Primarie repubblicane, Romney vince nel Maine ma non convince
Mitt Romney porta a casa la sua quarta vittoria nelle primarie repubblicane per la nomination alle Presidenziali Usa di novembre. L'ex Governatore del Massachusetts è arrivato primo nel Maine con il 39% dei consensi, riscattandosi parzialmente dalle tre sconfitte di qualche giorno fa. Una vittoria che però non convince perché arrivata ancora una volta con solo pochi voti di distacco dal secondo, Ron Paul, che ha raccolto il 36% dei voti. Un risultato deludente anche perché nelle primarie del 2008 Romney qui aveva fatto un exploit con oltre il 50% dei voti e alla vigilia dell'appuntamento elettorale sperava in un verdetto più schiacciante.
CONFERMATA L'INCERTEZZA DEGLI ELETTORI – Un risultato che conferma l'instabilità del voto repubblicano che è fortemente spaccato al suo interno tra conservatori e moderati, e che ancora non ha trovato un vero leader a cui affidare le sorti del partito nella sfida contro il Presidente Obama. Analisi confermata anche dal risultato degli straw poll della Conservative Political Action Conference, il sondaggio svolto dai conservatori alla conferenza di Washington, infatti, vede vittorioso il moderato Romney con il 38% dei voti, ma seguito a breve distanza da Rick Santorum, l'ultra conservatore trionfatore negli ultimi tre Stati in cui si è votato, Minnesota, Missouri e Colorado.
PROSSIMO APPUNTAMENTO IN ARIZONA E MICHIGAN – Il voto del Maine non assicura delegati per il momento perché tutto è rimandato alla convention di maggio, eppure segna sostanzialmente la divisione dell'elettorato dell'elefantino. Lo straordinario risultato del texano ed estremo libertario Ron Paul e lo scarso successo di Rick Santorum, che ha collezionato solo il 18% dei consensi e di Newt Gingrich che si è fermato al 6%, complicano ancora di più le cose. Il prossimo appuntamento con le primarie repubblicane è per il 28 febbraio, quando saranno chiamati ad esprimersi gli elettori di Arizona e Michigan, ma il vero banco di prova, dove tutti i candidati si stanno impegnando a fondo, è per il supermartedì del 6 marzo quando si voterà in 10 stati e il cui risultato potrebbe metter fine alla lotta per la nomination.