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Presidenziali in Russia, escluso il candidato che vuole la pace: “Nadezhdin era un barlume di speranza”

L’aspirante candidato Boris Nadezhdin bocciato dalla Commissione espressione del Cremlino. “È un vero liberale”, dice a Fanpage.it un suo amico. “Al vertice non hanno più bisogno di fingersi democratici”, spiegano gli osservatori. E ancora: “Nadezhdin era troppo rischioso per Putin, le elezioni saranno un referendum sulla guerra”.
A cura di Riccardo Amati
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Boris Nadezhdin
Boris Nadezhdin

Il Cremlino non aveva bisogno di Boris Nadezhdin. Altrimenti, non avrebbe cassato la sua candidatura. Perché i candidati in Russia li sceglie il Cremlino, tanto per chiarire. Evidentemente, i rischi di farlo correre per le presidenziali erano più alti dei vantaggi. Non nel senso che potesse vincere, non scherziamo. Il fatto è che Nadezhdin era diventato il candidato dell’intera opposizione e di tutti i pacifisti. Eh sì: qualcuno storcerà il naso dalle nostre parti, ma essere pacifisti, essere contro la guerra, in Russia significa essere contro Vladimir Putin.

"Questa decisione significa che il Cremlino non necessita di alcuna — seppur minima — concorrenza in un’elezione di tipo referendario", dice a Fanpage.it da Mosca l’analista politico Andrei Kolesnikov. "La possibilità che un candidato liberale prendesse una percentuale significativa del voto era un rischio troppo grande".

Considerazioni analoghe da parte dell’ex collaboratore di Putin Abbas Gallyamov: "Le elezioni saranno un momento molto delicato per il regime. Perché più che di eleggere un presidente si tratterà di votare per la guerra o per la pace", dice a Fanpage.it il politologo che scriveva i discorsi dello zar. "Sarà una specie di referendum. E se troppi elettori scegliessero la pace, il governo dovrebbe allora falsificare il voto. Ciò provocherebbe scontento. E forse anche una sollevazione di popolo". Secondo l’ultimo sondaggio dell’istituto statistico indipendente Levada, il 50% cento dei russi vorrebbe la fine della guerra in Ucraina.

Vladimir Putin
Vladimir Putin

"Nadezhdin ha dato a molti un barlume di speranza", nota Andrei Kolesnikov. Nadezhda in russo vuol dire "speranza". "All’improvviso e in modo del tutto inaspettato, Nadezhdin ha canalizzato il discontento, è diventato uno strumento per manifestare emozioni anti-Putin, ha aperto una finestra di opportunità per liberarsi del sentimento di personale impotenza proprio di questi tempi, i più bui degli ultimi quarant’anni per il Paese".

La gente non può uscire a manifestare perché viene immediatamente arrestata. Andare a firmare per la candidatura di Nadezhdin invece era legale. Pericoloso, perché ci mettevi la faccia. E anche nome, cognome e indirizzo. Ma legale, fino a prova contraria. Per la prima volta da parecchio tempo ci si era accorti che è possibile avere una posizione contro la guerra e la politica del regime. E la gente ha letteralmente fatto la fila per depositare la propria firma a sostegno della candidatura dell’uomo che stava dimostrando a tutti che si poteva uscire dal conformismo e avere coraggio.

La Commissione centrale per le elezioni, coadiuvata nella cernita dal ministero dell’Interno, ha trovato non valide più di 9mila delle oltre 100mila firme depositate dal candidato anti-Putin. Nei giorni scorsi si è parlato di un "giallo" interno alla candidatura stessa, con litigi tra i collaboratori di Nadezhdin, alcuni dei quali avrebbero volutamente "invalidato" i documenti da sottomettere alla Commissione. Tutto è possibile. Fatto sta che — come abbiamo potuto osservare personalmente sia durante le politiche del 2016 che durante le amministrative del 2021 — decretare che parte delle firme sono illegali è il modo preferito dalla Commissione per bocciare i candidati sgraditi al Cremlino. Pensare a qualche trucco o a sabotatori infiltrati nella compagine dell’aspirante concorrente è tutt’altro che insensato.

"Che la decisione sia stata o meno presa in tandem con l’amministrazione presidenziale in fondo è irrilevante", sottolinea Kolesnikov. "I commissari sapevano benissimo da soli che era meglio tener fuori Nadezhdin". La Commissione centrale è composta da quindici membri nominati in modo paritetico da Putin, dalla Duma e dal Consiglio federale (il Senato russo). Nella Duma e nel Consiglio federale non sono presenti partiti o singoli parlamentari che si oppongano al governo. Ogni opposizione è "sistemica", come la definisce il governo stesso. Ovvero, non è vera opposizione. Non vota mai contro. La Commissione, insomma, è espressione pressoché diretta del Cremlino.

In altri momenti, prima della guerra, Putin avrebbe potuto aver bisogno di un Nedezhdin. Allora gli spin doctor del presidente facevano calcoli sulla minor astensione che un candidato "anti" poteva favorire. O facevano considerazioni sull’opportunità di far partecipare un oppositore "vero" per dimostrare che la Russia è "democratica". Così si poteva anche prevedere di accettare o creare di sana pianta un candidato spoiler.

Andò così con Ksenya Sobchak nel 2018. La candidata teoricamente antigovernativa fu fatta partecipare. Anche perché ammise candidamente che non avrebbe mai potuto parlar davvero male di Putin. Il quale una volta, con un’operazione di "estrazione" in perfetto stile Kgb, aveva salvato dalla galera o peggio il padre Anatoly Sobchak, l’ex sindaco di San Pietroburgo ed ex capo dell’attuale leader del Cremlino.

Negli ultimi due anni il livello di cinismo del regime si è notevolmente alzato. Il desiderio di dimostrare "democraticità" all'interno e fuori è parecchio scemato. Resta la sbandierata ricerca di una presunta "legalità", anche perché cara al presidente per la sua formazione giuridica. Che poi molte leggi recenti siano del tutto incostituzionali e la magistratura dipenda dall’esecutivo, poco importa. Fatto sta che il vertice del potere si è quasi subito pentito di aver permesso a Nadezhdin di raccogliere legalmente le sue firme. E così, il candidato Nadezhdin non c’è più. O quasi.

"Nadezhdin continuerà a perseguire la sua carriera pubblica", prevede Kolesnikov. "Volente o nolente, è coinvolto nella politica interna del Paese. Ed è una caratteristica del tutto unica, viste le caratteristiche del totalitarismo ibrido che ci governa". Con quali conseguenze il candidato escluso farà ancora politica? "Questo non è chiaro", spiega l’analista moscovita. "Perché la scala della repressione in Russia è gigantesca. Una cosa che in Occidente non si riesce proprio a capire. E ogni frase pronunciata da Nadezhdin potrebbe costargli parecchio cara, anche se lui si è dimostrato molto abile e attento nella sua narrativa".

Intanto, ha annunciato che farà ricorso alla Corte Suprema. Senza speranza. Di nuovo un gioco di parole in russo. E di nuovo un organismo costituzionale, la Corte, completamente obbediente al Cremlino.

Nadezhdin ha 60 anni. È del partito Iniziativa civica. Si posiziona come un convinto critico delle politiche di Putin. Sostiene la fine del conflitto con Kiev. Si era impegnato, se eletto, a fermare la mobilitazione, riportare i soldati a casa e rilasciare i prigionieri politici. Dice di voler allontanare la Russia dall’autoritarismo e dalla militarizzazione. Rifiutando la narrativa arcaica del regime, si oppone all’espansione delle restrizioni sull’aborto e sui diritti Lgbt. Il suo background è eclettico: è stato un fisico, ha fatto l’imprenditore e pure l’avvocato.

Ha iniziato la sua carriera politica negli anni ’90, quando fu eletto deputato della Duma, la Camera russa. Collaborò con il leader dell’opposizione Boris Nemtsov, poi ucciso ucciso a colpi di pistola sotto le mura del Cremlino su ordine di mandanti che le autorità non hanno mai davvero indagato. Nonostante la sua collaborazione, a partire almeno dal 2012, con legami con l’amministrazione presidenziale, ha contestato gli emendamenti costituzionali che in pratica permettono a Putin di governare vita natural durante.

"Conosco molto bene Boris Nadezhdin", dice a Fanpage.it da Kyiv — dove si trova in esilio — l’ex deputato della Duma Ilya Ponomaryov. "Ha certamente idee liberali. Ed è anche abbastanza flessibile da riuscire a sopravvivere all’interno del sistema politico russo. L’avrebbero fatto partecipare solo se avesse fatto comodo al Cremlino per portare più persone alle urne. Un’ affluenza bassa sarebbe una sconfitta, per Putin". Ponomaryov, diventato il leader politico dei "partigiani" che combattono per rovesciare il regime russo si augura che a questo punto la gente non vada a votare: "Il non voto indebolirebbe il regime".

In Russia si voterà per la presidenza dal 15 al 17 marzo. Prima di Nadezhdin, la Commissione centrale per le elezioni aveva bocciato la candidata pacifista e anti-Putin Ekaterina Duntsova. Nella sessione che ha depennato Nadezhdin, è stato escluso anche un altro aspirante: Sergei Malinkovich, del Partito comunista. Il Cremlino non aveva bisogno nemmeno di loro.

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Giornalista e broadcaster. Corrispondente da Mosca a mezzo servizio (L'Espresso, Lettera 43 e altri - prima di Fanpage). Quindici anni tra Londra e New York con Bloomberg News e Bloomberg Tv, che mi inviano a una serie infinita di G8, Consigli europei e Opec meeting, e mi fanno dirigere il servizio italiano. Da giovane studio la politica internazionale, poi mi occupo di mostri e della peggio nera per tivù e quotidiani locali toscani, mi auto-invio nella Bosnia in guerra e durante un periodo faccio un po' di tutto per l'Ansa di Firenze. Grande chitarrista jazz incompreso.
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