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Conflitto Israele-Palestina e in Medio Oriente

Perché un accordo Israele-Hamas è ora più vicino: “Biden vuole metterci la firma prima dell’arrivo di Trump”

L’intervista di Fanpage.it a Luigi Toninelli, ricercatore ISPI dell’Osservatorio Medioriente e Nord Africa: “Al momento è difficile capire quanto siamo vicini ad un accordo tra Hamas e Israele per la liberazione degli ostaggi, si è parlato molto negli ultimi mesi di cessate il fuoco. Di buono in questa fase c’è che il tempo è agli sgoccioli per l’amministrazione Biden e in politica estera il presidente uscente vuole raggiungere un successo prima di andarsene dalla Casa Bianca”.
Intervista a Luigi Toninelli
Ricercatore ISPI dell'Osservatorio Medioriente e Nord Africa.
A cura di Ida Artiaco
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Nelle ultime ore si fanno sempre più insistenti le voci sul raggiungimento di un accordo tra Israele e Hamas sulla liberazione degli ostaggi. "Ma al momento è difficile capire quanto siamo vicini. Di buono in questa fase c'è che il tempo è agli sgoccioli per l'amministrazione Biden e in politica estera, quantomeno sul conflitto in corso a Gaza, il presidente uscente vuole raggiungere un successo prima di andarsene dalla Casa Bianca", ha spiegato a Fanpage.it Luigi Toninelli, ricercatore ISPI dell'Osservatorio Medioriente e Nord Africa, che ha analizzato i termini dell'accordo e le possibilità di successo di un cessate il fuoco provvisorio. Anche se potrebbe arrivare entro il 21 gennaio, giorno dell'insediamento di Donald Trump alla Casa Bianca.

Luigi Toninelli, ricercatore ISPI dell'Osservatorio Medioriente e Nord Africa.
Luigi Toninelli, ricercatore ISPI dell'Osservatorio Medioriente e Nord Africa.

Dott. Toninelli, i media arabi danno quasi per fatto l'accordo tra Hamas e Israele per la liberazione degli ostaggi. Quanto c'è di vero in questa informazione?

"Al momento è difficile capire quanto siamo vicini, si è parlato molto negli ultimi mesi di cessate il fuoco. Per svariate volte è sembrato che potessimo essere a un passo da un accordo e dalla liberazione degli ostaggi e poi è andato tutto in frantumi. Di buono in questa fase c'è che il tempo è agli sgoccioli per l'amministrazione Biden e in politica estera, quantomeno sul conflitto in corso a Gaza, il presidente uscente vuole raggiungere un successo prima di andarsene dalla Casa Bianca, in qualche modo anche solo per lasciare una traccia positiva della politica estera americana degli ultimi 4 anni, anche perché soprattutto per quanto riguarda il Medioriente non sono mancati difficoltà e fallimenti consistenti e continui. Quindi sicuramente le pressioni da parte americana sono in questo senso: anche il cessate il fuoco raggiunto in Libano è stato in parte dovuto proprio a questo tentativo, al fatto di voler cercare di chiudere quelli che erano i teatri conflittuali in Medioriente per avere un retaggio positivo della politica estera degli ultimi anni".

Le pressioni sono solo da parte americana? 

"Sì, a spingere sono più che altro gli USA, mentre il Qatar sta facendo il lavoro sporco o il lavoro più nobile, a seconda di come si voglia vederlo, cioè far sedere le parti intorno a un tavolo e mediare. Nel corso dei mesi ha provato più volte a farlo. I tentativi e le pressioni per arrivare ad un accordo ci sono, ma le posizioni sembrano restare distanti non tanto sulla liberazione degli ostaggi – si parla di 34 ostaggi in totale. Il vero vulnus è il futuro di Gaza e soprattutto cosa otterrà Hamas, che vorrebbe che Israele abbandonasse la Striscia per arrivare ad un cessate il fuoco duraturo. Israele invece non ha questo tipo di intenzione, ma anzi vuole arrivare alla vittoria totale. La seconda questione è quella del Corridoio Philadelphia, ovvero quel pezzo di terra tra Gaza ed Egitto su cui Israele vuole mantenere il controllo ma a cui Hamas non vuole rinunciare. Quindi ancora adesso sembrano esserci punti di scontro. È vero che le voci danno prossima la firma dell'accordo per la liberazione degli ostaggi, ma ricordiamoci che già in passato era successo e non si è verificato nulla".

Cosa potrebbe succedere nei prossimi giorni? L'accordo potrebbe essere firmato prima dell'insediamento di Trump alla Casa Bianca?

"La cosa più probabile è che si arrivi ad un cessate il fuoco di 60 giorni, in stile Libano, e poi si rivaluta la situazione. Ma è difficile si arrivi ad una fine definitiva. Quello che vuole Biden prima che arrivi Trump alla Casa Bianca è di apporre la firma su questo accordo perché gli permetterebbe di accreditarsi come colui che fino all'ultimo ha lavorato incessantemente per il raggiungimento di questo successo diplomatico. La volontà da parte degli USA è di raggiungere un cessate il fuoco prima dell'insediamento dell'ex tycoon , anche perché per quest'ultimo il sostegno a Israele sarà pressoché totale e renderà più complicato probabilmente il raggiungimento di un cessate il fuoco".

Come parte dell'accordo, Israele vuole una zona cuscinetto al confine Gaza. Quanto è fattibile?

"Di certo, Hamas vuole evitare la creazione di una zona cuscinetto che rappresenterebbe l'occupazione di un territorio che non è israeliano da parte di Israele quindi dal punto di vista del diritto internazionale e della retorica di resistenza di Hamas sarebbe qualcosa di clamorosamente negativo. Se dovesse accettare un accordo di questo tipo, il gruppo islamista metterebbe in mostra le difficoltà e le fragilità che sta avendo, quindi al momento ritengo difficile che possa accettarlo quanto meno a livello pubblico. Magari privatamente potrebbe farlo ma ciò fornirebbe loro nuovi strumenti per la propria retorica di resistenza. Quindi è sicuramente negativo: non va a risolvere il conflitto ma mette benzina su un qualcosa che è tamponato ma è destinato a riaprirsi nei prossimi mesi".

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