Poliomielite a Gaza, la testimonianza del medico: “Bombe impediscono di lavorare, tanti bimbi non vaccinati”
Si sta concludendo nella Striscia di Gaza il secondo round di vaccinazioni per la poliomielite, dopo lo scoppio dell'epidemia alla fine dell'estate, dovuto alle pesantissime condizioni igienico sanitarie della popolazione civile palestinese dopo un anno di guerra che ha visto la sostanziale distruzione di tutte le città dell'area e delle relative infrastrutture.
Un lavoro che sarebbe stato impossibile senza la presenza delle organizzazioni umanitarie internazionali, che materialmente con i loro team medici hanno provato a vaccinare la popolazione e a portare assistenza medica. Ma la ripresa dei bombardamenti, soprattutto a nord della Striscia di Gaza, sta rendendo impossibile la vaccinazione per gran parte della popolazione civile dell'area, compresi i bambini, mentre un ulteriore e progressivo peggioramento delle condizioni di salute delle persone, unito all'arrivo dell'inverno, rischia di essere un ulteriore elemento che potrebbe impennare il numero delle vittime dirette ed indirette del conflitto, ad oggi, secondo le stime più accreditate, superiore ai 42 mila decessi.
Palestinian Medical Relief Society, è una delle organizzazioni che non ha mai smesso di fornire assistenza medica alla popolazione di Gaza, e sta partecipando attivamente alla campagna vaccinale ordinata dall'Organizzazione Mondiale della Sanità. Intanto peggiora drasticamente il disagio mentale della popolazione civile, e la condizione sanitaria generale è sempre più drammatica.
"A Khan Younis e a nord della Striscia impossibile fare le vaccinazioni"
Se da un lato le autorità israeliane hanno consentito l'accesso di medici per effettuare le vaccinazioni sui bambini e sull'intera popolazione palestinese nella Striscia, dall'altro i bombardamenti su questo martoriato fazzoletto di terra non si sono mai fermati. Una situazione di guerra permanente che di fatto rende impossibile riuscire a vaccinare tutti.
Palestinian Medical Relief nel mese di ottobre ha vaccinato quasi 4000 persone grazie ai 76 team sanitari che operano sul territorio di Gaza. "Le nostre équipe hanno partecipato attivamente a entrambi i cicli di vaccinazioni in ottobre e novembre. Non abbiamo riscontrato grossi problemi, tranne alcuni aspetti logistici come ritardi nella ricezione dei vaccini" spiega il dottor Bassam Zaquot di PMRS.
Le situazioni di crisi sono quelle interessate dai continui attacchi israeliani: "Israele ha rifiutato di coordinare l'ingresso di squadre mediche per la vaccinazione antipolio in alcune aree a est di Khan Younis, nel sud della Striscia di Gaza. Quest'area contiene una grande percentuale del gruppo target di bambini, come dichiarato dal Ministero della Salute. Nella seconda fase della vaccinazione, il nord di Gaza è stato sottoposto a un intenso attacco da terra e le squadre di vaccinazione non sono state in grado di lavorare. I bambini rimangono non vaccinati" spiega il medico.
Impossibile lavorare per i 5 team sanitari di PMRS nell'area a Nord della Striscia, così come nella zona di Khan Younis, dove sono operativi 34 team dell'organizzazione sanitaria palestinese, e dove è iniziato il cluster principale dell'epidemia di poliomielite.
Aumenta la fame e il disagio psicologico
La situazione sanitaria resta in costante peggioramento, come ci racconta Bassam Zaquot. "I palestinesi nel nord di Gaza si trovano ad affrontare condizioni di sopravvivenza in peggioramento poiché tutti gli sforzi delle Nazioni Unite per fornire sostegno sono stati negati o ostacolati dall’esercito israeliano. Il numero di famiglie nella zona centrale e meridionale di Gaza che soffrono di grave fame è in rapido aumento".
Proprio pochi giorni fa il comitato dell'Onu che indaga sui crimini di guerra commessi a Gaza dall'esercito israeliano, ha definito la fame come uno dei metodi di guerra usati dall'IDF (le forze armate israeliane), definendo questa pratica compatibile con le caratteristiche del genocidio.
A preoccupare medici e operatori sanitari sul campo è anche la condizione di salute psicologica della popolazione civile. Oltre un anno di attacchi dell'esercito israeliano avranno un impatto devastante su intere generazioni di palestinesi di Gaza, la cui portata sarà visibile soltanto quando gli attacchi si fermeranno. "Oltre 400 giorni di guerra hanno peggiorato la crisi di salute mentale in corso a Gaza, infliggendo alla popolazione conseguenze gravi e durature che richiedono risposte complesse con un intervento integrato di assistenza a lungo termine MHPSS (salute mentale e supporto psicosociale)" sottolinea il dottor Zaquot.
"Credo che come conseguenza di questa aggressione, la maggior parte della popolazione soffra di traumi psicologici che potrebbero essere più evidenti nel caso in cui raggiungessimo il cessate il fuoco. Il grave trauma che abbiamo avuto è nascosto sotto la situazione di disagio e la lotta per la sopravvivenza". Sostanzialmente i danni psicologici causati alla popolazione palestinese esploderanno quando si tornerà ad una pseudo normalità, senza bombardamenti quotidiani.
Secondo il rapporto di Health Cluster pubblicato a settembre 2024, Palestinian Medical Relief Society è tra le pochissime realtà che si occupano del disagio mentale sia a Gaza che nella West Bank, con un bacino di utenza nella Striscia di 117 mila utenti ai servizi. Nello stesso rapporto si elencano i numeri delle persone con disturbi mentali nell'area di Gaza, con 139 mila persone che si sono rivolte ai servizi di supporto psicologico di base e di primo soccorso, 51 mila pazienti che hanno chiesto la somministrazione di psicofarmaci e 2 mila casi gravi di disturbo mentale, questo solo relativo alle zone dove i servizi delle organizzazioni umanitarie riescono ad operare.
Impossibile spostare i feriti
Secondo il rapporto di Health Cluster i feriti a Gaza sono intorno ai 95 mila dall'inizio del conflitto un anno fa, con un'alta concentrazione nelle zone di Gaza city e Deir al Balah. Molti tra i feriti lungodegenti avrebbero bisogno di essere evacuati dalla Striscia per ricevere cure mediche complesse nei paesi limitrofi, in Egitto o in Giordania.
Ma ad impedire il trasferimento è l'esercito israeliano: "I casi identificati vengono segnalati principalmente attraverso il Ministero della Salute e anche attraverso le Ong come Medici Senza Frontiere o gli ospedali da campo. L'OMS è incaricata di coordinarsi con le autorità israeliane per ottenere l'approvazione. Solo una piccola parte dei palestinesi feriti è stata autorizzata a lasciare la Striscia per cercare cure adeguate in altri paesi, dopo un processo lungo e oscuro. Ogni evacuazione deve essere approvata dalle autorità israeliane, il che può richiedere molti mesi e non sembra essere basato su criteri chiari e trasparenti" spiega il medico di PMRS.
Le cure a cui dovrebbero essere sottoposti i feriti da evacuare potrebbero salvargli la vita, ma sono le autorità israeliane, anche in questo caso, che decidono chi muore e chi vive. A questo si aggiunge il blocco continuo delle forniture mediche per le strutture di assistenza sanitaria che operano nella Striscia, una situazione peggiorata rispetto all'estate scorsa, mentre il quadro sanitario va mutando.
"La mancanza di farmaci e di attrezzature mediche è in costante aumento – spiega Zaquot – nessuna organizzazione, o solo una piccola parte, ha ricevuto forniture mediche è entrata a Gaza negli ultimi mesi. Rispetto all'estate abbiamo notato alcuni cambiamenti rispetto alle patologie, c'è l'aumento delle malattie legate all'inverno, quindi infezioni delle vie respiratorie. C'è una diminuzione delle malattie dermatologiche ma un aumento dei pazienti che si recano ai centri medici per complicanze di malattie non trasmissibili, come crisi ipertensive, diabete ed ulcere. Abbiamo registrato inoltre un aumento delle mortalità materne negli ospedali da campo". Una situazione che resta quindi drammatica, sotto gli occhi del mondo.