“Prepariamoci al peggio”: perché l’omicidio di Ismail Haniyeh può far scoppiare una guerra tra Iran e Israele
Ismail Haniyeh e Fuad Shukr, rispettivamente leader di Hamas e numero due di Hezbollah, sono stati uccisi da Israele a Teheran e Beirut nel volgere di una manciata di ore, in due azioni evidentemente coordinate che hanno decapitato i vertici dei movimenti più ostili a Tel Aviv. I due omicidi eccellenti non sono stati esplicitamente rivendicati dal governo israeliano, ma portano chiaramente la firma di Benjamin Netanyahu, che da mesi aveva promesso che avrebbe punito gli organizzatori degli attacchi del 7 ottobre e i loro fiancheggiatori.
Il duplice assassinio, tuttavia, non sarà privo di conseguenze. Il Consiglio supremo per la sicurezza nazionale dell'Iran si è subito riunito per un vertice di emergenza, organizzato nella residenza di Ali Khamenei, la Guida Suprema, che ha giurato vendetta. Nel frattempo, Israele ha chiuso il suo spazio aereo a nord e innalzato l'allerta ai massimi livelli. Cosa succederà quindi nelle prossime ore o nei prossimi giorni? Come risponderà l'Iran a un attacco portato a segno nella sua capitale? E cosa farà Hezbollah? Soprattutto: siamo alla vigilia della temuta escalation del conflitto in tutta la regione? Fanpage.it ha interpellato Giuseppe Dentice, analista del CeSI specializzato in Medio Oriente.
Chi era Ismail Haniyeh, il leader di Hamas ucciso la scorsa notte nella sua residenza di Teheran. Qual era il suo profilo politico e perché non è un caso che sia stato assassinato in Iran?
Ismail Haniyeh è stato un importante leader di Hamas, la guida sia spirituale che politica del movimento, un personaggio piuttosto controverso che aveva traghettato il partito verso uno "shift" sempre più marcatamente filo-iraniano e anti-israeliano, mettendo in secondo piano la stessa causa palestinese. Mi spiego: se è vero che Hamas nasce come movimento di supporto alla causa palestinese nel periodo della prima Intifada, è altrettanto vero che con Ismail Haniyeh il partito verrà trascinato verso una sempre maggiore vicinanza strategica a Teheran. Al contempo Ismail Haniyeh è stato il personaggio che ha retto e diviso Hamas, compensando il peso che in anni recenti avevano acquisito uomini come Mohammed Deif e Yahya Sinwar, esponenti dell'ala militare del movimento. La capacità di Haniyeh è stata quella di traghettare Hamas nelle lunghe vicissitudini della sua storia dando al partito un'impronta marcatamente anti-israeliana, e cercando di legale la sopravvivenza del movimento e le sue finalità all'onda lunga iraniana. Non è un caso che Haniyeh sia stato ucciso proprio a Teheran. Aveva partecipato proprio ieri alla cerimonia di giuramento del presidente Masoud Pezeshkian.
L'assassinio di Ismail Haniyeh a Teheran arriva una manciata di opre dopo quello di Fuad Shukr, il numero due di Hezbollah, a Beirut. Questi due eventi non possono che essere legati. Ma chi era Shukr?
Se non il collaboratore più stretto del segretario generale di Hezbollah Hassan Nasrallah, Fuad Shukr ne era sicuramente l'uomo più vicino, il cosiddetto "numero due" del "Partito di Dio". Era dunque un personaggio estremamente importante, un uomo che ha sempre avuto un ruolo rilevante all'interno delle dinamiche di Hezbollah. Basti pensare che Fuad Shukr fu una delle menti principali dell'attentato alla caserma statunitense di Beirut del 1983. La sua uccisione, come quella di Haniyeh, sono state le due esecuzioni eccellenti da parte di Israele dal 7 ottobre.
Cosa succede ora? L’Iran può tollerare un attacco sul suo territorio da parte di Israele?
Sia l'Iran ed Hezbollah faranno sicuramente sentire la loro voce. Dobbiamo aspettarci il peggio.
Non è ipotizzabile, dunque, che questi due omicidi eccellenti vengano usati da Israele come pretesto per avviarsi a una conclusione della guerra a Gaza?
No. Queste due uccisioni non possono essere derubricate ad eventi da dover semplicemente "gestire". Hezbollah, Hamas e l'Iran dovranno dare una risposta, e sarà una risposta dura anche se non sappiamo quale sarà il livello di coordinamento. Gli omicidi di Ismail Haniyeh e Fuad Shukr ci portano verso un allargamento della crisi a livello regionale, a una situazione assolutamente imprevedibile. Sicuramente la prima vittima di quello che è accaduto saranno i faticosi negoziati per un cessate il fuoco. La Striscia di Gaza verrà dimenticata, o meglio ricondotta in un più ampio alveo di confronto, quello tra Israele e Iran. I palestinesi saranno ancora una volta le prime vittime di questa dinamica e le loro legittime aspirazioni passeranno in secondo, se non in terzo piano. Il confronto, a questo punto, sarà regionale e investirà innanzitutto Tel Aviv e Teheran, con attori intermedi come Hezbollah, Hamas, gli Houthi e le milizie filo-iraniane in Siria e Iraq. Ripeto, purtroppo ci dobbiamo aspettate il peggio. Solo 3/4 giorni fa, dopo l'attacco a Majdal Shams, sulle alture del Golan, le possibilità di guerra erano rimaste sostanzialmente invariate. Gli accadimenti delle ultime ore e la risposta durissima di Israele aprono invece un nuovo scenario. Dobbiamo preoccuparci. E seriamente.
Oltre all’Iran anche la Turchia, il Qatar e la Russia hanno condannato l’attacco, mentre gli USA hanno detto che difenderanno Israele in caso di guerra. C’è ancora tempo per fermare l’escalation?
Dal punto di vista retorico ogni Paese ora dirà la sua, come è normale che sia: ad oggi il rischio è quello di un conflitto reale tra Israele e l'Iran con evoluzioni fuori da qualsiasi previsione. Nessuno di noi, oggi, è in grado di quantificare la portata della guerra, la sua estensione geografica e le sue ricadute politiche globali. È una situazione nuova, assolutamente in divenire. In questo quadro alcune posizioni sono note: gli USA sosterranno Israele, Russia, Cina e Turchia faranno il loro gioco. Sarà invece molto interessante capire come si muoveranno attori come Giordania, Egitto, Emirati Arabi Uniti e Arabia Saudita, Paesi che fin dal 7 ottobre si stanno muovendo con un difficile equilibrismo e ora dovranno cercare di non passare come dei traditori agli occhi delle rispettive opinioni pubbliche, accettando qualsiasi azione Israele compia nella regione. Insomma, siamo di fronte a un rebus di difficile soluzione. Ma mai come oggi il rischio di una guerra allargata in Medio Oriente è dietro l'angolo.