“Portiamo materassi nelle scuole colme di profughi”: viaggio tra gli sfollati di Beirut dopo i raid israeliani
"È una guerra contro tutti i libanesi non solo contro Hezbollah", ha iniziato a raccontare nonostante l'apprensione per la paura di nuovi bombardamenti, Raghid. "E Netanyahu (il premier israeliano, ndr) è un bugiardo. Vuole estendere la guerra a tutti i costi per rimanere al potere”, ha rincarato la dose il giovane. Raghid si è rifugiato con la sua famiglia nella sua città natale a Shuf, a Est di Beirut, dopo i primi raid israeliani sulla capitale libanese la scorsa settimana.
Viaggio tra gli sfollati del Sud
Sono oltre 100mila gli sfollati dopo una settimana di guerra che dalla Valle della Bekaa e dal confine con Israele si sono diretti verso il Nord del paese. Ma per il ministro della Salute libanese, Firas Abiad, possono essere molti di più e "facilmente" arrivare ai 500mila. "Molti di loro non hanno materassi o lenzuola. Al mercato non se ne trovano più. E le scuole sono stracolme di persone", ha continuato Raghid. "La situazione sarà sempre più tesa. Già prima degli attacchi israeliani mancava assistenza medica e medicinali qui", ha concluso il giovane.
Dal Sud del Libano si raggiunge Beirut in un'ora di macchina in condizioni normali. "Chi sta scappando dai raid ci ha messo tra le dieci e le quattordici ore: uno spostamento di massa. Spesso gli sfollati sono scappati mentre i bombardamenti erano ancora in corso", ci ha spiegato Yafa, operatrice umanitaria libanese.
"Tantissime persone dal Sud del paese non sanno dove andare. Stiamo cercando di aiutarli fornendo loro i beni di sussistenza minimi necessari. Ci sono tante iniziative di raccolta fondi per portare materassi e cuscini che stanno iniziando in queste ore", ci ha spiegato ancora Mira, che vive nel campo profughi palestinese di Beirut di Bourj el-Barajneh. "Ma non è sempre facile, le fabbriche di materassi stanno aumentando i prezzi e diminuendo le consegne per controllarne il commercio", ha ammesso.
Una guerra contro i civili
"La situazione è tragica. I bombardamenti sono andati avanti tutta la notte e penso che ci sono ancora morti sotto le macerie. Hanno iniziato a bombardare anche la città di Tiro e i quartieri vicini", ha continuato Mira. "La guerra andrà avanti, questo mi ha insegnato quello che sta avvenendo a Gaza. Ma la resistenza in Libano ha il potere necessario per costringere Israele al cessate il fuoco, non importa quanto tempo e morti saranno necessari per ottenerlo", ha concluso l'attivista.
"La situazione nel Sud del Libano è davvero difficile. Le persone sono stanche e stressate", ha commentato Marc, cristiano maronita che vive nel centro della capitale libanese. "L'esercito israeliano non ha colpito solo i depositi di armi di Hezbollah ma anche i civili", ha aggiunto. E così sia Israele sia Hezbollah hanno superato gli accordi non scritti secondo i quali gli attacchi reciproci si sarebbero limitati alle zone di confine. Idf continua a colpire il quartiere sciita di Dahieh nella periferia meridionale di Beirut alla ricerca dei vertici del movimento sciita libanese mentre Hezbollah ha lanciato un missile su Tel Aviv, intercettato dall'aviazione israeliana, per colpire il quartier generale del Mossad, lo scorso mercoledì.
Secondo molti libanesi, c'è una sola spiegazione per capire perché Israele, che ha rifiutato una proposta di tregua di tre settimane, avanzata da Francia e Stati Uniti, sta prendendo di mira le abitazioni civili nel Sud del Libano sostenendo che vengono utilizzate come depositi di armi e droni del movimento sciita libanese.
Come Hamas, Hezbollah controlla tunnel dove tiene i suoi armamenti, i suoi missili. Eppure l'esercito israeliano ha lanciato questa grande operazione militare colpendo anche i civili. "Idf vuole costringere i libanesi del Sud a scappare dalle loro case", ci ha spiegato il giornalista libanese Aref el-Krez. "Lo scopo dell'esercito israeliano è aumentare la pressione su Hezbollah e permettere agli israeliani che hanno dovuto lasciare le loro case nel Nord di Israele di farvi ritorno", ha aggiunto. "Idf vuole indebolire Hezbollah il più possibile e questo è il momento migliore per farlo, prima di arrivare a un cessate il fuoco a Gaza", ha concluso Aref.
Le pressioni dal Nord di Israele
Secondo molti libanesi, il premier israeliano Benjamin Netanyahu ha ceduto alle pressioni dei circa 60mila israeliani che hanno dovuto lasciare le loro case e che da un anno non possono farvi ritorno.
Questo avrebbe spinto il governo di Tel Aviv ad avviare la campagna contro Hezbollah delle ultime settimane, partita con l'esplosione di migliaia di cercapersone e walkie-talkie in dotazione di membri del movimento e andata avanti con migliaia di bombardamenti che da quasi una settimana hanno causato centinaia di morti, tra cui almeno 50 bambini e 70 donne, migliaia di feriti, inclusi molti cittadini comuni che hanno perso l'uso degli occhi.
"La cosa che mi addolora di più è che nessuno fa niente in Europa e negli Stati Uniti per fermare Netanyahu", ci ha spiegato Ali che ha perso alcuni membri della sua famiglia nei raid di questi giorni. Non solo, il presidente Usa, Joe Biden, anziché fare di tutto per fermare i raid israeliani, ha avvertito della possibilità che sta per scoppiare una "guerra totale" in Medioriente.
E così in queste ore Israele sta continuando a bombardare il Libano. Non solo, Idf si starebbe preparando per una possibile offensiva di terra nel paese. Questa possibilità aggraverebbe le già terribili conseguenze dei bombardamenti contro Beirut degli ultimi giorni. Le azioni preventive israeliane mirano a decimare i vertici di Hezbollah, come è avvenuto con l'uccisione del capo di una delle unità dell'aeronautica del movimento sciita libanese, Mohammad Surur, e a riportare gli israeliani sfollati nelle loro case nel Nord del paese. Ma in realtà ancora una volta l'estensione della guerra determina prima di tutto lo "sterminio" di civili inermi così come sta avvenendo a Gaza.