americane, dall'Iraq all'Afghanistan. La tesi americana è basata sulle accuse di violazione dell'Espionage Act del 1917, vecchia legge mai applicata per vicende di pubblicazione mediatica di documenti. Quella contro Assange si configura a tutti gli effetti come una persecuzione giudiziaria, e non a caso anche ieri centinaia di manifestanti si sono riuniti dinanzi alla sede del tribunale.
La moglie: "Julian non potrà mai essere al sicuro negli Stati Uniti"
"Julian non potrà mai essere al sicuro negli Stati Uniti: è il Paese che ha tramato per assassinarlo. A prescindere da quello che potrà fare l'attuale amministrazione, il Regno Unito sa bene che può accadere di tutto una volta che Julian si troverà sul suolo statunitense, soprattutto ora che mancano pochi mesi alle elezioni presidenziali", ha dichiarato al Fatto Quotidiano Stella Moris, la moglie di Julian Assange. In merito alle accuse la donna ha aggiunto: "Gli Stati Uniti ripetono le argomentazioni che il Pentagono ha fornito loro. Sono tesi prive di fondamento, ma su cui Washington insiste per cercare di portare i giudici dalla propria parte". Poi ha assicurato: "Non sappiamo cosa accadrà, ma io e i nostri figli lotteremo sempre per la libertà di Julian, ovunque ci porti la battaglia".