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Opinioni

Perché siamo Charlie e non Raif?

L’Arabia Saudita, uno dei nostri principali partner commerciali e tra i primi finanziatori del jihadismo, punisce con 1000 frustate, 12 anni di prigione, e 260.000 dollari Raif Badawi accusato di libero pensiero. Se Je suis Charlie non è stata una reazione ipocrita oggi dobbiamo dire, più forte che mai : “ Je suis Raif”. Ma perché in Italia non c’è ancora nessuna reazione?
A cura di Sabina Ambrogi
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Il 9 gennaio scorso  mentre il mondo intero assisteva ammutolito alle stragi di Parigi, il blogger saudita Raif Badawi, 31 anni, è stato frustato a Djeddah in Arabia Saudita con l'accusa di aver fondato il forum  “Liberal Saudi Network” , che  ora è stato chiuso.

Il forum era nato per  discutere e favorire riforme liberali  tramite dibattiti su politica,  cultura e  società. Tra le accuse che  mosse anche quella di  essere stato  a favore della festa di San Valentino. Secondo The Guardian i suoi scritti  gli hanno causato, nel 2008,  il divieto di lasciare il paese, e nel 2011 una fatwa. Ma la pena definitivamente  comminata a Raif (che ha ricevuto nel 2014 il premio “ Reporter sans frontieres”) è oggi  per apostasia e insulti all'Islam e  corrisponde a  dieci anni di prigione, 1000 frustate da  distribuire in 50  rate a settimana  per  20 settimane di fila, oltre a una multa di  260. 000 dollari.

Sua moglie, Ensaf Haidar,  ha lasciato il paese dopo il tentato omicidio del marito per eseguire la fatwa. Oggi vive a Sherbrooke (Canada), dove ha ottenuto asilo politico.

Questo è il racconto di un testimone  dell'esecuzione delle prime  50  frustate,  riportato da Amnesty International:

“Quando i fedeli hanno visto il furgone della polizia davanti alla moschea hanno capito che sarebbe stato frustato qualcuno. Hanno formato un cerchio, che si è ingrandito mano a mano.  Chiedevano se si trattasse di un omicida, o di un criminale, e perché non pregasse. Raif Badawi  è stato condotto davanti alla moschea di Al Jafali di Djedda  nel primo pomeriggio.  Un considerevole spiegamento di forze  in tutte le strade  e non solo, attorno a Raif. Era ammanettato, aveva  i piedi legati  e il volto scoperto: tutti potevano vederlo. Era vestito con dei pantaloni e una camicia. Un agente si è avvicinato e  ha cominciato a colpirlo sulla schiena con un enorme bastone. Raif ha alzato la testa al cielo, ha chiuso gli occhi e inarcato la  schiena. E' rimasto in silenzio ma si vedeva che stava soffrendo terribilmente.  L'agente ha colpito sulla schiena e sulla gambe, per  50 volte. La punizione è durata circa 5 minuti.  E' stata rapida, senza pausa. Quando è terminata, la folla ha  gridato:  «Allahu akbar! Allahu akbar!» come se Raif fosse stato purificato. Raif è stato riportato in prigione. La scena è durata circa una mezz'ora”.

Lo scorso venerdì 16  gennaio, giorno previsto per la seconda “seduta” di flagellazione un medico ha visitato Raif  in prigione e  ha stabilito “che le piaghe  non erano  ancora guarite” e  che pertanto  “non poteva subire la seconda flagellazione”  rinviata così al 23 gennaio prossimo.  Per una forma di pudore nei confronti della comunità internazionale, lo stesso giorno, il gabinetto del re ha fatto sapere che il dossier Raif Badawi sarà prossimamente riesaminato dalla Corte suprema.

Unione Europea,  Onu, e Stati Uniti hanno  chiesto l'annullamento di questa sentenza: “Le  punizioni corporali sono inaccettabili per la dignità umana”. Così ha detto il portavoce del servizio diplomatico dell'Ue.

Per colmo di ipocrisia, la  domenica successiva alla strage, Nizar al- Madani, numero due della diplomazia saudita, era tra i dignitari accorsi per la marcia repubblicana a Parigi.

Ma l'ipocrisia  riguarda anche  l'Italia  visto che  è tra i maggior partner commerciali dell'Arabia Saudita, primo finanziatore del terrorismo e paese  tra i più illiberali del pianeta.

Recita infatti  il sito dell'ambasciata saudita nel nostro paese:

“L'Italia esporta in particolare apparecchiature elettriche e di precisione, fibre ottiche e artificiali, prodotti chimici, lavorati metallurgici, materiali da costruzione oltre a prodotti di abbigliamento, pellame e mobilio. Il Regno corrisponde con una importante contropartita energetica di petrolio e suoi derivati”.

Ma media, comunicatori e politici sono troppo concentrati su allarme moschee, allarme immigrati e opinioni sulla nostra superiorità culturale. Peccato,  perché queste atrocità medievali,come anche la pena di morte con teste che saltano a colpi di sciabola sono una prassi in Arabia saudita.

#JeSuisRaif, dunque. Questo dovrebbe essere  l'hastag, il cartello  e il mantra dei prossimi tempi, se è vera e sincera è stata la rivolta contro chi vuole, col terrore, impedire la libertà di pensiero. La lotta al jihadismo inizia laddove la comunità internazionale smette di tollerare queste cose, anche quando, anzi soprattutto quando, sono legalmente  consentite dai  governi di paesi considerati fondamentali per le nostre economie. Questa condanna atroce  non ha niente di diverso da quello che rimproveriamo ai jihadisti dello Stato Islamico autoproclamato.

Perché l'Italia  ancora non ha reagito con  forza?  Per disattenzione patologica? Perché  si chiamerebbe in campo  la mancanza di una legge  nazionale contro la tortura? Perché i nostri affari  con i sauditi sono troppo importanti? Perché fa più  comodo insultare Greta e Vanessa che hanno indirettamente finanziato la jihad  senza voler vedere che siamo “tra i primi partner commerciali” dell'Arabia Saudita finanziatori del terrorismo?  Perché fa più comodo dire a un musulmano che sbarca sulle coste, in fin di vita,  che noi siamo superiori?

Perché  siamo Charlie e non Raif?

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Autrice televisiva, saggista, traduttrice. In Italia, oltre a Fanpage.it, collabora con Espresso.it. e Micromega.it. In Francia, per il portale francese Rue89.com e TV5 Monde. Esperta di media, comunicazione politica e rappresentazione di genere all'interno dei media, è stata consigliera di comunicazione di Emma Bonino quando era ministra delle politiche comunitarie. In particolare, per Red Tv ha ideato, scritto e condotto “Women in Red” 13 puntate sulle donne nei media. Per Donzelli editore ha pubblicato il saggio “Mamma” e per Rizzoli ha curato le voci della canzone napoletana per Il Grande Dizionario della canzone italiana. E' una delle autrici del programma tv "Splendor suoni e visioni" su Iris- Mediaset.
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