Primi arresti in Iran dopo l’avvelenamento di oltre 5.000 studentesse: “Colpite per aver manifestato”
Mentre sale a oltre 5mila il numero delle studentesse avvelenate in Iran, il vice ministro dell'Interno iraniano, Majid Mirahmadi, ha annunciato i primi arresti in merito a quello che in molti hanno definito un vero e proprio attacco terroristico. Non ci sono dettagli, ma il governo iraniano ha rigettato ogni accusa da parte degli attivisti che parlano degli avvelenamenti come dellavendetta da parte del governo stesso.
La causa sarebbe da ricercare nella partecipazione di molte studentesse alle manifestazioni anti governative e contro l'hijab obbligatorio esplose lo scorso settembre dopo la morte di Mahsa Amini, la 22enne di origine curda morta per mano della polizia di Teheran perché non portava il velo in modo corretto.
“Sulla base delle misure di intelligence e di ricerca delle agenzie di intelligence, alcune persone sono state arrestate in cinque province e le agenzie competenti stanno conducendo un'indagine approfondita”, ha affermato Mirahmadi alla tv di Stato. Intanto in varie città gli insegnanti iraniani hanno organizzato proteste contro il governo per i casi di avvelenamento, mentre le forze di sicurezza hanno interrotto molte delle manifestazioni usando cannoni ad acqua e gas lacrimogeni.
Finora almeno 127 scuole hanno segnalato casi sospetti di avvelenamento, secondo i dati raccolti dal quotidiano riformista di Teheran Etemad. Gli attivisti, che si identificano come appartenenti al Consiglio di coordinamento dei sindacati degli insegnanti dell'Iran, hanno affermato che la polizia ha usato spray al peperoncino e cannoni ad acqua per disperdere i manifestanti a Mashhad, Rasht e Saqqez.
Gli episodi, iniziati lo scorso novembre, hanno visto più di 5mila studentesse avvelenate. Secondo un docente del seminario di Qom, la città dove sono stati registrati i primi casi, un gruppo religioso estremista potrebbe essere responsabile del gesto perché si oppone al diritto di istruzione per le studentesse.