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Guerra in Ucraina

Perché Putin potrebbe essere arrestato ovunque nel mondo: parla la consulente della Corte dell’Aja

“È già successo per il presidente della Liberia e può ripetersi”. Leila Sadat, dal 2012 “consulente speciale” della Corte, di rientro dall’Aja spiega a Fanpage.it la portata del mandato di arresto contro il presidente russo. Intanto “le indagini continuano e altri provvedimenti potrebbero esser presi”, secondo il portavoce della procura. Che non esclude si arrivi a contestare a Putin il crimine di genocidio.
A cura di Riccardo Amati
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Le manette per il presidente della Federazione russa potrebbero scattare non solo nei 123 Paesi aderenti al trattato che istituì la Corte penale internazionale (Cpi), ma anche altrove. Lo zar farebbe la stessa fine di Charles Taylor, il famigerato, infinitamente meno potente e quasi dimenticato dittatore della Liberia.

È quanto riferisce a Fanpage.it Leila Sadat, special adviser per i crimini contro l’umanità del procuratore Karim Khan, che ha firmato l’ordine di cattura.

Il reato ipotizzato, “rapimento e deportazione di bambini ucraini”, è infatti sottoposto a norme imperative che possono esser considerate gerarchicamente superiori al diritto pattizio e alle norme sull’immunità dei capi di Stato. Al di là della sua portata storica e giuridica, l’iniziativa dei magistrati dell’Aja ha l’effetto di limitare i movimenti e l’azione politica internazionale di Vladimir Putin in modo anche maggiore di quanto si sia detto finora.

“Gli Stati non facenti parte dello Statuto di Roma (il trattato istitutivo della Cpi, ndr), possono cooperare all’arresto e alla consegna di individui di alto rango, capi di Stato compresi, che entrino nel loro territorio”, spiega Sadat. “Non ne hanno l’obbligo, ma questi Paesi possono decidere di coadiuvare la Corte. Non è necessario aver ratificato il trattato o aver preventivamente dichiarato di accettare la giurisdizione della Cpi”.

Prof. Leila Sadat, special adviser procuratore Cpi.
Prof. Leila Sadat, special adviser procuratore Cpi.

Abbiamo raggiunto Leila Sadat via e-mail e con messaggi Whatsapp tra un aereo e l’altro, mentre rientrava negli Stati Uniti dall’Aja dove ha appena vissuto la settimana più intensa, nei vent’anni della sua esistenza, dell’istituzione che punisce i crimini di guerra. L’adviser di Kahn insegna Diritto penale internazionale alla Scuola di legge dell’Università di Washington. È considerata un’autorità mondiale nella sua materia. Collabora intensamente con la procura della Cpi dal 2012.

“Se un Paese non riconosce la giurisdizione della Corte non può aprire procedimenti penali né emettere ordini di custodia contro capi di Stato stranieri, ma può certamente decidere di assistere fattivamente la Cpi nell’esecuzione dell’ordine di cattura da essa emesso”, aggiunge la professoressa Sadat. “Come successe nel caso dell’arresto e della consegna di Charles Taylor chiesto dalla Corte speciale della Sierra Leone”.

Taylor fu fermato al confine con tra Cameroon e Nigeria e messo dalle autorità nigeriano su un aereo per la Liberia, dove fu eseguito formalmente l’arresto. La Nigeria non era parte del trattato istitutivo della Corte speciale della Sierra Leone, ma — come anche recentemente stabilito in un appello di fronte alla Cpi — agì legalmente perché i suoi presunti reati erano giuridicamente più rivelanti delle norme sull’immunità e di ogni trattato allora in vigore.

Per quanto riguarda poi i Paesi dello Statuto di Roma, secondo Sadat il problema proprio non si pone: “Hanno l’obbligo di arrestare ogni persona rinviata a giudizio dalla Corte, che si tratti di alti rappresentanti di un altro Stato o meno. E di cooperare con la Cpi per la cattura e la consegna degli imputati”. E, sia ben chiaro, questo vale anche per l’Ucraina.

A chi fa notare che Kyiv non è parte contraente dello Statuto, basta rispondere che per due volte, nel 2014 e poi nel 2015 il suo governo ha dichiarato di accettare la giurisdizione della Cpi — possibilità prevista dall’articolo 12(3) dello Statuto stesso — per i crimini commessi sul territorio ucraino dal novembre 2013 in poi.

Il caso è davvero ipotetico, viste anche le misure di sicurezza che circondano il leader del Cremlino, ma se in una visita in Crimea o nei territori occupati Putin cadesse in mano ucraina, il suo arresto ex ordine di cattura Cpi sarebbe perfettamente legale, dal punto di vista del diritto internazionale. Crimea, Donetsk, Lugansk, Kherson e Zaporizhzhia sono territorio russo solo per Mosca e per pochissimi suoi alleati.

Più realistico è il dilemma che si pone per l’appuntamento che Putin ha preso per il prossimo agosto a Durban, in Sud Africa, dove si terrà il vertice dei Paesi Brics. Il Sud Africa ha firmato e ratificato lo Statuto di Roma. Nel 2015, però si rifiutò di arrestare il presidente del Sudan Omar al-Bashir, colpito da ordine di cattura della Cpi. “Siamo consci dei nostri obblighi giuridici nei confronti della Corte”, ha detto il portavoce del presidente sudafricano Ciryl Ramaphosa. I media di Stato russi, per ora, scrivono che il viaggio di Putin a Durban si farà.

Intanto, dall’Aja si fa sapere che il provvedimento preso contro il presidente russo e la sua commissaria per i diritti dell’infanzia Maria Lvova-Belova è parte di un’inchiesta ben più ampia e tuttora in corso. “Le investigazioni continuano: questo è solo un primo caso e altri potrebbero essere aperti nel futuro”, scrive via Whatsapp a Fanpage.it il portavoce della Cpi Fadi el Abdallah. Sottolineando che “il procuratore si muove con piena indipendenza e imparzialità”. Ci mancherebbe altro.

Il portavoce, con estrema cautela, non esclude che quanto contestato a Putin possa presto trasformarsi in un’accusa ancora più grave e infamante: genocidio. A cos’altro porta, infatti, la deportazione dei bambini se non alla fine di una popolazione? "Tra gli elementi che configurano il crimine di genocidio c’è sicuramente l’intenzione di genocidi", spiega el Abdallah. "Non è necessaria la strage delle vittime, anche altre misure possono configurarsi come genocidio, come quella di distruggere totalmente o parzialmente una particolare comunità". Per esempio, deportando i bambini.

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