Secondo delle mail trapelate alla stampa, i ricercatori dei Centers for Disease Control and Prevention statunitensi, l’equivalente del nostro Istituto superiore della sanità, sarebbero stati invitati a ritrattare o mettere in sospeso la pubblicazione di tutti gli articoli scientifici contenenti parole in contrasto con gli ultimi ordini esecutivi di Trump, tra cui “gender”, “transgender”, “LGBT” e “biologicamente maschio” e “biologicamente femmina”. L’ordine riguarda sia gli articoli in fase di revisione sia quelli già accettati in attesa di pubblicazione, e per il momento non è chiaro se avrà anche effetto retroattivo. Solo pochi giorni fa diverse pagine web dei CDC sono state oscurate per adeguarsi alle terminologie imposte dalla nuova amministrazione, rimuovendo tutti i riferimenti alla diversità di genere e persino all’immigrazione.
La censura dell’attività scientifica dei CDC è particolarmente allarmante: secondo alcuni ricercatori intervistati dal notiziario di medicina Medpage, gli studiosi saranno costretti a cancellare tutte le informazioni demografiche che riguardano il genere o l’orientamento sessuale, mettendo a rischio la ricerca scientifica. I centri infatti si occupano fra le altre cose del monitoraggio di malattie ed epidemie, per il quale queste informazioni sulla popolazione sono di importanza fondamentale. In quanto agenzia federale, i CDC si sono però dovuti adeguare a due degli ordini esecutivi firmati tra Trump nei primissimi giorni di presidenza, “Porre fine ai programmi di diversità e inclusione e alle corsie preferenziali governative radicali e dispendiosi” e “Difendere dalle donne dall’ideologia gender estremista e ristabilire la verità biologica nel governo federale”. Quest’ultimo provvedimento contiene una lista nera di parole proibite che dovranno essere cancellate da tutti i documenti del governo, dei ministeri e delle agenzie federali, tra cui quelle che dovranno sparire dagli articoli scientifici del CDC.
Su questo fronte, Trump sembra seguire pedissequamente quanto indicato in Project 2025, il controverso manuale stilato dal think tank estremista Heritage Foundation per concentrare tutto il potere nelle mani del presidente in 180 giorni e imporre una sorta di “ritorno all’ordine” sociale. Anche se durante la campagna elettorale Trump ne ha più volte preso le distanze, nei suoi primi giorni da presidente non solo ha conferito incarichi importanti ad alcuni degli estensori del piano, ma ne ha anche già applicato alcuni punti, tra cui vietare in tutti i documenti del governo una serie di parole che in un modo o nell’altro promuoverebbero “l’ideologia gender”. Per l’Heritage Foundation, anche termini come “parità di genere”, “uguaglianza di genere” e “aborto” andrebbero cancellati.
Anche l’eliminazione di tutti i programmi di diversity nelle agenzie di governo è una delle indicazioni del piano, che prevede inoltre che la Divisione per i diritti civili del Dipartimento di giustizia, nata nel 1957 per garantire la piena desegegrazione razziale, si occupi di presunte discriminazioni nel settore privato contro gli uomini, contro le persone bianche e contro i credenti cristiani. Il vicepresidente dell’Heritage Foundation Roger Severino, che ha diretto questa Divisione durante la prima amministrazione Trump, si è più volte scagliato contro la cosiddetta “ideologia gender” e i programmi di diversity.
In questo nuovo mandato, Trump sembra aver adottato posizioni molto più estremiste rispetto a quelle del 2016, quando aveva già messo in discussione diverse tutele per la comunità LGBTQ+ oltre che, naturalmente, per le donne. L’impressione però è che oggi il presidente non voglia semplicemente accontentare l’elettorato conservatore, ma far convergere tutti i problemi del Paese su questo tema: è riuscito a dare la colpa alle politiche di diversity e inclusione persino degli incendi che hanno devastato Los Angeles nelle scorse settimane e dell’incidente aereo di Washington in cui sono morte 67 persone. Qualche mese fa, si era scagliato contro le modalità di assunzione di “persone con serie infermità” nell’Amministrazione federale dell'aviazione, argomento che ha ritirato fuori nella conferenza stampa dopo l’incidente, quando ha detto (senza fondamento) che secondo l’amministrazione Obama nell’aviazione lavoravano “troppe persone bianche”.
Tutto questo accanimento sembra ingiustificato: secondo il New York Times, la maggior parte dei lavoratori statunitensi ha un’opinione positiva dei programmi di diversity, anche se la percentuale degli scettici è salita negli ultimi anni. Alcuni analisti sostengono che si tratti di una grande operazione di distrazione di massa: mentre l’attenzione del dibattito pubblico si concentra sul caos scatenato da questa raffica di decisioni improvvise ed esagerate, Trump starebbe preparando una svolta autoritaria. Secondo altri, si tratta solo di un bluff. Per altri ancora, Trump starebbe semplicemente mettendo in atto quello che il suo elettorato gli aveva chiesto di fare, cioè di fermare la “follia woke”, qualsiasi cosa significhi.
Ma anche se Trump in passato le ha sparate grosse su tanti argomenti, su certe cose fa sul serio: nel 2016 promise che avrebbe nominato dei giudici conservatori alla Corte Suprema per eliminare il diritto di aborto; lo ha fatto, e nel 2022 l’aborto ha smesso di essere un diritto. I regimi autoritari cominciano sempre dai gruppi sociali considerati più sacrificabili e, prima di arrivare alle persone, attaccano le idee. Nel 1933 il neoletto Adolf Hitler fece chiudere l’Institut für Sexualwissenschaft, l’Istituto per la sessualità fondato a Berlino da Magnus Hirschfeld nel 1919 per studiare la transessualità, e diede ordine di distruggere tutta la ricerca scientifica che si occupava dell’argomento, bruciata nel famoso rogo di Opernplatz. Si salvarono solo i registri con i nomi dei pazienti che, secondo alcuni, vennero usati come base per la persecuzione di omosessuali, lesbiche e persone trans, cominciata due anni più tardi. Il paragone può sembrare forte, ma è meglio sbagliarsi che arrendersi all’idea che alcuni gruppi sociali possano essere cancellati nell’indifferenza generale.