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Guerra in Ucraina

Perché se Trump convincerà Putin a fermare la guerra in Ucraina il gas siberiano potrebbe a tornare in Europa

L’analista Tom Marzec-Manser a Fanpage.it: “Se Trump riuscisse a negoziare la fine del conflitto, il gas russo potrebbe riprendere a fluire e le bollette a scendere. Ma il prossimo futuro resta legato al Gnl, tra rigassificatori contestati e sfide geopolitiche”. Intanto, prezzi in calo sul mercato Ttf di Amsterdam.
A cura di Riccardo Amati
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Il gas siberiano “potrebbe tornare a fluire verso l’Europa occidentale” se Donald Trump convincerà Vladimir Putin a fermare la sua guerra contro l’Ucraina. “È uno scenario plausibile”, dice a Fanpage.it l’analista Tom Marzec-Manser. Le conseguenze per i prezzi sarebbero parecchio benefiche, “a condizione che lo stesso Donald Trump non ‘protegga' il Gnl americano a colpi di tariffe”. Perché “nel prossimo futuro” al Gnl non c’è alternativa”. Nonostante le proteste di cittadini e ambientalisti contro i rigassificatori.

Marzec-Manser è tra i più ascoltati esperti del mercato europeo del gas. Ha a lungo guidato il settore analitico su questa risorsa naturale per la società di consulenza Independent Commodity Intelligence Service (Icis). Nell’intervista che segue, spiega — tra le altre cose — perché continuiamo a comprare Gnl anche dalla Russia, cosa cambierà con la presidenza Trump e come la Gazprom, potente arma politica del Cremlino, stia esaurendo le sue munizioni.

Intanto, la quotazione del gas è in calo, perché la chiusura del transito dall’Ucraina era ampiamente scontata. Ma per un prezzo che possa davvero aiutare le economie e rendere le bollette meno salate ci vuole altro. Il nodo resta la volontà di Putin di continuare la guerra fino ad ottenere tutti gli obiettivi che si è prefissato. La speranza che a convincerlo a un compromesso sia il fondamentalista Trump è labile ma persiste.

Dopo il balzo sopra i 50 euro al megawattora nel primo giorno di contrattazioni dell’anno, il prezzo dei contratti di riferimento per il mercato europeo Ttf, è sceso intorno ai 45,6 euro, al momento in cui scriviamo queste righe.

Tom Marzec-Manser.
Tom Marzec-Manser

Tom, perché il prezzo del gas sul mercato europeo scende? La chiusura del transito attraverso l’Ucraina non preoccupa gli operatori? La sicurezza energetica europea non è a rischio?

"Il Ttf risponde ai fondamentali del mercato europeo, mica solo alle forniture russe. Su domanda e offerta agiscono le condizioni climatiche. Non è solo la situazione nell'Europa centrale e orientale — dove la dipendenza dal gas russo è ancora notevole — a determinare i prezzi".

Sta dicendo che i prezzi scendono perché l’inverno è mite?

"Scendono perché nell’Europa del Nord nelle ultime settimane ha fatto più freddo del solito e le aspettative sono adesso di un rialzo delle temperature. I prezzi si formano sulle aspettative per il futuro. Credo che scenderanno ancora".

Fatto sta che dal 1° gennaio l’Europa non riceve più il 5 per cento dei suoi rifornimenti consueti. Quel gas siberiano serviva a così poco?

"Serviva eccome. Ma la chiusura del transito ucraino era da tempo scontata. Nessuno sperava più che il contratto tra Mosca e Kiev fosse rinnovato, o che si trovassero soluzioni alternative. Inoltre, i Paesi più colpiti dalla fine dei flussi, come la Slovacchia, stanno dimostrando di poter gestire la situazione senza grossi squilibri. E ciò allenta la tensione".

Non è paradossale che i prezzi di riferimento del mercato europeo siano più bassi ora che prima dell’invasione dell’Ucraina da parte della Russia? Nell’ottobre 2021 eravamo a 88 euro. A metà dicembre a 140…

"I prezzi nel 2020 erano molto bassi: la pandemia e il conseguente stop a molte attività economiche ridimensionavano la domanda. Ma già dall’inizio del 2021 è iniziato il rialzo. Perché la Russia, da cui allora dipendeva circa il 45 per cento dell’import europeo, è tornata a utilizzare il gas come un'arma, minacciando di chiudere i rubinetti se non avesse raggiunto i suoi particolari obiettivi politici.

Cosa che è servita anche ad alimentare il sostegno a Mosca da parte delle fazioni populiste di destra e sinistra in Europa, in nome di bollette meno care…

"Anche per questo il colosso statale russo Gazprom è stato un'arma efficace per il Cremlino".

Alcuni analisti parlano di forte domanda dall’Asia e prevedono, al contrario di lei, forti aumenti dei prezzi alla fine dell’inverno. Ma l’economia della Cina va a rilento. La domanda non dovrebbe quindi diminuire?

"Anche se la Cina al momento ha una domanda interna debole, la competizione con l’Asia per le forniture di gas liquefatto (Gnl) potrebbe intensificarsi. Giappone e Corea del Sud continuano a consumare molta energia. E poi, se la Cina si riprendesse spingerebbe immediatamente i prezzi verso l’alto, visto la vastità della sua economia. Ogni variazione della domanda cinese, anche per semplici motivi meteorologici, ha impatti enormi sul mercato globale. La dinamica è complessa e va monitorata".

Non sembra che la Cina sia a corto di scorte…

"No, tanto che sta rifiutando o rivendendo carichi di Gnl: un chiaro segno di surplus. Ma l’inverno è ancora lungo. La situazione potrebbe cambiare. Inoltre, sul lato dell’offerta, il mercato del Gnl non ha margini di espansione immediata: i terminali produttivi operano sempre al massimo. Non è come per il petrolio. Se la domanda cinese dovesse crescere non ci sarebbe modo di aumentare rapidamente la produzione".

Ma non c’è proprio alternativa nel breve periodo al Gnl, che costa un sacco e necessita di rigassificatori criticati da cittadini e associazioni ambientaliste? 

"Mercato e politiche energetiche al momento si concentrano sul Gnl. La transizione energetica non sta avanzando abbastanza rapidamente, e il gas rimane essenziale in Europa, con Italia, Germania e Regno Unito come maggiori consumatori. Per affrontare la fine delle forniture russe non resta che sviluppare terminali di stoccaggio e rigassificazione, come quelli in Italia e Germania. Fornitori di gas naturale come Algeria, Libia, Egitto, Norvegia e Azerbaigian non possono aumentare significativamente la produzione. Il Gnl resta l’unica opzione, nel futuro immediato".

Che impatto avrà sui mercati dell’energia la politica di produrre più idrocarburi possibile negli Usa, annunciata da Donald Trump?

"Dal punto di vista del mercato europeo del gas, l’amministrazione Trump potrebbe cambiare le carte in tavola non solo e non tanto per la produzione di Gnl ma soprattutto riguardo alla guerra in Ucraina. Se Trump riuscisse davvero a porre fine rapidamente al conflitto, è plausibile uno scenario in cui il gas russo torni a fluire verso l’Europa. E proprio questo potrebbe essere un punto di negoziazione da parte della Russia per concludere il conflitto".

In effetti anche a Mosca, tra i consiglieri di Vladimir Putin, non si è mai esclusa questa possibilità. Pensa davvero che i russi riprenderebbero a darci il gas come prima?

"È plausibile. Perché ci stanno rimettendo parecchio, a non dar più gas all’Europa. La Cina non è un mercato alternativo sufficiente: richiede ancora anni di sviluppo infrastrutturale e sconta prezzi estremamente bassi. La guerra in Ucraina crea una sorta di sudditanza di Mosca nei confronti di Pechino".

Che succederebbe se la guerra finisse e in Europa tornasse il gas siberiano?

"I prezzi diminuirebbero significativamente. Sarebbe utile un’azione coordinata dei governi europei con gli Usa, massimi fornitori di Gnl. Ma non siamo più negli anni ’70 del secolo scorso, quando le aziende del gas erano a controllo statale. Anche se lo scenario di cui parliamo diventasse realtà, alcune sanzioni resterebbero probabilmente in vigore.  “Proteggendo” così l’png Usa. Una politica di tariffe da parte di Trump, inoltre, innervosirebbe il mercato. Solo al netto di queste due variabili potremmo aspettarci prezzi davvero più bassi".

Perché continuiamo a importare Gnl russo?

"Le aziende europee come Total Energies, Shell e Naturgy hanno contratti a lungo termine con la Russia, in particolare con l’impianto di Yamal nell'Artico, per garantire forniture energetiche stabili. Interrompere questi contratti sarebbe complesso e destabilizzerebbe il mercato. L'azione di lobbying ha contribuito a evitare sanzioni europee sul Gnl russo, mentre le sanzioni statunitensi colpiscono solo nuovi progetti, come Arctic LNG 2, ma non il Gnl già in produzione, come quello del progetto Yamal, attivo dal 2018".

Ma quanto ne compriamo, di Lng russo?

"Rappresenta circa il 10-15% delle importazioni totali di Gnl in Europa. E la percentuale potrebbe aumentare, poiché le restrizioni sui trasbordi da Arctic LNG2 potrebbero spingere più carichi direttamente verso i mercati europei invece di essere reindirizzati verso l’Asia. D’altro canto, Il 14° pacchetto di sanzioni Ue, in vigore da aprile, vieta il transshipment di Gnl russo nei porti europei. Questo significa che non sarà più possibile trasferire Gnl dalle navi rompighiaccio russe alle navi standard nei porti europei. Anche se è ancora possibile effettuare queste operazioni in acque russe o internazionali".

Il colosso statale russo Gazprom è ancora un’arma efficace di Putin?

"La strategia di Gazprom di ridurre e poi interrompere le forniture di gas naturale all'Europa ha raggiunto obiettivi politici importanti, ma con rendimenti decrescenti. Ogni interruzione ha indebolito il suo potere contrattuale, mentre l'Ue diversificava le fonti energetiche. Sebbene questa strategia abbia causato danni significativi alle economie europee, a causa dei prezzi record fino a 350 euro al megawattora nel 2022, colpendo duramente Germania e Italia. La Gazprom ha proprio agito da “arma” e ottenuto un bottino importante per Mosca. Ma ha comportato perdite finanziarie inaudite. E il discredito globale".

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