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Perché Usa e Ue non hanno interesse a fermare l’Azerbaijan contro l’Armenia nel Nagorno-Karabakh

L’intervista di Fanpage.it Hovhannes Nikoghosyan, docente di Scienza politica e Affari internazionali all’Università americana di Yerevan, capitale dell’Armenia, sul conflitto in corso nella regione del Nagorno-Karabakh: “Né l’Ue né gli Stati Uniti sembrano voler fare qualcosa di significativo. Non hanno interesse a frenare Baku. L’impunità per i responsabili di quel che sta succedendo qui incoraggerà i dittatori a comportarsi nello stesso modo altrove”.
Intervista a Hovhannes Nikoghosyan
docente di Scienza politica e Affari internazionali all’Università americana di Yerevan.
A cura di Riccardo Amati
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Sono gli sessi luoghi dove durante il primo conflitto mondiale l’Impero Ottomano uccise oltre un milione e mezzo di armeni. Per questo la parola "genocidio" nel sud del Caucaso ha un significato ancor più pesante. E per evitare che una simile tragedia si ripeta, "qui o altrove", la comunità internazionale "dovrebbe finalmente fare qualcosa di concreto".

Lo dice a Fanpage.it Hovhannes Nikoghosyan, docente di Scienza politica e Affari internazionali all’Università americana di Yerevan, capitale dell’Armenia, intervenendo su quanto sta succedendo nella regione del Nagorno-Karabakh.

Baku può impunemente attaccare l’enclave che considera "nociva alla sua immagine nazionale" perché il mondo guarda altrove. E "spesso è stato pagato dal regime di Baku per farlo", spiega Nikoghosyan riferendosi al fondo miliardario con cui il presidente azero Aliyev, secondo l’Organised Crime and Corruption Reporting (Occcr), ha gestito la sua "diplomazia del caviale".

La rapida fine delle ostilità sembra dovuta più all’imporsi della legge del più forte che alla diplomazia. La mediazione russa è riuscita a scapito di concessioni da parte dell’enclave armena e della stessa Erevan. È un successo personale per il presidente azero Aliyev?

"Dobbiamo comprendere il contesto più ampio. Aliyev sta cercando di completare il suo progetto di costruzione della nazione. Attraverso politiche trentennali e propaganda statale, lui e suo padre (Heydar Aliyev, primo presidente dopo l’indipendenza da Mosca, ndr) hanno creato una nazione fondata sulla vendetta. Un Paese per il quale il dolore e la sofferenza degli armeni sono il nocciolo della questione, e vengono posti al centro dell’immagine nazionale.

Ai bambini fin dall’asilo viene insegnato a vedere gli armeni come un nemico. Nonostante ciò, la comunità internazionale continua a corteggiare Baku. Parte del motivo è che Aliyev è diventato esperto nella cosiddetta “diplomazia del caviale”: un’indagine del progetto Organized Crime and Corruption Reporting ha scoperto che gestiva un fondo nero di quasi tre miliardi di dollari, con il quale ha pagato centinaia di politici europei, americani e russi, personalità dei media e opinion leader. Ciò spiega perché Aliyev, essendo un burattinaio esperto, è pronto a correre rischi elevati e a sostenere i costi del danno alla sua reputazione. Sa che può farla franca".

Perché l'Azerbaijan ha attaccato adesso? Quali sono i suoi veri obiettivi?

"Il regime dell’Azerbaijan non ha mai fatto mistero dei suoi piani per una pulizia etnica nel Nagorno Karabakh e per la sottomissione dell’Armenia. L’aggressione militare del 19 settembre scorso è un’immediata conseguenza dell’atteggiamento dei maggiori attori internazionali, Ue e Charles Michel (presidente del Consiglio europeo, ndr) compresi, che di fronti a tali piani si sono limitati alle sole parole. Senza prendere alcun provvedimento concreto. E questo nonostante le continue incursioni azere in territorio armeno e gli scontri a fuoco lungo il confine con il Nagorno-Karabakh. È stata l’Armenia ad esser costretta a maggiori concessioni, non l'Azerbaijan. L’impunità crea sempre nuove guerre".

La Russia ha mediato un cessate il fuoco. Significa che Mosca è un efficiente peacekeeper, anche se non ha un vero e propio mandato internazionale per la pace nel Nagorno-Karabakh?

"Il mandato per le forze di pace russe nel Nagorno-Karabakh deriva dall’accordo trilaterale di cessate il fuoco del 10 novembre 2020 e dalle successive dichiarazioni trilaterali. Le forze di pace furono inviate con il consenso di Armenia e Azerbaijan. La mancanza di un formale mandato da parte della comunità internazionale non deve esser presa come scusa per rimanere inattivi mentre è in corso la pulizia etnica: le forze di pace, per definizione, hanno il diritto legittimo di usare una forza limitata “per la protezione del loro mandato”. Ovvero per la protezione dei civili. I peacekeepers russi hanno continuamente fallito".

Ma oggi come oggi la Russia ha più interesse a proteggere l'Armenia o ad andar d’accordo con l'Azerbaijan?

"La Russia ha i propri interessi nella regione, che, in estrema sintesi, consistono nel garantire la sua presenza militare continua in quel territorio. Al momento ci sono due dispositivi militari russi: quello dei peacekepeers nel Nagorno-Karabakh e una base militare in Armenia".

Cosa dovrebbe fare la comunità internazionale per porre fine al conflitto una volta per tutte?

"Né l’Ue né gli Stati Uniti sembrano voler fare qualcosa di significativo. Non hanno interesse a frenare Baku. Potrebbero organizzare negoziati, ma anche se portassero a un “accordo di pace”, con ogni probabilità si tratterebbe solo di un eufemismo per costringere l’Armenia a ulteriori concessioni. Mentre Europa e America dovrebbero sanzionare il regime azero ed espellerlo da organizzazioni internazionali come il Consiglio d’Europa, l’Osce, l’Fmi e quant’altro".

La risposta, quindi, dovrebbero essere sanzioni conto Baku?

"Certamente".

Ma perché la comunità internazionale dovrebbe preoccuparsi del Nagorno-Karabakh, una piccola, remota area tra le montagne del Caucaso meridionale abitata da 120mila armeni? È in corso una guerra in Europa, le crisi diplomatiche in zone ben più strategiche si moltiplicano. C’è altro a cui pensare, no?

"Il genocidio (secondo l’ex procuratore capo della Corte penale internazionale Luis Moreno Ocampo è quel che si rischia nel Nagorno Karabakh, ndr) e la pulizia etnica sono un crimine internazionale. L’impunità per i responsabili di quel che sta succedendo qui incoraggerà i dittatori a comportarsi nello stesso modo altrove".

In che modo la guerra in Ucraina influisce sulla situazione da voi?

"Alcuni effetti ci sono. Ma per la maggior parte sono sopravvalutati".

Cosa ne pensa delle esercitazioni militari congiunte Usa/Armenia, terminate proprio in queste ore? L’Armenia si allontana sempre più dalla Russia? Non conta più sulla sua protezione?

"Si tratta di esercitazioni regolari. Ma ma la loro tempistica, insieme ad altre mosse non necessarie, come procedere alla ratifica dello Statuto di Roma della Corte penale internazionale da parte del parlamento di Erevan (la Corte penale internazionale ha emesso un ordine di cattura per il presidente russo Vladimir Putin accusandolo di crimini di guerra, ndr), hanno creato ulteriore cattivo sangue tra l'Armenia e il Cremlino".

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