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Elezioni USA 2024

Perché Trump contro Biden deciderà il destino del mondo, ed è ancora tutto aperto

Il 2024 si prospetta come un anno decisivo e cruciale per il futuro del mondo, in particolare a causa delle prossime elezioni presidenziali americane che metteranno alla prova la capacità del presidente Biden di ottenere la rielezione.
A cura di Daniele Angrisani
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Quando siamo arrivati ormai alla vigilia del nuovo anno, il 2024 si prospetta come un anno decisivo e cruciale per il futuro del mondo, in particolare a causa delle prossime elezioni presidenziali americane di novembre che metteranno alla prova la capacità del presidente Joe Biden di ottenere la rielezione in un contesto interno ed internazionale sempre più complesso ed in rapida evoluzione.

Il quadro politico americano attuale presenta indubbiamente delle difficoltà significative per il presidente in carica, il cui mandato è stato contrassegnato da una sempre maggiore profonda polarizzazione politica e dalla gestione delle conseguenze di una pandemia globale che ha rimodellato il panorama economico e sociale del Paese, così come da pesanti crisi internazionali come la guerra in Ucraina e il conflitto in Medio Oriente tra Israele ed Hamas.

I sondaggi attuali offrono indubbiamente un quadro non certo confortante per Biden: nonostante importanti vittorie legislative ottenute nei primi anni del suo mandato come la legge bipartisan sulle infrastrutture e l’Inflation Reduction Act, la sua popolarità continua a vacillare.

Questo articolo intende esaminare i fattori chiave che potrebbero determinare il destino elettorale di Biden, con un'analisi dei risultati dei sondaggi attuali, delle dinamiche politiche e delle variabili principali che potrebbero decidere il voto del prossimo novembre.

I sondaggi attuali

Iniziamo con il dire che, quando mancano circa 10 mesi alle elezioni presidenziali del 2024 ed alla vigilia dell'inizio delle primarie repubblicane, i sondaggi delineano un panorama piuttosto complicato per le chance di rielezione di Biden.

Attualmente, infatti, il suo tasso di approvazione si attesta intorno al 39%, un dato inferiore rispetto sia a quello di Obama (46,1% di approvazione) che di Trump (42,4%) nello stesso periodo dei loro mandati presidenziali. Ciò indica indubbie difficoltà per Biden, sebbene ogni presidenza sia unica e influenzata da contesti politici ed economici estremamente diversi gli uni dagli altri.

Inoltre, nella media più aggiornata di RealClearPolitics, Biden si trova dietro a Trump di 2,3 punti percentuali negli scontri diretti a livello nazionale, con il vantaggio dell’ex presidente che sale addirittura a 5 punti nel caso in cui si considerasse la presenza in campo anche di candidati “minori” come Jill Stein, Cornel West e Robert F. Kennedy Jr.

Va detto però che i sondaggi rappresentano, per loro stessa natura, delle istantanee momentanee dell'opinione pubblica e che quindi possono variare nel tempo.

Si tratta, quindi, di strumenti importanti per prevedere le tendenze, ma che non vanno considerati certo come dei validi previsori del risultato elettorale, soprattutto quando siamo così distanti dal giorno delle elezioni presidenziali.

Tuttavia, i dati che espongono bastano a mettere in evidenza le difficoltà di Biden, specialmente in Stati chiave come Georgia e Michigan. Il calo di popolarità di Biden è infatti specialmente evidente tra gruppi chiave quali indipendenti, giovani, latinos e afroamericani, che sono stati fondamentali per la sua vittoria in questi Stati nel 2020.

Questo significa sostanzialmente che, se la situazione dovesse restare la stessa anche nei prossimi mesi, le chance di rielezione del presidente si ridurrebbero al lumicino.

Tuttavia, nonostante la situazione attuale, gli esperti suggeriscono che il quadro politico potrebbe ancora cambiare rapidamente. La distanza dal voto lascia infatti spazio a evoluzioni al momento imprevedibili, rendendo il risultato delle elezioni ancora molto incerto.

Quali sono dunque i fattori chiave che decideranno le elezioni 2024?

In vista delle elezioni del 2024, diversi fattori chiave emergono come determinanti per le prospettive di rielezione del Presidente Joe Biden. Questi fattori, che spaziano dall'economia nazionale alla politica estera, ed influenzeranno in modo significativo le percezioni e le scelte degli elettori che si recheranno al voto a novembre del 2024.

In questo contesto, è essenziale esaminare come questi elementi si intrecciano tra di loro e quali potrebbero essere le ripercussioni sulla campagna elettorale di Biden.

Economia

“It’s the economy, stupid”, affermava un noto slogan elettorale della vittoriosa campagna elettorale di Bill Clinton nel 1992. E sicuramente l'economia giocherà un ruolo essenziale anche nelle prospettive elettorali di Biden per il 2024.

Nell'ultimo anno, l’andamento del prodotto interno lordo (PIL) ha superato le aspettative, mentre l'inflazione, sebbene resti ancora alta rispetto ai target delle autorità monetarie, sta diminuendo sensibilmente. Anche l'occupazione rimane robusta, mentre si assiste a un incremento sia dei salari reali sia della spesa dei consumatori.

Questi indicatori positivi suggeriscono una certa resilienza dell'economia statunitense ai vari shock subiti e le tensioni globali in atto. Tuttavia, nonostante tutto ciò, la percezione della situazione economica da parte dell’opinione pubblica resta decisamente negativa nei sondaggi.

Questo scollamento tra i dati ufficiali e la percezione è particolarmente sentito tra le famiglie a basso reddito, che hanno sofferto maggiormente a causa dell'alta inflazione degli scorsi mesi. Per queste famiglie, l'aumento dei prezzi ha significato infatti una riduzione effettiva del potere d'acquisto, impattando così sulla propria sensazione generale sull’andamento dell'economia.

Il problema per Biden è che questa discrepanza tra dati economici solidi e percezione pubblica è anche un fattore chiave per le prossime elezioni: se gli elettori inizieranno a percepire un miglioramento tangibile delle proprie condizioni finanziarie, ciò potrà tradursi in un indubbio vantaggio per la campagna di rielezione di Biden.

Viceversa, se le preoccupazioni economiche dovessero persistere o peggiorare, questo potrebbe finire per influenzare in maniera decisamente negativa le sue possibilità di rielezione.

Il modo in cui l'Amministrazione Biden affronterà le sfide economiche nei mesi a venire, e soprattutto il modo in cui il presidente comunicherà questi sforzi all'elettorato, potrebbe avere un impatto significativo sulla sua campagna per la rielezione nel 2024.

Questioni legali e processi a carico di Trump

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Anche le problematiche legali di Donald Trump, in particolare le accuse penali riguardante il tentativo di ribaltare la sua sconfitta elettorale nel 2020, potrebbero influenzare in maniera significativa l'opinione pubblica e, di conseguenza, l'esito delle elezioni del 2024.

I procedimenti legali in corso e i loro potenziali sviluppi sono indubbiamente un fattore da non sottovalutare. Ma un altro aspetto fondamentale da tenere in considerazione è in che modo tali procedimenti penali verranno percepiti dall'elettorato.

Alcuni recenti sondaggi suggeriscono una opinione pubblica profondamente divisa anche su questo aspetto: alcuni (tendenzialmente la maggioranza dell’elettorato) considerano le accuse come molto serie, ma una forte minoranza le percepisce ancora come ingiuste o politicamente motivate.

Anche la reazione dell'opinione pubblica a una eventuale condanna di Trump, o viceversa alla sua assoluzione, potrebbe inoltre influenzare notevolmente le prospettive elettorali dei due candidati.

Tuttavia, è possibile che l'impatto di questi aspetti legali possa essere lo stesso sovrastato da altri temi più importanti per gli elettori come l'economia o la politica estera, soprattutto in caso di peggioramento improvviso della situazione economica del Paese o nuove e pesanti crisi internazionali.

Un'altra considerazione è che, anche in caso di una condanna, Trump molto probabilmente sarà ancora in grado di mantenere una sua forte base di consenso elettorale. Va detto, però, che secondo i sondaggi attuali anche perdere una minima parte della propria base elettorale potrebbe bastare all’ex presidente per essere sconfitto nettamente da Biden in diversi Stati chiave e vedere così sfumare un suo ritorno alla Casa Bianca.

Insomma, la situazione rimane fluida ed anche l'effetto complessivo di queste questioni legali sulle elezioni del 2024 e sulla candidatura di Trump resta incerto, dipendendo in larga misura da come saranno percepite e gestite nel contesto politico e giudiziario del Paese.

Il dibattito sull’incandidabilità di Trump

Prima la Corte Suprema del Colorado a maggioranza democratica e poi il Segretario di Stato democratico del Maine, Shenna Bellows, hanno stabilito negli ultimi giorni che l’ex presidente Donald J. Trump non potrà candidarsi alla presidenza nei loro Stati, in quanto avrebbe violato il 14° Emendamento degli Stati Uniti, per via della sua partecipazione agli eventi che hanno portato alla fallita insurrezione al Campidoglio degli Stati Uniti il 6 gennaio 2021.

Il 14° Emendamento della Costituzione degli Stati Uniti, adottato nel 1868, include una serie di disposizioni, una delle quali riguarda proprio la incandidabilità di coloro che hanno partecipato a un'insurrezione contro il governo degli Stati Uniti. Questa disposizione si trova, in particolare, nella Sezione 3 dell'emendamento.

Essa prevede che chiunque abbia precedentemente prestato giuramento per sostenere la Costituzione degli Stati Uniti e poi si sia impegnato in atti di insurrezione o ribellione contro gli Stati Uniti, o abbia assistito i nemici degli Stati Uniti, è ineleggibile per ricoprire qualsiasi carica pubblica federale o statale. Questa inabilitazione può essere revocata solo con un voto di due terzi di ciascuna Camera del Congresso.

I critici affermano che tale disposizione non potrebbe essere applicata ad una persona che in quel momento era presidente in carica degli Stati Uniti, ma il 14° Emendamento non prevede eccezioni specifiche per gli ex presidenti o per chiunque abbia avuto una qualsiasi altra carica politica in quel momento.

Pertanto, l’interpretazione legale più comune è che se un ex presidente degli Stati Uniti avesse preso parte a un'insurrezione o a una ribellione contro gli Stati Uniti, o avesse fornito aiuto o conforto ai nemici del paese, sarebbe lo stesso soggetto alle restrizioni imposte da questa sezione dell'emendamento e quindi incandidabile per un nuovo mandato alla presidenza.

In entrambi i casi, comunque, la decisione di impedire la candidatura di Trump non è comunque ancora stata resa operativa, in quanto è attualmente sospesa in attesa dell’appello che è stato subito presentato dal Partito Repubblicano del Colorado ed annunciato in Maine dalla stessa campagna elettorale di Trump.

L’ex presidente ed i suoi alleati parlano quindi di decisioni politicamente motivate e di un tentativo esplicito di escluderlo dalle urne, in quanto è il rivale politico principale di Joe Biden.

È molto probabile che alla fine ad avere l’ultima parola su questa complicata vicenda sarà la Corte Suprema degli Stati Uniti: la sensazione al momento è che alla fine Trump possa ricevere alla fine il via libera per candidarsi, anche perché manca una sentenza giudiziaria in cui l’ex presidente sia stato condannato per aver partecipato ad una insurrezione.

Tuttavia, se invece tali decisioni venissero invece confermate, avrebbero un impatto diretto sulla corsa per la presidenza soprattutto in Maine, visto che questo Stato, a differenza della maggior parte degli altri, assegna una parte dei suoi Grandi Elettori in base a chi vince nei singoli distretti congressuali e non solo a livello statale.

Trump nel 2020 aveva vinto il Secondo Distretto Congressuale del Maine ed è favorito qui anche per il 2024, quindi una sua mancata candidatura potrebbe avere l’effetto di fargli perdere almeno un Grande Elettore.

Ma più di ogni altra cosa, se la Corte Suprema degli Stati Uniti dovesse confermare la validità di queste decisioni, altri Stati potrebbero seguire a ruota mettendo così in serie difficoltà la possibilità di vittoria di Trump.

Ad esempio, giusto questa settimana la Corte Suprema del Michigan, uno Stato chiave ben più importante del Maine, ha bocciato una richiesta similare. Ma di fronte ad una sentenza in senso opposto da parte della Corte Suprema degli Stati Uniti, anche in Michigan la questione potrebbe riaprirsi in senso negativo per Trump.

Infine, va detto che anche su questo aspetto l’opinione pubblica è molto divisa. Tuttavia, un recente sondaggio condotto da YouGov ha rivelato che la maggioranza degli americani (54%) approva la decisione della Corte Suprema del Colorado di escludere Trump dal voto in quello Stato, a dimostrazione di quanto l’ex presidente resti impopolare tra la maggioranza degli elettori americani.

Il problema demografico di Biden

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Le dinamiche demografiche giocano sicuramente un ruolo cruciale nelle prospettive elettorali di qualsiasi candidato alla presidenza degli Stati Uniti.

Ad esempio, tradizionalmente i giovani elettori tendono a favorire i candidati più progressisti, mentre gli elettori più anziani possono preferire candidati conservatori. Allo stesso tempo gli elettori di colore tendono a votare per i democratici, mentre i bianchi tendono sempre più a votare per i conservatori.

Tuttavia, recenti sondaggi indicano cambiamenti significativi in queste tendenze. Un recente sondaggio GenForward rivela, ad esempio, che una porzione minoritaria, ma nondimeno significativa, degli afroamericani, uno dei blocchi elettorali tradizionalmente più compatti per i democratici, potrebbe orientarsi verso Trump o altri candidati “minori” diversi da Biden, un mutamento rilevante rispetto al 2020.

Anche il calo della partecipazione elettorale in queste comunità, come già visto in recenti elezioni locali, potrebbe influenzare negativamente le prospettive di Biden.

Per quanto riguarda i giovani, la loro crescente insoddisfazione riguardo alcune politiche della Casa Bianca solleva ulteriori preoccupazioni per Biden, considerando il loro ruolo chiave nella costruzione della coalizione elettorale che gli ha permesso di vincere le presidenziali 2020.

Una delle ragioni di di questo disincanto tra i giovani è piuttosto evidente: la generazione Millennials e Gen Z si oppone sempre più fortemente al modo in cui il governo israeliano sta gestendo il conflitto, che ha causato decine di migliaia di vittime civili.

Le immagini e i video che circolano sui social media e che mostrano senza censura la tragedia umanitaria in corso a Gaza hanno alimentato ulteriormente la sfiducia nell'operato militare israeliano e nell'Amministrazione Biden che continua a supportare le azioni israeliane e si oppone a qualsiasi cessate il fuoco immediato.

Anche in questo caso, comunque, è il tempo che resta da qui alle elezioni che potrebbe alla fine aiutare le chance del presidente di recuperare almeno una parte del voto di questi elettori: se la guerra in corso a Gaza dovesse finire nelle prossime settimane o scomparire dai riflettori mediatici, anche i giovani elettori potrebbero decidere di esprimere il proprio voto su altri argomenti.

Infine, anche i latinos, un gruppo sempre più eterogeneo nelle loro preferenze politiche, mostrano segnali di un sostegno in diminuzione per i democratici, un fattore che potrebbe essere decisivo in alcuni Stati chiave, soprattutto del sud degli Stati Uniti.

Entrambi i Partiti ormai riconoscono da tempo l'importanza crescente dei latinos come un gruppo elettorale chiave. Il Partito Democratico, ad esempio, ha lanciato un nuovo programma da 20 milioni di dollari per la registrazione e la mobilitazione degli elettori, concentrato in distretti con percentuali significative di elettori latinos.

Questo sforzo sottolinea l'importanza di coinvolgere attivamente questa comunità nell'ambito della strategia elettorale per la rielezione di Biden. Da parte loro, però, i repubblicani hanno già dimostrato, nei fatti, di aver migliorato il loro sostegno tra gli elettori latinos di 14 punti tra il 2018 e il 2022, secondo un'analisi post-elettorale di Pew Research.

Si tratta ovviamente di un segnale preoccupante per i democratici, visto che suggerisce il fatto che i repubblicani stanno facendo sempre più passi avanti nell’ottenere il sostegno di questo sempre più importante gruppo demografico.

Di fronte a questi cambiamenti, la campagna di Biden è costretta, quindi, a sviluppare nuove strategie mirate per cercare di riconquistare e rafforzare il sostegno in questi gruppi demografici essenziali, affrontando le loro preoccupazioni specifiche e adattando la comunicazione elettorale alle loro esigenze.

Aborto, il punto di forza dei democratici anche per il 2024?

Il recente annullamento della sentenza Roe v. Wade da parte della Corte Suprema degli Stati Uniti, che ha eliminato il diritto costituzionale all'aborto a livello federale, potrebbe, invece, diventare un fattore cruciale per le chance di vittoria democratica anche nel prossimo anno.

Questa decisione ha infatti riportato il tema dell'aborto al centro del dibattito nazionale, mobilitando i sostenitori del diritto all'aborto, in particolare tra le donne delle aree urbane e suburbane.

In praticamente tutte le elezioni che si sono tenute successivamente all’annuncio di questa decisione, si è osservato come il sostegno per il diritto all'aborto abbia attratto un ampio supporto che attraversa le linee di partito, permettendo di ottenere risultati nei referendum locali decisamente migliori rispetto a quelli degli stessi candidati democratici.

Esempi concreti si sono visti in Stati tradizionalmente repubblicani, dove misure a favore dell'aborto hanno vinto alle urne nonostante la precedente netta vittoria di Trump alle ultime elezioni presidenziali. Il sostegno all'aborto mostra dunque una chiara tendenza bipartisan.

Tuttavia, finisce inevitabilmente anche per avvantaggiare la campagna elettorale dei democratici, come è accaduto soprattutto alle elezioni di metà mandato del 2022, dove il risultato ha finito per premiare i candidati democratici rispetto ai sondaggi della vigilia che davano per estremamente probabile una netta vittoria repubblicana.

La stessa storia si è ripetuta alle recenti elezioni locali del novembre 2023, dove i candidati repubblicani in alcuni Stati chiave (come la Virginia) sono andati peggio del previsto dai sondaggi. Anche in questo caso le analisi post-elettorali hanno dimostrato come sia stato proprio il tema dell’aborto ad essere stato decisivo per molti elettori (e soprattutto elettrici) indecisi fino all’ultimo.

La capacità dei democratici di continuare a sfruttare questo tema in campagna elettorale potrebbe, dunque, essere determinante per influenzare l'esito delle elezioni del 2024, soprattutto in un contesto dove la mobilitazione del proprio elettorato è essenziale per la vittoria, vista la presenza di due candidati altamente impopolari.

Impatto dei candidati “minori”

Oltre a tutto quanto detto in precedenza, anche la presenza di candidati “minori” sulla scheda elettorale, come Robert F. Kennedy Jr., Cornel West e Jill Stein, potrebbe finire per avere un impatto significativo, ed al momento molto difficile da stimare, sul risultato delle elezioni di novembre 2024.

Questi candidati potrebbero infatti alterare l'equilibrio tradizionale delle forze elettorali, attraendo potenzialmente voti che altrimenti andrebbero a finire verso i candidati dei due partiti maggiori.

Un esempio storico dell’importanza questo effetto è stata la candidatura di Ross Perot nel 1992, che influenzò chiaramente l'esito delle elezioni presidenziali di quell'anno, aiutando secondo molti analisti la vittoria a sorpresa di Bill Clinton che era dato nettamente per sfavorito all’inizio della campagna presidenziale.

Il sostegno che questi candidati “minori” ricevono attualmente nei sondaggi, particolarmente dai giovani, suggerisce al momento che la loro presenza nelle elezioni potrebbe finire per sottrarre voti cruciali a Biden, favorendo significativamente Trump in particolare in alcuni Stati chiave.

West, inoltre, potrebbe facilmente attrarre voti afroamericani, un gruppo demografico chiave per il Partito Democratico in Stati come la Georgia.

Tuttavia, esiste anche l'ipotesi (confermata da diversi sondaggi) che alla fine Kennedy Jr., il più forte dei candidati “minori”, possa invece alla fine sottrarre più voti a Trump che a Biden, date le sue posizioni politiche che potrebbero essere in sintonia con quelle di alcuni elettori repubblicani.

L’impatto finale di queste candidature “minori” sulle elezioni del novembre 2024 dipenderà perciò dall'orientamento degli elettori nei prossimi mesi, nonché dalla capacità dei due principali partiti di mantenere o espandere la propria base di sostegno.

Nonostante ciò che affermano i sondaggi attuali, resta infatti altamente probabile che alla fine gli elettori finiranno per coagulare le proprie preferenze dietro i due candidati principali e che il risultato delle elezioni possa essere molto diverso (e molto più ‘tradizionale’) di quello prospettato al momento.

Trump si avvia ad ottenere la nomination repubblicana

Tra i repubblicani, l'ex presidente Donald Trump sembra sempre più volare verso la candidatura repubblicana per le elezioni presidenziali del 2024.

Secondo un recente sondaggio Reuters/Ipsos, il 61% dei repubblicani sostiene ora Trump come candidato alla presidenza, battendo significativamente i suoi principali rivali come il Governatore della Florida Ron DeSantis e l'ex Governatrice della Carolina del Sud Nikki Haley. Un altro sondaggio di Morning Consult conferma questo vantaggio, con Trump al 67% di sostegno.

Con numeri di questo tipo, il risultato delle primarie sembra già scritto nella pietra. Tuttavia, le difficoltà legali di Trump, sia a livello federale che statale, restano un elemento di incertezza in vista della sua candidatura alle elezioni generali per una parte rilevante dell'elettorato, anche repubblicano.

Con il primo processo penale previsto per marzo, mese che coincide con il periodo chiave delle primarie, la reazione degli elettori delle primarie repubblicane e dell'elettorato delle elezioni generali ai suoi processi legali e alle possibili condanne, resta dunque un fattore determinante.

In questo contesto, la campagna di Trump punta a chiudere quantomeno la partita della nomination presidenziali già a metà marzo, mirando a raggiungere i 1.215 delegati necessari per ottenere la maggioranza assoluta alla Convention Nazionale Repubblicana.

A quel punto, però, la sua presenza ufficiale come candidato presidente dei repubblicani potrebbe finire anche per influenzare significativamente anche le strategie elettorali dei democratici, in particolare facilitare la mobilitazione del loro elettorato, come già avvenuto nel 2020, in funzione anti Trump.

Tuttavia, questa volta (sebbene per motivi diversi) sia Donald Trump che Joe Biden presentano alti livelli di disapprovazione tra l'elettorato generale, e ciò introduce un nuovo motivo di incertezza nella corsa per la presidenza del 2024.

Gli elettori indecisi, che disapprovano entrambi i candidati e che sono considerati sempre più decisivi per il risultato finale, potrebbero infatti optare per votare un candidato “minore” di terze parti, astenersi o supportare riluttantemente uno dei due principali candidati.

Le elezioni di metà mandato del 2022 hanno mostrato una tendenza di questi elettori a votare a favore dei candidati democratici se proprio costretti ad una scelta, ma non è ancora chiaro se questa tendenza si confermerà nel 2024.

In questo contesto, per potersi assicurare la vittoria alle elezioni generali, la campagna di Trump dovrà essere in grado di bilanciare il mantenimento del forte sostegno della sua base elettorale con la necessità di attrarre ulteriori elettori moderati e indipendenti delusi da Biden.

Ma non sarà certo facile, vista la tendenza di Trump ad estremizzare sempre di più alcune posizioni lontane dalla maggioranza degli elettori, come nel caso della sua battaglia per ribaltare il risultato delle elezioni 2020 o delle sue posizioni sulla cosiddetta ‘culture war’ molto popolari tra l’elettorato delle primarie repubblicane, ma decisamente meno nell’elettorato generale.

La strategia di Biden per ottenere la rielezione

Nella sua corsa per la rielezione del 2024, anche il presidente Joe Biden si trova di fronte a una serie di sfide cruciali. Un punto essenziale della sua campagna per la rielezione sarà ovviamente quello di cercare di massimizzare l'affluenza al voto dei democratici.

Sara Schreiber, ex direttrice di America Votes, è stata scelta come capo dello staff della sua campagna elettorale proprio per la sua esperienza pregressa nell'organizzare le operazioni sul campo e mobilitare l'elettorato in Stati chiave come Pennsylvania, Wisconsin e Georgia.

Come già accennato in precedenza, la difesa dei diritti all'aborto, in seguito alla decisione della Corte Suprema di annullare Roe v. Wade, è diventata un fulcro essenziale della campagna elettorale dei democratici. La vicepresidente Kamala Harris ha di recente sottolineato l'importanza di questo tema, evidenziando come i referendum statali abbiano confermato il desiderio di lasciare queste decisioni nelle mani delle donne.

Si prevede che questo argomento avrà un ruolo centrale nel 2024, permettendo ai democratici di continuare a motivare un alto numero di donne a votare contro i repubblicani.

Ma, oltre a mobilitare l'elettorato democratico, per garantirsi la sicurezza della vittoria Biden dovrà anche convincere gli elettori scettici della bontà delle sue politiche su temi critici come l’economia, la guerra tra Israele e Gaza, il cambiamento climatico e la lotta all'inflazione.

Affrontare altri temi come il diritto alla sanità ed alla scuola per tutti sarà ulteriormente essenziale per costruire una coalizione elettorale sempre più ampia e diversificata. In questo contesto, il team di Biden dovrà dimostrarsi in grado di comunicare chiaramente i progressi ottenuti e delineare piani convincenti per il futuro, al fine di rassicurare gli elettori su questi temi cruciali.

Ma soprattutto la sua campagna elettorale dovrà essere in grado di affrontare efficacemente le forti preoccupazioni espresse dagli elettori nei sondaggi riguardanti l'età avanzata di Biden, dimostrando inequivocabilmente la sua capacità di guidare efficacemente il Paese per un altro mandato di 4 anni.

L'equilibrio tra la difesa dei successi della sua Amministrazione e la capacità di attrazione di un elettorato più ampio, che includa indecisi, delusi e moderati, sarà fondamentale per le prospettive del Partito Democratico e di Biden nel 2024.

Insomma, Biden può ancora farcela a vincere, nonostante i sondaggi?

Il dibattito sulla possibile rielezione di Joe Biden nel 2024 è ovviamente sempre più animato e variegato, con opinioni molto contrastanti tra gli esperti. Nonostante i sondaggi attuali non siano per niente favorevoli, diversi fattori suggeriscono che il quadro potrebbe cambiare sensibilmente nei prossimi mesi.

Ad esempio, nonostante le difficoltà economiche percepite dalla popolazione, alcuni modelli di previsione, come quello di Ray Fair, prevedono un probabile successo elettorale per Biden, con un voto popolare previsto al 51%. La riduzione dell'inflazione dal suo picco raggiunto a fine 2022 potrebbe inoltre ulteriormente migliorare la percezione dell'andamento economico durante la sua presidenza.

Altri analisti, tuttavia, come Mark Zandi di Moody's Analytics, mettono in luce il fatto che la forza economica attuale potrebbe non essere sufficiente per assicurare la rielezione di Biden. Da più parti viene dunque consigliato al presidente di adottare un approccio più aperto e umile, affrontando direttamente le critiche e lavorando per convincere i detrattori a sostenerlo.

Lo stratega democratico Simon Rosenberg offre comunque un'analisi decisamente ottimista sulle prospettive di Biden, evidenziando il suo successo nella gestione della pandemia e nella ripresa economica, nonché la forza sottostimata del Partito Democratico e i problemi legali e di immagine che affliggono Trump e il movimento MAGA.

Rosenberg evidenzia il successo del Presidente Biden nel guidare la nazione al di fuori della pandemia di Covid-19 e sottolinea la solida ripresa economica degli Stati Uniti rispetto ad altre nazioni del G7, con una crescita del PIL superiore alle aspettative e un mercato del lavoro robusto nonostante l'alta inflazione ed il conseguente aumento dei tassi di interesse.

Lo stratega democratico sostiene poi l'ipotesi che la forza elettorale del Partito Democratico sia attualmente sottovalutata dai sondaggi. Fa notare, infatti, che i democratici abbiano ottenuto la maggior parte dei voti popolari in 7 delle ultime 8 elezioni presidenziali, una performance senza precedenti nella storia moderna americana.

Inoltre, mette in risalto i successi elettorali dei democratici alle elezioni di metà mandato del 2022 ed a quelle locali nel 2023, così come la conquista di nuovi seggi nelle legislature statali e la capacità di difendere altri seggi cruciali, nonostante i sondaggi non certo positivi alla vigilia.

Rosenberg infine critica duramente il movimento MAGA e l’ex presidente Donald Trump, mettendo in luce i problemi legali dell’ex presidente che includono questioni come le frodi finanziarie e l'attacco al Congresso del 6 gennaio 2021 e sostenendo che la candidatura di Trump rappresenta una minaccia senza precedenti per il futuro del Paese.

La conclusione a cui arriva Rosenberg è che, nonostante le difficoltà attuali, esistono motivi solidi per credere che Biden e i democratici possano ottenere alla fine una chiara vittoria nel 2024, relegando il movimento MAGA a un ruolo marginale nella storia politica americana.

Ma nonostante l’ottimismo da lui espresso, l’unica vera cosa certa al momento è che, a poche ore dall’inizio di questo anno così importante, gli elettori americani si avvicinano sempre di più ad un momento chiave in cui si troveranno di fronte ad una scelta che definirà il futuro del Paese.

Mai come questa volta, le elezioni presidenziali non sono solo un test per il presidente in corsa per la rielezione o per il suo più probabile sfidante, quanto un momento cruciale per la stessa democrazia americana, come evidenziato dalle recenti polemiche sulle parole di Trump sulla sua intenzione di diventare “dittatore” per un giorno, o la sua focalizzazione sul concetto di “vendetta” nei confronti dei suoi rivali politici e di chi lo ha messo sotto accusa.

Le decisioni dei candidati e la strategia dei loro team elettorali nei prossimi mesi saranno sicuramente decisive nel delineare il futuro politico degli Stati Uniti dei prossimi quattro anni e potenzialmente anche oltre.

Ma, in un contesto globale in rapida evoluzione, il risultato delle elezioni presidenziali americane del 2024 avrà enormi implicazioni anche dal punto di vista internazionale, segnando un momento chiave anche per l’intera storia mondiale.

Basti pensare, ad esempio, l’effetto che una possibile vittoria di Trump potrebbe avere sul prosieguo della resistenza ucraina contro l’invasione russa, o persino sul futuro stesso dell’Alleanza Atlantica. Tutto ciò è un motivo più che valido per seguire con estrema attenzione cosa avverrà al di là dell’Oceano nei prossimi decisivi mesi prima del voto.

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Daniele Angrisani, 43 anni. Appassionato da sempre di politica internazionale, soprattutto Stati Uniti e Russia. 
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