Perché quasi 200 milioni di persone rischiano la fame a causa di guerra, Covid e riscaldamento globale
La crisi alimentare mondiale è peggiorata con la guerra in Ucraina, che è stata un vero e proprio shock, ma già i fenomeni naturali e la pandemia di Covid-19 avevano fatto crescere i prezzi delle materie prime e diminuito la produzione. Le conseguenze di tutto ciò si sentiranno anche in Italia e negli altri Paesi dell'Unione europea, non solo in quelli da tempo alle prese con la carestia. È quanto ha spiegato in una intervista a Fanpage.it Monika Tothova, economista della FAO, l'Organizzazione delle Nazioni Unite per l'alimentazione e l'agricoltura.
Dott.ssa Tothova, stiamo assistendo al rialzo dei prezzi per oli da cucina, cereali, carburanti e fertilizzanti: la guerra in Ucraina sta peggiorando la crisi alimentare globale. Ha dei dati aggiornati su questo fenomeno? Quanto dobbiamo preoccuparci?
"Facciamo un passo indietro. Prima che cominciasse la guerra in Ucraina, quindi prima del 24 febbraio, il mondo si stava riprendendo dalla pandemia di Covid-19 e molte persone, in particolare del settore dell'industria alimentare, non hanno potuto lavorare. Quindi l'aumento dell'insicurezza alimentare può essere vista come il risultato delle misure prese all'epoca, come il lockdown o le restrizioni ai movimenti. I prezzi delle materie prime sono così cominciati a salire a causa dei problemi alla domanda e della fornitura, ma anche per l'aumento dei prezzi delle importazioni di alcuni prodotti, come i fertilizzanti.
Quindi, partendo da una situazione del genere, il 24 febbraio è arrivato questo nuovo shock, che ha aggiunto ulteriori pressioni ai prezzi delle materie prime agricole. Noi eravamo già in una situazione di difficoltà e questo nuovo shock ha peggiorato la situazione dei mercati e ha spinto i prezzi alle stelle.
Se siamo preoccupati? Sì, anche prima che la guerra cominciasse e adesso lo siamo ancora di più. L'Ucraina e la Russia sono entrambe importanti produttori. Il 2021 è stato un anno d'oro per Kiev che ha esportato oltre 40 milioni di tonnellate di mais. Tuttavia, la maggior parte di questi prodotti veniva esportato via mare, ma adesso i porti ucraino sul Mar Nero non possono essere utilizzati. Conosciamo tutti la situazione che c'è a Odessa, ad esempio. Bisognerebbe incrementare la capacità dell'Ucraina di esportare prodotti attraverso la linea ferroviaria e i porti fluviali, ma non è facile. Il problema riguarderà la disponibilità di stoccaggio perché non possono esportare. E se non possono vendere questi prodotti, le aziende agricole non avranno soldi in Ucraina per cominciare il raccolto per il prossimo anno, quindi le implicazioni che avremo saranno sul lungo periodo".
Ci sono altri fattori, oltre alla guerra in Ucraina e alla pandemia di Covid-19, responsabili di questa situazione?
"Per quanto riguarda i prodotti agricoli, c'entrano sicuramente le condizioni meteorologiche. Ogni anno ci sono fenomeni atmosferici in grado di aver un impatto su questi prodotti. Ad esempio solo quest'anno, per non andare troppo lontano nel tempo, c'erano grandi aspettative che l'India potesse intervenire e esportare più grano per compensare la mancanza di grano ucraino e russo. Ma a marzo c'è stata una anomala ondata di calore che non solo ha avuto conseguenze su tutto il paese, ma anche sulla produzione. Quindi bisogna tenere sempre presenti gli eventi naturali. Non dimentichiamo anche i prezzi dei fertilizzanti, che sono alti e tali rimarranno per lungo tempo. Ci sono dunque molti fattori da considerare".
In quali paesi possiamo dire che ci sia già una emergenza? E perché?
"C'è una emergenza che c'era già prima della guerra in Ucraina, e questi fattori, associati all'invasione russa dell'Ucraina, hanno fatto pressione sui prezzi. Già nell'ultimo anno, abbiamo sperimentato un picco di fame acuta in tutto il mondo. Secondo il Global Report on Food Crises della FAO, nel 2021 circa 193 milioni di persone in 53 paesi hanno sperimentato un'insicurezza alimentare acuta elevata, con un aumento di 40 milioni di persone rispetto al 2020.
Dunque, solo negli ultimi mesi il conflitto, in combinazione con shock economici e naturali, ha colpito circa 139 milioni di persone. In altri 20 Paesi la situazione è sull'orlo di deteriorarsi ulteriormente nel corso dei prossimi tre mesi.
Il livello più alto di rischio è quello della carestia, che può essere definito come lo stadio più avanzato di insicurezza alimentare. Nel 2021 a questo livello si trovano oltre 500mila persone (570mila per la precisione), la maggior parte delle quali concentrate in Etiopia, dove, a causa della guerra in corso, non riesce ad arrivare neanche l'assistenza necessaria alla popolazione, e in Sud Sudan.
Noi siamo preoccupati per la sicurezza alimentare di tutti, ma in particolare per le persone che ora non possono comprare le risorse sufficienti ad andare avanti in un momento in cui i prezzi aumentano. Il cibo è una necessità e si devono spendere soldi per averlo, ma se il reddito rimane lo stesso e in molti paesi in via di sviluppo la maggior parte del reddito viene speso in cibo, addirittura fino al 60%, non si può comprare più nulla. Si tratta di paesi che erano in difficoltà già prima del 24 febbraio. Difficoltà che la guerra in Ucraina ha aumentato perché non ci sono più risorse sufficienti per acquistare cibo sulla base dei prezzi che ci sono sui mercati internazionali.
E in questa situazione ci sono molti paesi africani, che adesso dovranno cercare nuovi fornitori, perché con la guerra sono saliti sia i prezzi delle materie prime che delle navi per trasportarle. Noi come FAO stiamo facendo il possibile per aiutarli".
Cosa si può fare nel medio e lungo termine?
"Sul lungo periodo quando i prezzi sono alti, parlando dal punto di vista dei mercati, gli agricoltori rispondono e producono di più. Diciamo che sul lungo periodo tutto è possibile. Sul medio periodo non si può incrementare la produzione immediatamente, ad esempio quando è scoppiata la guerra in Ucraina, i raccolti nell'emisfero settentrionale non erano pronti. Mantenere la trasparenza del mercato è fondamentale in tempi di incertezza per aiutare a stabilizzare mercati e prezzi. I paesi che sono al momento più forti da questo punto di vista dovrebbero aiutare quelli che stanno affrontando difficoltà legate all'improvviso aumento dei prezzi. Servirebbe che venisse introdotta una politica che fissasse i prezzi per tutti, anche per quelli che non possono permetterselo".
Quali sono le conseguenze per l'Italia e l'Unione europea?
"Sono diverse ma allo stesso tempo uguali che nei Paesi di cui abbiamo appena discusso. In Italia e in Ue ci sono persone che vivono con redditi molto bassi e che spendono una percentuale alta per prodotti essenziali come il cibo, l'energia, la sanità. Quando l'inflazione aumenta, come sta succedendo anche in Italia, aumenta il prezzo del cibo e dell'energia. In questa situazione il potere d'acquisto delle persone decresce, per cui dovranno rivolgersi a cibi meno nutrienti o saltare i pasti, ritirare i bambini da scuola. Quindi ci sarà un impatto significativo e negativo sulla loro salute e sul loro benessere. Lo sforzo deve così essere rivolto alle persone che hanno questo limitato potere aiutandole a mantenere un standard base di qualità di vita".