Polli e tacchini in lockdown nel Regno Unito, allarme per il boom di casi di influenza aviaria
"Tutto il pollame e gli uccelli in cattività del Regno Unito dovranno rimanere rigorosamente chiusi in gabbia a partire dal prossimo 7 novembre". Lo hanno comunicato tramite una nota congiunta il Dipartimento per l'ambiente, l'alimentazione e gli affari rurali (DEFRA) e l'Agenzia per la salute degli animali e delle piante (APHA) del Paese.
La misura di confinamento per polli e uccelli da cortile è stata introdotta dal governo di Londra a seguito alla massiccia diffusione d'influenza aviaria nel regno di Sua Maestà, il più grande mai registrato nella storia del Paese: oltre 200 i casi confermati dalla fine di ottobre 2021 ad oggi, di cui 30 soltanto all'inizio di ottobre 2022. Al momento le autorità britanniche classificano come "estremamente alto" il rischio d'infezione da parte degli uccelli selvatici.
"Stiamo assistendo a una rapida escalation del numero di casi negli uccelli da cortile e gli allevamenti commerciali di tutta l'Inghilterra – ha affermato Christine Middlemiss, capo dell' autorità veterinaria del governo del Regno Unito – il rischio che gli uccelli tenuti in gabbia possano essere esposti a malattie ha raggiunto un livello tale da giustificare la misura del governo fino a nuovo avviso".
Particolarmente colpita dall'epidemia sono state le regioni orientali dell'Inghilterra. Norfolk, Suffolk ed Essex su tutte: sono risultati essere ben 14 i focolai registrati negli allevamenti soltanto nell'ultimo mese in questa parte del Paese.
Sicurezza alimentare dei consumatori: rischio è basso
In base ai recenti provvedimenti approvati da Downing Street già dal 17 ottobre, con l'istituzione dell'"Avian Influenza Prevention Zone" (AIPZ), gli allevatori del Regno che possiedono oltre 500 volatili sono obbligati a limitare gli ingressi nelle loro attività solo al personale aziendale. Inoltre, le regole impongono di cambiare abbigliamento prima di entrare nei recinti e provvedere alla pulizia e alla disinfettazione regolare delle aree di allevamento.
"In questo momento la situazione è terrificante. Tutta la nostra attività dipende dai mercatini di Natale. Se dovessimo essere colpiti dal virus perderemmo tutto – ha detto alla BBC l'agricoltore Tom Copas, che ha ospitato circa 60mila volatili nella sua fattoria – conosco due produttori stagionali che hanno avuto focolai nei loro allevamenti e hanno perso circa la metà dei loro tacchini".
Tuttavia l'Agenzia per la sicurezza sanitaria del Regno Unito ha informato i cittadini che i rischi di contagio per la salute pubblica restano "molto bassi". Lo stesso vale per la sicurezza alimentare dei consumatori di prodotti derivati dal pollame (se cotti correttamente), uova comprese.
L'emergenza in Europa: record di casi, Italia al secondo posto per numero di contagi
Il diffondersi dell'influenza aviaria non preoccupa solo Regno Unito, ma tutta Europa. A inizio ottobre l'Autorità europea per la sicurezza alimentare (Efsa) e il Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (Ecdc) hanno comunicato i numeri (aggiornati al 3 ottobre 2022) di quella che è stata "la più grande epidemia di influenza aviaria mai vista nel Vecchio Continente", con quasi 2.500 focolai, 47,5 milioni di uccelli abbattuti negli allevamenti e oltre 3.500 casi tra gli esemplari selvatici registrati da ottobre 2021 ad oggi.
L'Italia è attualmente il secondo Paese per numero di focolai negli allevamenti (317) dopo la Francia (1.383). Proprio al di là delle Alpi, si è assistito a uno degli effetti più drammatici dell'epidemia: la morte di oltre 1200 uccelli marini appartenenti a specie protette. Lo ha reso noto a inizio settembre la Direzione regionale per l'alimentazione, l'agricoltura e la silvicoltura francese (DRAAF).