Perché Putin ha nominato Ministro della Difesa Andrei Belousov, uomo che non ha fatto il militare
Mosca si organizza per un conflitto a oltranza in Ucraina e per un confronto epocale con l’Occidente, indicano le nomine decise da Vladimir Putin. Che lega indissolubilmente il Paese all’economia di guerra e al potenziamento del settore militare in stile URSS. Il presidente è sempre più solo al comando. Ogni prospettiva di una normalizzazione e di uno sviluppo economico sano si allontana. E ogni scenario di pace sembra esser confinato al campo delle pie illusioni.
Back to the URSS
"La Russia sta diventando come l’Unione Sovietica della metà degli anni ’80, quando una grande fetta del prodotto interno lordo veniva spesa nel settore militare", ha ammesso candidamente l’ineffabile portavoce di Putin Dmitry Peskov spiegando la scelta dell’economista Andrei Belousov come ministro della Difesa. "È necessario che la spesa militare sia integrata meglio nell’economia russa". La Russia al momento spende per la difesa oltre 10mila 800 miliardi, pari al sette per cento del Pil.
Figlio di un importante economista sovietico, Belousov non ha mai fatto il servizio militare. È un paladino dell’industria di Stato, della spesa pubblica e dei bassi tassi d’interesse accompagnati da politiche fiscali e del credito espansive. Un keynesiano che si è formato sotto il comunismo. Un tecnocrate senza base politica e dalla fama di incorruttibile. Secondo chi conosce sia Putin che il neo-ministro, la scelta si spiega con la volontà del presidente di cambiare radicalmente il modo in cui viene condotta l’invasione dell’Ucraina.
Le ragioni di Putin
"La ragione principale del rimpasto è che la guerra non sta andando secondo i piani di Putin", dice a Fanpage.it l’economista russo Konstantin Sonin. "Putin non riesce a riconoscere che la Russia non può davvero vincere, così cerca delle ‘ragioni’. Ritiene che sia colpa della corruzione o di diffuse inefficienze. Quindi cerca di migliorare la situazione".
Konstantin Sonin fino al 2014 era vicepreside dell’Alta Scuola di Economia, la Bocconi moscovita. Costretto a dimettersi per ragioni politiche, oggi insegna all’Università di Chicago. Belousov lo conosce bene: "Quando partecipava a tavole rotonde e seminari nella Mosca di vent’anni fa mi fece l’impressione di essere competente. Mentre altri parlavano di visioni generiche e poco informate, lui davvero masticava i numeri. Era uno statalista, ma molto preparato". Quando dall’accademia è passato agli incarichi di governo, come ministro dell’Economia, vice primo ministro e poi primo-ministro ad interim, Belousov non ha più potuto sfoggiare le sue brillanti conoscenze macroeconomiche.
Soldato dello zar
"È sempre stato solo un bravo soldatino di Putin", osserva Sonin. "D’altra parte, una caratteristica del capo del Cremlino è che mai una volta ha nominato a una posizione di potere una persona carismatica, con una base e una prospettiva politica. La scelta del rimpiazzo per Shoigu è stata come sempre confinata a una stretta cerchia di ben collaudati lealisti. Belousov era tra questi". È la "teoria dell’autocrazia degenere", secondo una definizione della stesso Sonin.
"Belousov è al 100% un uomo di Putin, quindi il controllo del presidente sul ministero della Difesa aumenta", nota Alexandra Prokopenko, economista ed ex funzionaria della banca centrale russa. Il nuovo ministro lavora a stretto contatto con Putin dal 2008. Nel 2014 fu l’unico esperto economico a non opporsi all’annessione della Crimea. Considerava trascurabili le ripercussioni sulle finanze pubbliche. Ha sempre ritenuto che la Russia fosse circondata da nemici. "È a favore dello stimolo fiscale: con lui la spesa militare non potrà che aumentare", sottolinea Prokopenko. Le posizioni di Belousov lo hanno spesso messo in contrasto con la governatrice della banca centrale Elvira Nabiullina e con il ministro delle Finanze Anton Siluanov, che applicando in modo aggressivo tecniche economiche di stampo essenzialmente liberista hanno aiutato la Russia a difendersi dalle sanzioni dell’Occidente liberale.
Squilibri contro sostenibilità
È evidente che il Cremlino intende concentrarsi sulla guerra e sull’industria militare, per la crescita economica. "Questo rischia di rendere ancora più gravi i problemi strutturali dell’economia", spiega l’analista Prokopenko. Dietro a un’espansione del Prodotto interno lordo pari al 3,5 per cento nel 2023 incombono la spesa pubblica fuori controllo, una forte inflazione — nonostante tassi d’interesse al 16% — e le distorsioni del mercato del lavoro: alla mancanza di manodopera corrispondono aumenti salariali che "creano un’illusione di prosperità ma non sono sostenibili", secondo la ex funzionaria della Banca di Russia. Al contempo lo Stato aumenta le importazioni per rendere disponibili i beni di consumo, penalizzando la produzione interna degli stessi. A produrre resta, in pratica, solo il settore della Difesa — oltre a quello degli idrocarburi.
"Belousov è stato in passato incaricato dello sviluppo tecnologico", ricorda da Mosca il politologo Andrei Kolesnikov. "Putin vuol creare un’economia tecnologico-militare per spingere la crescita. Un’economia da ‘Guerre stellari’. Sovietica, nella sua essenza. Proprio quel tipo di economia che provocò il collasso dell’URSS". Allora non c’era la proprietà privata né quella sorta di parodia del peggior capitalismo possibile — a causa soprattutto della mancanza di certezza del diritto — che caratterizza il sistema attuale. Ma, considerate le dovute differenze, "stiamo andando proprio in quella direzione", concorda Konstantin Sonin. Intanto, anche se l’economia russa si fonda sulla proprietà privata, lo Stato domina già nella governance dei maggiori gruppi industriali.
Un vero amico è per sempre
L’allontanamento di Sergei Shoigu dalla Difesa non è una sorpresa, dopo il recente arresto del suo vice Temur Ivanov per corruzione. Soddisfa i militaristi più accesi e dirime il conflitto in atto da tempo tra il ministero come “cliente” e il complesso dell’industria militare come “fornitore”. E ancora una volta Putin dimostra una sua nota qualità: quella di essere fedele agli amici.
Il compagno di pesca e di escursioni siberiane Shoigu non viene semplicemente scaricato ma diventa segretario del Consiglio di Sicurezza. Posto che senz’altro è stato di grande importanza almeno fino a oggi, con Nikolai Patrushev a occuparlo.
Patrushev è una delle persone più vicine al presidente. Un ex KGB in purezza. Il più potente dei “siloviki”, i funzionari dei servizi di sicurezza a cui Putin ha di fatto consegnato il Paese. Probabilmente, l’uomo che più di tutti suggerisce al capo del Cremlino il da farsi. Certamente il più ascoltato. Un “falco" corresponsabile delle fasi maggiormente aggressive della politica putiniana. Ma considerare il suo licenziamento un segnale di distensione è forse fuorviante. Per lui potrebbe esser creato un incarico ad hoc. Tatiana Stanovaya, direttrice di R. Politik sostiene che non ce ne sia neanche bisogno: “Patrushev rimane Patrushev, qualsiasi sia il suo posto di lavoro”, dice l’analista. Il suo ruolo ideologico è importante e continuerà ad esserlo, qualunque posizione assuma ufficialmente”. Putin sarà sempre pronto ad ascoltare Nikolai Patrushev.
Intanto, ha promosso il figlio di Patrushev, Dmitry, a vice-primo ministro. A dimostrare come Putin si stia chiudendo sempre più nel cerchio magico costituito dai più antichi e fedeli dei suoi sodali. Anche il figlio di Yury Kovalchuk, Boris, ha avuto una promozione: diventerà il capo della Corte dei Conti russa. Yury Kovalchuk, il "banchiere di Putin” secondo i Panama Papers, è la persona con cui il presidente ha passato più tempo da solo nei mesi che precedettero la decisione di invadere l’Ucraina. Il “putinologo” Mikhail Zygar, sostiene che l’idea sia nata mentre i due erano in quarantena durante la pandemia. Cambiano le generazioni ma la torre in cui Putin si è rinchiuso rimane d’avorio.
Orizzonti di guerra
Sul crollo dell’Unione Sovietica pesò il crollo dei prezzi petroliferi dopo la metà degli anni ’80. Ma l’insostenibilità della mastodontica spesa per la difesa in risposta alla Strategic Defense Initiative del presidente Usa Ronald Regan contò parecchio, convengono gli storici dell’economia. Fin dagli anni ’70 il complesso industriale bellico contava per una fetta di almeno il dieci per cento del Pil. Il disequilibrio fu alimentato anche quando fu ormai chiaro che poteva portare al disastro. Al vertice si accettarono solo le buone notizie scartando le cattive, e non si fece mancare niente al settore militare. Che restò una priorità per la ricerca e per lo sviluppo del talento individuale. Le menti più brillanti dell’URSS lavorarono fino alla fine per le industrie della guerra. Che allora restò fredda. Non lavorarono per le riforme che avrebbero potuto sostenere la parziale transizione al mercato promossa da Mikhalil Gorbachev con l’intento — risultato vano — di salvare l’Unione. Molti di quei geni finirono per fare i tassisti o altri mestieri improvvisati. Quando non morirono di alcool.
L’attuale rimpasto di governo, con le sue ripercussioni economiche e la rinnovata fiducia di Putin nella sua cerchia di amici stretti, rischia di provocare guai all’economia nel medio-lungo termine. Soprattutto se i prezzi del greggio dovessero scendere. Intanto, sembra remare contro ogni chance di una pace vera e duratura in Ucraina e nel conflitto della Russia con l’Occidente. A meno di una resa incondizionata o quasi di Kyiv e della Nato alle pretese di Mosca. "Putin è concentrato interamente sulla vittoria", è il comment sconfortato di Konstantin Sonin. "Non prevede alcun altro scenario: la guerra continuerà finché Putin vivrà".